Drafts by Marco Nicoletti

sentimmo parlare per la prima volta al ginnasio. Si era dai preti e il professore di lettere, al ... more sentimmo parlare per la prima volta al ginnasio. Si era dai preti e il professore di lettere, al quale lo zelo salesiano faceva scoprire mille stratagemmi per forzare la nostra torpida resistenza, venne un giorno in aula con la registrazione di un programma radiofonico in cui, un certo Prezzolini, richiesto di quali fossero i metodi spicci ed efficaci per acculturarsi, rispondeva: "Leggere di tutto e fare schede". E quella frasequasi fosse un comandamentola dovemmo poi riascoltare dal magnetofono per un'intera settimana e all'inizio di ogni lezione. Ancora. Nel 1978 -avevamo ventun anniricevemmo in dono dal nonno un volumetto rosso accompagnato da una lettera che iniziava così:"Caro Nicoletti, ti mando questa mia storia tascabile della letteratura italiana, che i tuoi nipotini potranno forse usare, non a scuola, ma per loro sfogo" ed era firmata "Tuo affezionato Prezzolini". Qualche anno più tardi un nipotino inviò al grande sconosciuto alcune ricerche sulle ipotetiche radici induiste della religiosità italica primitiva. Lui rispose con una cartolina: "Scrivete molto bene, è un piacere leggervi, ma non sono d'accordo con voi: l'unica vera tradizione italiana è quella cattolica!" Poche altre righe, più che altro di cortesia, scambiammo in seguito con Prezzolini, ormai vecchissimo, il quale infine rispose con un biglietto prestampato: "Ho apprezato la sua missiva e la ringrazio, ma non posso risponderle: il poco tempo che mi rimane è dedicato ad alcuni scritti che ho principiato e temo di non poter finire". Nel 1982 moriva a Lugano, perfettamente centenario. Di lui riparlammo molti anni dopo (più di dieci) con Montanelli. Eravamo a Milano, nella stanza del direttore de "Il Giornale". Alle spalle di Montanelli era appesa una foto di Prezzolini con gli occhiali, la coppoletta in testa…"E'stato il mio unico maestroraccontava l'Indro nazionale -l'unico a cui mi sono sempre ispirato. Quando lo andai a trovare negli Stati Uniti, attorno agli anni '50, viveva in una soffitta attraversata dai tubi dell'acqua e del riscaldamento; era una stanza che serviva da cucina, soggiorno, camera, con una branda da marinaio appesa a una parete: lui allora insegnava alla Columbia University, dirigeva la Casa Italiana, eppure viveva come un anacoreta!" L'"anacoreta" Giuseppe Prezzolini nacque a Perugia il 27 gennaio 1887, da Luigi ed Emilia Pianigiani. Ma ci nacque per caso, poiché il padre, toscano, qui era stato momentaneamente trasferito in qualità di prefetto del Regno. Difficile sapere con esattezza in quale via si trovasse la casa natale. A ricercarla si provò invano Uguccione Ranieri, nel '64, mentre compilava il suo Perugia nella Bell'Epoca. Ranieri, tramite un amico comune, chiese lumi a Prezzolini stesso: "La storia di cercare la strada dove sono nato è tutta di Sorbellorispose lui sarcastico al

Laddove, in un suo conosciutissimo testo 1 , Elemire Zolla cita alcune celebrate architetture rin... more Laddove, in un suo conosciutissimo testo 1 , Elemire Zolla cita alcune celebrate architetture rinascimentali situate ai confini occidentali del Lazio, definendole veri e propri "santuari neoplatonici", non ci si meraviglierebbe di vedervi ricordata anche la Scarzuola, cittadella magica dei tempi nostri, ideata dall'architetto Tomaso Buzzi ben quattro secoli dopo l'artificio di Bomarzo e realizzata in Umbria, non distante da Montegiove . Dimenticata in rovina per anni, quindi riscoperta, restaurata e finalmente compiuta da Marco Solari erede di Buzzi, questa fantastica concezione oggi interamente aperta al pubblico, nasce dal connubio di due organismi distinti: un antichissimo romitorio francescano, la Scarzuola, risalente al 1200, e la "Buzziana" o "Buzzinda", cittadella "teatrale alla quale Buzzi lavorò dal 1956 fino al 1978, tre anni prima della sua morte. L'opera di restauro del complesso, comprendente la chiesa, il convento e le architetture di Tomaso Buzzi, è iniziata attorno al 1980 ma il tutto è stato vincolato dal Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, con legge del 1 /6/1939 n. 1O89, soltanto nel 1991 in seguito alla proposta avanzata in sede ministeriale dall'Assessorato alla Cultura della Regione Umbria e sull'onda dei primi reportage pubblicati nel 1983 da Bruno