
Rocco Civitelli
Rocco Civitelli is an independent researcher. His research is focused on the history of Naples and southern Italy.
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anime del Purgatorio sia stato praticato a Napoli nella Basilica
di San Pietro ad Aram negli ultimi cinquecento anni.
Abbiamo approfondito la ricerca sul culto nell'Ottocento e nel
Novecento e formulato un’ipotesi documentata su quando e
come è nato il rito dell’adozione delle capuzzelle nella Basilica;
di come si sia diffuso in alcuni luoghi sacri della città, in
particolare al cimitero delle Fontanelle, e sia oggi vissuto dalla
religiosità e dalla cultura napoletana.
anime del Purgatorio sia stato praticato a Napoli nella Basilica
di San Pietro ad Aram negli ultimi cinquecento anni.
Abbiamo approfondito la ricerca sul culto nell'Ottocento e nel
Novecento e formulato un’ipotesi documentata su quando e
come è nato il rito dell’adozione delle capuzzelle nella Basilica;
di come si sia diffuso in alcuni luoghi sacri della città, in
particolare al cimitero delle Fontanelle, e sia oggi vissuto dalla
religiosità e dalla cultura napoletana.
Al di là delle dispute storiografiche, compito della politica è fare, non subire la storia. La politica è il luogo delle scelte. E delle scelte giuste. Cosa non facile. Per la sinistra significa riemergere dalle macerie del muro di Berlino e della socialdemocrazia; riprendere il cammino verso nuovi traguardi di libertà, di eguaglianza e di solidarietà.
Il Pci italiano e il movimento comunista internazionale sono stati protagonisti di una stagione che va narrata perché, anche se ormai finita, ha raggiunto risultati che hanno fatto la storia.
A Napoli si poteva fare di più. Ma la storia non si ferma e noi ci siamo dentro. Anche a Napoli guardare criticamente alla storia del Pci, alle vittorie e soprattutto agli errori, significa avere consapevolezza della propria identità per voler ripartire.
L’iniziativa di «Infiniti Mondi» per questo centenario del Pci va in questa direzione: curare la memoria significa costruire il futuro. Se sappiamo da dove veniamo ci è più facile capire dove andare.
Nella vita sindacale delle fabbriche di Pomigliano, all’Aeritalia e all’Alfaromeo, i fermenti dei giovani, i bisogni di cambiamento e la battaglia politica si svilupparono essenzialmente nell’alveo del percorso di rinnovamento del sindacato.
All’Alfasud fu diverso.
Nasceva nella conurbazione napoletana, attraverso l’intervento pubblico, una grande fabbrica, tra le più grandi d’Italia. L’identità industriale, politica e culturale era tutta da costruire, così come la sua sindacalizzazione.
Fu il laboratorio in cui molti vollero sperimentare. Fu il terreno su cui tutti vollero cimentarsi e su cui concentrarono molte energie.
Per ultimo l’onorevole Gianfranco Nappi, che mi aveva chiesto qualcosa sulla “memoria operaia” per la rivista “Infiniti mondi”, alla mia domanda se potevo inviargli uno scritto sull’organizzazione nella Cgil dei docenti universitari negli anni Settanta del Novecento, mi ha chiesto anch’egli, tra l’ironico e l’incredulo, “e chi erano gli iscritti”?
Ho così deciso di fare una piccola pubblicazione che riportasse almeno i dati in mio possesso di quella storia sindacale che è uno dei tratti caratterizzanti la forza del mondo del lavoro napoletano negli anni Settanta del Novecento ed è anche la testimonianza della capacità del gruppo dirigente della Camera del Lavoro di allora, Nando Morra, Antonio Ferrante, Antonio Lombardi, Silvano Ridi e Carlo Cozzolino, di aprirsi al nuovo che le lotte nella scuola e nell’università della fine degli anni Sessanta avevano posto al sindacato napoletano.
Ricerche successive hanno arricchito e precisato alcuni aspetti della storia del cimitero, come il ruolo del Comune di Napoli e della Curia Arcivescovile napoletana o la presenza, a prima vista incomprensibile, di alcune bare della potente famiglia dei Carafa di Maddaloni. Ma è in questo lavoro che viene dimostrata l’inconsistenza del paradigma di una religiosità popolare autonoma o antagonista e si evidenzia la necessità di distinguere tra narrazione folcloristica o teatralizzata e narrazione storica e antropologica. Distinzione che la cultura napoletana, soprattutto in materia di religiosità, ignora.
