Papers by Sebastiana Savoca

Mosaico Italiano ISSN 21759537, Jul 5, 2020
Sulla scia di alcuni altri numeri dedicati alla poesia italiana contemporanea, ora è la volta del... more Sulla scia di alcuni altri numeri dedicati alla poesia italiana contemporanea, ora è la volta del genovese Enrico Testa, classe 1956. Il suo primo volume, Le faticose attese (San Marco dei Giustiniani, 1988), esce con una prefazione firmata nientemeno che da Giorgio Caproni, poeta livornese che, come sappiamo, ha adottato Genova come sua «città dell’anima». Una prefazione breve e incisiva e, al contempo, un carico di responsabilità per i libri a venire.
Il suo secondo libro di poesia, In controtempo (1994), esce per Einaudi (che d’ora in poi sarà la sua casa editrice), venendo accolto con molto favore sulle pagine di L’Unità da Giovanni Giudici, il quale lo giudica un libro che si distacca «nell’orrenda babele di chiasso e chiacchere». Ed è lo stesso Giudici, in questa recensione, ad indicare già due caratteristiche importanti del poeta: il rigore e la suprema pazienza.
La sostituzione arriva nel 2001, confermando l’importanza di alcuni motivi che
ritorneranno anche nei libri successivi, seppur con dei mutamenti, anche di tono: il
paesaggio umano, la pluralità di voci, il rapporto con le persone scomparse, i piccoli
animali, la figura dell’altro, i fili sfilacciati della memoria. Tutti aspetti, questi, che mettono al centro della sua poesia l’esperienza, la sua percezione e i suoi effetti.
I pluripremiati Pasqua di neve (2008) e Ablativo (2013) consolidano ulteriormente la figura di Testa nel panorama poetico italiano. A proposito della pubblicazione del secondo, Alberto Asor Rosa afferma sulle pagine di La Repubblica: «[s]i capisce così che, sperimentalmente parlando, la ricerca di Testa, mentre s’impernia decisamente sul disagio contemporaneo, ne addita al tempo stesso il superamento, inaugurando la proposta di una poesia che, più che dire, addita con esattezza millimetrica le condizioni attuali del nostro esserci – e il loro circostanziato espandersi nel mondo».
L’«andare a pezzi», riscontrato nei libri precedenti, si conferma dunque in Cairn, pubblicato nel 2018. Dopo trent’anni di scrittura poetica, forse qui c’è un passaggio decisivo, un ciclo che si chiude, per aprirsi, chissà, a futuri percorsi.
I saggi qui raccolti testimoniano con le loro acute letture critiche la forza di questa scrittura e di un accento ormai riconoscibile. Ringraziamo per la collaborazione Fabio Moliterni, Paolo Zublena, Fabio Pierangeli, Lucia Wataghin, Patricia Peterle, Sebastiana Savoca, Luiza Faccio e Prisca Agustoni. E in chiusura, un piccolo registro degli ultimi viaggi di Enrico Testa in Brasile.
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Papers by Sebastiana Savoca
Il suo secondo libro di poesia, In controtempo (1994), esce per Einaudi (che d’ora in poi sarà la sua casa editrice), venendo accolto con molto favore sulle pagine di L’Unità da Giovanni Giudici, il quale lo giudica un libro che si distacca «nell’orrenda babele di chiasso e chiacchere». Ed è lo stesso Giudici, in questa recensione, ad indicare già due caratteristiche importanti del poeta: il rigore e la suprema pazienza.
La sostituzione arriva nel 2001, confermando l’importanza di alcuni motivi che
ritorneranno anche nei libri successivi, seppur con dei mutamenti, anche di tono: il
paesaggio umano, la pluralità di voci, il rapporto con le persone scomparse, i piccoli
animali, la figura dell’altro, i fili sfilacciati della memoria. Tutti aspetti, questi, che mettono al centro della sua poesia l’esperienza, la sua percezione e i suoi effetti.
I pluripremiati Pasqua di neve (2008) e Ablativo (2013) consolidano ulteriormente la figura di Testa nel panorama poetico italiano. A proposito della pubblicazione del secondo, Alberto Asor Rosa afferma sulle pagine di La Repubblica: «[s]i capisce così che, sperimentalmente parlando, la ricerca di Testa, mentre s’impernia decisamente sul disagio contemporaneo, ne addita al tempo stesso il superamento, inaugurando la proposta di una poesia che, più che dire, addita con esattezza millimetrica le condizioni attuali del nostro esserci – e il loro circostanziato espandersi nel mondo».
L’«andare a pezzi», riscontrato nei libri precedenti, si conferma dunque in Cairn, pubblicato nel 2018. Dopo trent’anni di scrittura poetica, forse qui c’è un passaggio decisivo, un ciclo che si chiude, per aprirsi, chissà, a futuri percorsi.
I saggi qui raccolti testimoniano con le loro acute letture critiche la forza di questa scrittura e di un accento ormai riconoscibile. Ringraziamo per la collaborazione Fabio Moliterni, Paolo Zublena, Fabio Pierangeli, Lucia Wataghin, Patricia Peterle, Sebastiana Savoca, Luiza Faccio e Prisca Agustoni. E in chiusura, un piccolo registro degli ultimi viaggi di Enrico Testa in Brasile.
Il suo secondo libro di poesia, In controtempo (1994), esce per Einaudi (che d’ora in poi sarà la sua casa editrice), venendo accolto con molto favore sulle pagine di L’Unità da Giovanni Giudici, il quale lo giudica un libro che si distacca «nell’orrenda babele di chiasso e chiacchere». Ed è lo stesso Giudici, in questa recensione, ad indicare già due caratteristiche importanti del poeta: il rigore e la suprema pazienza.
La sostituzione arriva nel 2001, confermando l’importanza di alcuni motivi che
ritorneranno anche nei libri successivi, seppur con dei mutamenti, anche di tono: il
paesaggio umano, la pluralità di voci, il rapporto con le persone scomparse, i piccoli
animali, la figura dell’altro, i fili sfilacciati della memoria. Tutti aspetti, questi, che mettono al centro della sua poesia l’esperienza, la sua percezione e i suoi effetti.
I pluripremiati Pasqua di neve (2008) e Ablativo (2013) consolidano ulteriormente la figura di Testa nel panorama poetico italiano. A proposito della pubblicazione del secondo, Alberto Asor Rosa afferma sulle pagine di La Repubblica: «[s]i capisce così che, sperimentalmente parlando, la ricerca di Testa, mentre s’impernia decisamente sul disagio contemporaneo, ne addita al tempo stesso il superamento, inaugurando la proposta di una poesia che, più che dire, addita con esattezza millimetrica le condizioni attuali del nostro esserci – e il loro circostanziato espandersi nel mondo».
L’«andare a pezzi», riscontrato nei libri precedenti, si conferma dunque in Cairn, pubblicato nel 2018. Dopo trent’anni di scrittura poetica, forse qui c’è un passaggio decisivo, un ciclo che si chiude, per aprirsi, chissà, a futuri percorsi.
I saggi qui raccolti testimoniano con le loro acute letture critiche la forza di questa scrittura e di un accento ormai riconoscibile. Ringraziamo per la collaborazione Fabio Moliterni, Paolo Zublena, Fabio Pierangeli, Lucia Wataghin, Patricia Peterle, Sebastiana Savoca, Luiza Faccio e Prisca Agustoni. E in chiusura, un piccolo registro degli ultimi viaggi di Enrico Testa in Brasile.