Toscano su L'Espresso e da Lucia Bisi su Eupalino e nel 1987 da Adriano Alpago Novello su Casa Vogue . La progressione dei lavori di recupero è risultata, nei suoi trent'anni, alquanto complessa, tenendo conto che per il vecchio si e dovuto porre mano ad effimere opere in forma di scenografie teatrali, fatte di tufo, tavelline e strutture in ferro, tutte collocate all'aperto e assai degradate, mentre per il nuovo, in mancanza di veri e propri progetti esecutivi, sono stati utilizzati gli approssimativi schizzi eseguiti da Buzzi, tutti da scegliere e interpretare. Nel restauro si è dovuto operare accortamente, soprattutto attorno alle problematiche relative al deflusso delle acque piovane e di quelle sorgive, copiosamente presenti, provvedendo a rendere impermeabili le varie vasche del giardino e rivestendo con tavelle e coppi i tetti e le pareti delle opere, tutte in tufo, onde preservare il poco consistente materiale dai fenomeni atmosferici, soprattutto dal dilavamento delle acque piovane. Il materiale impiegato, proveniente da una cava di Farnese nel viterbese e fornito nei tradizionali blocchi rettangolari, è stato lavorato sul posto, a mano, con accette e scalpelli, riutilizzando anche i vecchi conci che si potevano recuperare e attenendosi il più fedelmente possibile ai disegni originali, destreggiandosi tra le molteplici versioni lasciate dall'autore. Il numero degli artigiani impiegati, dagli iniziali sei, reclutati da Tomaso Buzzi nel 1958, si è poi ridotto agli attuali tre, tra i quali il capomastro Alessandro Neri di Fabro e il fabbro Valentino Galli -l'unico che ha seguito l'opera fin dall'inizio-che ancora oggi con il figlio Maurizio restaura e costruisce infissi, telai e basi per le scenografie. Oggi, a opere compiute, si può tentare una descrizione del tutto, ma è certamente difficile iniziare a parlare della Scarzuola, senza che magicamente si alzi alle nostre spalle l'ombra di Tomaso Buzzi. Architetto, designer e artista, Tomaso Buzzi nasce a Sondrio 1900 da una famiglia della buona borghesia locale. Ottenuta la maturità classica, si iscrive al Corso di Architettura presso il Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano, ove si laurea nel 1923. Da subito egli ha relazioni molto strette con il gruppo del Novecento Milanese (Muzio, Cabiati, De Finetti) e inizia ben presto con Giò Ponti una collaborazione lunga e fruttuosa, che si estende dall'architettura, all'urbanistica, al design, alla collaborazione, con articoli ed interventi, alle pagine di Domus, prestigiosa rivista fondata nel 1928 dallo stesso Ponti. Una memoria oggi inesplicabilmente cancellata, vede Buzzi tra i protagonisti degli avvenimenti artistici più importanti di quegli anni; fondamentale è la sua figura di membro fondatore del Club degli urbanisti e di partecipe al celebre concorso per la sistemazione urbanistica di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani. Egli ha inoltre ruoli organizzativi di spicco in manifestazioni nazionali ed internazionali nel campo delle arti applicate (Triennale di Milano, padiglioni dell'Enapi, Mostra Internazionale di Amsterdam, Mostra Nazionale dello Sport). Appare tra i fondatori della società di oggettistica Labirinto e ricopre la carica di direttore artistico per la Venini di Venezia, collaborando attivamente con Paolo Venini, Pietro Chiesa, Giulio Rosso 1 E.Zolla, Aure. I luoghi e i riti, Venezia 1995 Civile, rimasto inedito, in cui raccolse i suoi progetti, tutti irrealizzati. 9 Claude-Nicholas Ledoux (Darmans 1736 -Parigi 1806), architetto e incisore, nel 1773 venne nominato Architetto del Re e membro dell'Accademia. Dopo aver progettato numerose residenze, si dedicò alla realizzazione di complessi edifici pubblici, tra cui le celebri Saline di Arc-et-Senans (1775), i cui spunti fantastici rivelano un'influenza del Piranesi. 10 Etienne-Louis Boullèe ( Parigi 1728 -1799), architetto illuminista, lavorò molto sotto Luigi XIV e Luigi XV in edifici residenziali dei quali oggi non rimane traccia. Lasciò sulla carta grandiosi progetti che evidenziano la sua teoria circa le corrispondenze che legano forme architettoniche e sentimenti. Il suo trattato, Architecture, essai sur l 'art, è stato pubblicato soltanto nel 1953. 11 Sanderson Miller (Radway Grance 1717 -1780. Tipica figura di architetto dilettante, contribuì alla diffusione dello stile neogotico in Inghilterra.