Il lavoro, basato su documenti di archivi pubblici e privati, fa parte delle pubblicazioni del Convitto Nazionale finalizzate alla ricostruzione della storia dell’Istituzione.
anime del Purgatorio sia stato praticato a Napoli nella Basilica
di San Pietro ad Aram negli ultimi cinquecento anni.
Abbiamo approfondito la ricerca sul culto nell'Ottocento e nel
Novecento e formulato un’ipotesi documentata su quando e
come è nato il rito dell’adozione delle capuzzelle nella Basilica;
di come si sia diffuso in alcuni luoghi sacri della città, in
particolare al cimitero delle Fontanelle, e sia oggi vissuto dalla
religiosità e dalla cultura napoletana.
anime del Purgatorio sia stato praticato a Napoli nella Basilica
di San Pietro ad Aram negli ultimi cinquecento anni.
Abbiamo approfondito la ricerca sul culto nell'Ottocento e nel
Novecento e formulato un’ipotesi documentata su quando e
come è nato il rito dell’adozione delle capuzzelle nella Basilica;
di come si sia diffuso in alcuni luoghi sacri della città, in
particolare al cimitero delle Fontanelle, e sia oggi vissuto dalla
religiosità e dalla cultura napoletana.
Al di là delle dispute storiografiche, compito della politica è fare, non subire la storia. La politica è il luogo delle scelte. E delle scelte giuste. Cosa non facile. Per la sinistra significa riemergere dalle macerie del muro di Berlino e della socialdemocrazia; riprendere il cammino verso nuovi traguardi di libertà, di eguaglianza e di solidarietà.
Il Pci italiano e il movimento comunista internazionale sono stati protagonisti di una stagione che va narrata perché, anche se ormai finita, ha raggiunto risultati che hanno fatto la storia.
A Napoli si poteva fare di più. Ma la storia non si ferma e noi ci siamo dentro. Anche a Napoli guardare criticamente alla storia del Pci, alle vittorie e soprattutto agli errori, significa avere consapevolezza della propria identità per voler ripartire.
L’iniziativa di «Infiniti Mondi» per questo centenario del Pci va in questa direzione: curare la memoria significa costruire il futuro. Se sappiamo da dove veniamo ci è più facile capire dove andare.
Nella vita sindacale delle fabbriche di Pomigliano, all’Aeritalia e all’Alfaromeo, i fermenti dei giovani, i bisogni di cambiamento e la battaglia politica si svilupparono essenzialmente nell’alveo del percorso di rinnovamento del sindacato.
All’Alfasud fu diverso.
Nasceva nella conurbazione napoletana, attraverso l’intervento pubblico, una grande fabbrica, tra le più grandi d’Italia. L’identità industriale, politica e culturale era tutta da costruire, così come la sua sindacalizzazione.
Fu il laboratorio in cui molti vollero sperimentare. Fu il terreno su cui tutti vollero cimentarsi e su cui concentrarono molte energie.
Per ultimo l’onorevole Gianfranco Nappi, che mi aveva chiesto qualcosa sulla “memoria operaia” per la rivista “Infiniti mondi”, alla mia domanda se potevo inviargli uno scritto sull’organizzazione nella Cgil dei docenti universitari negli anni Settanta del Novecento, mi ha chiesto anch’egli, tra l’ironico e l’incredulo, “e chi erano gli iscritti”?
Ho così deciso di fare una piccola pubblicazione che riportasse almeno i dati in mio possesso di quella storia sindacale che è uno dei tratti caratterizzanti la forza del mondo del lavoro napoletano negli anni Settanta del Novecento ed è anche la testimonianza della capacità del gruppo dirigente della Camera del Lavoro di allora, Nando Morra, Antonio Ferrante, Antonio Lombardi, Silvano Ridi e Carlo Cozzolino, di aprirsi al nuovo che le lotte nella scuola e nell’università della fine degli anni Sessanta avevano posto al sindacato napoletano.
Ricerche successive hanno arricchito e precisato alcuni aspetti della storia del cimitero, come il ruolo del Comune di Napoli e della Curia Arcivescovile napoletana o la presenza, a prima vista incomprensibile, di alcune bare della potente famiglia dei Carafa di Maddaloni. Ma è in questo lavoro che viene dimostrata l’inconsistenza del paradigma di una religiosità popolare autonoma o antagonista e si evidenzia la necessità di distinguere tra narrazione folcloristica o teatralizzata e narrazione storica e antropologica. Distinzione che la cultura napoletana, soprattutto in materia di religiosità, ignora.
Il lavoro, basato su documenti di archivi pubblici e privati, fa parte delle pubblicazioni del Convitto Nazionale finalizzate alla ricostruzione della storia dell’Istituzione.