Il Sacro Bosco orsiniano di Bomarzo rappresenta una delle più sbalorditive creazioni della cultur... more Il Sacro Bosco orsiniano di Bomarzo rappresenta una delle più sbalorditive creazioni della cultura cinquecentesca, un prezioso unicum che "sol se stesso e null'altro somiglia", come si legge in una delle tante iscrizioni presenti nel castello e. nel parco. Esso non ha alcuna relazione con realizzazioni precedenti di giardini (rappresenta, anzi, l'antitesi esatta del classico giardino "all'italiana" cinquecentesco), né possiede identiche filiazioni di genere in epoche successive. Mancando di rigida impostazione geometrica e di stretta logica simbolica (al contrario del giardino di Villa Lante a Bagnaia o di quello di Palazzo Farnese a Caprarola) il bosco di Bomarzo si figura come la concezione archetipica e sovente prelogica di un pensiero letterario allo stato di sogno, ove l'architettura -quella "della livella e del perpendicolo, quella che ci fa uomini e che è base di ogni euritmia" per dirla con Goethe -appare completamente assente. Soltanto quattro secoli più tardi le aure che avevano dato vita al "boschetto" di Bomarzo torneranno a rivivere in un'opera architettonica sconcertante ma ricca di fascino: la Scarzuola, cittadella segreta dell'architetto Tomaso Buzzi, edificata in Umbria a due passi da Orvieto, non distante da quella celebrata Tuscia ove, nella tarda rinascenza, numerose e singolari fiorirono le cosiddette "architetture del pensiero". Riguardo il giardino di Bomarzo, ogni tentativo di lettura di un fenomeno così complesso deve procedere dall'individuazione della personalità del committente, il duca Vicino Orsini, eccentrica figura di principe-soldato legato al colto ambiente farnesiano e amico di molti dei principali letterati del suo tempo, tra i quali Bernardo Tasso e Annibal Caro, ma in particolare di quelli appartenenti al circolo petrarchista veneto : Francesco Sansovino, Claudio Tolomei, Bernardo Cappello e Francesco Maria Molza. Del tutto singolare è, intanto, la concezione di un boschetto -così lo definisce Vicino in linguaggio arcadizzante -, quale luogo esclusivo, che si aggiunge -senza sostituirlo -al giardino italiano già esistente accanto alla dimora del principe-poeta. Sappiamo che Vicino eredita la signoria di Bomarzo nel 1542, ma già nel 1525 si ha notizia di lavori di ristrutturazione al castello di famiglia. Fino al 1557, anno in cui partecipa alla difesa di Velletri, il duca è impegnato nella guerra tra Asburgo e Valois; è dunque probabile che i lavori del "boschetto" inizino dopo la pacificazione europea, conclusasi con il trattato di Chateau-Cambresis del 1559. Alcune lettere di Annibal Caro del 1563 e del 1564 forniscono interessanti indicazioni sulla realizzazione del Sacro Bosco.
Avvocato, giornalista, storico del pensiero politico e scrittore, Gioacchino Nicoletti, mio nonno... more Avvocato, giornalista, storico del pensiero politico e scrittore, Gioacchino Nicoletti, mio nonno, nacque a Castel di Tora (Rieti) il 4 novembre 1897 in una famiglia del notabilato locale, di origini probabilmente venete dal lato paterno e marchigiane da quello materno, che vantava tra gli antenati Santa Veronica Giuliani, la mistica canonizzata nel 1839 da papa Gregorio XVI.

L'immagine della città, 2013
Dopo la relazione che ha toccato tutti i temi concorrenti allo status identitario di Perugia, svo... more Dopo la relazione che ha toccato tutti i temi concorrenti allo status identitario di Perugia, svolta senza indulgere troppo nel calco di certi fenomeni assai citati, io cercherò ora di parlare dell'immagine della città osservandone la forma, attraverso cioè una semina di idee, di percezioni e impressioni che l'organismo vivo di questa città mi ha nel tempo comunicato. Questo per tentare di individuare, attraverso l'osservazione dei cambiamenti fisici passati e recenti, i segni indicatori le mutazioni dell'anima della città. Tempo fa, in un articolo apparso nella rivista Diomede, si parlava di una Perugia vista dal cielo che appare come " una manciata di sassi gettata sulle colline […].una città indefinita, la cui ragione evolutiva si è interrotta in epoche remote e tutto quanto è venuto dopo, come frutto di necessità e di frettolosa in cultura, appare come demente bivacco edilizio che è metastasi al di fuori della forma"; ma quali sono le epoche remote da cui iniziò a scadere la forma della città? Certamente, come bene sottolineò tempo addietro Giuseppe Severini nell'ambito di un Forum analogo a questo, tenutosi in Provincia, la città di Perugia, eccettuati i determinanti interventi urbanistici subiti alla fine del secolo XIX, conseguenti più che altro al nuovo assetto edilizio e viario realizzato nella zona ove insisteva la Rocca, è rimasta pressoché immutata nel suo tessuto e nei suoi profili fino agli anni '20 del 900. Epoca in cui i progetti del Regime fascista si volsero soprattutto a creare un'idea urbana nuova, tesa a trasformare Perugia, città bellissima fra le belle, per tentare di renderla una città universitaria di primo ordine, nelle cui facoltàprincipalmente in quella di Scienze Politichepotessero trovare dottrina adeguata le nuove leve dirigenziali del Partito. Sebbene gia dagli anni '30 si lamentasse una disordinata proliferazione extra moenia della città (di conseguenza nel maggio del 1931 venne bandito il primo Concorso nazionale per il Piano regolatore), il centro storico non subì mutamenti di rilievo. Sono di allora le dignitose edificazioni popolari INCIS e qualche elegante dimora borghese nei nuovi quartieri residenziali (Elce, Via Pellini, Monteluce) , ma nessun intervento sostanziale capace di caratterizzare un tessuto
La mente moderna, posta di fronte all'enigma dell'architettura, tende ad immaginarsi le case e le... more La mente moderna, posta di fronte all'enigma dell'architettura, tende ad immaginarsi le case e le città simili a macchine per abitare nelle quali, accanto ai segni tangibili lasciati dagli affetti, si sarebbero aggiunti, con lo scorrere del tempo, le variabili del gusto e del progresso tecnologico. Ma una lettura del genere, come rileva Elémire Zolla, se pure accettata dal senso comune borghese, appare superficiale e inadeguata non appena si recede dai confini della storia moderna e si volge lo sguardo ai primordi, quando superflua ed accidentale si mostra proprio la funzione utilitaria dell'abitazione. (1) Stimolato da questo evidente paradosso ho inteso esporre in sintesi certi aspetti legati alla prassi edificatoria tradizionale ove, inequivoca, si evidenzia un'intenzione "imitativa" del un superiore ordine cosmogonico.

La lettura di un volumetto uscito oltre un anno fa, un curioso documento 1 sul manipolo di univer... more La lettura di un volumetto uscito oltre un anno fa, un curioso documento 1 sul manipolo di universitari che nel 1987 a Milano dette vita a Controcorrente Giovani, associazione politicoculturale ispirata a Indro Montanelli e al suo Giornale, mi ha riportato alla memoria gli anni in cui io stesso ne feci parte, suggerendomi di ampliare quel resoconto attraverso alcuni ricordi personali. Mi avvicinai a Controcorrente Giovani in seguito alla segnalazione di un amico che, vivendo in Lombardia come insegnante, la frequentava e prendeva parte alle riunioni che si svolgevano nella "saletta verde" della redazione milanese de Il Giornale di Via Negri. Si era attorno ai primi anni '90, io iniziavo allora le prime esperienze giornalistiche e l'idea di frequentare un gruppo di coetanei vicini a quel prestigioso quotidiano, mi era parsa interessante. A Perugia già esisteva un nucleo di simpatizzanti di Controcorrente che si riunivano settimanalmente da Andrea Margaritelli, il socio che aveva la casa più disponibile; tra questi i primi furono A parte il piacere di quelle interessanti occasioni alle quali iniziai a partecipare -riunioni un po' retrò nello stile ma assai appaganti per il brillante dibattito che permettevano di svolgere sui temi della attualità politica e sociale -, era soprattutto l'idea della possibile frequentazione di Montanelli che rendeva interessante l'adesione al gruppo. Occorre ricordare che il Maestro di Fucecchio appariva in quegli anni come il solitario testimone del conservatorismo italiano, l'unico opinionista veramente controcorrente, indisponibile ai tradizionali compromessi della cultura nazionale. Sebbene in famiglia mia ci fosse stato chi, avendolo conosciuto e frequentato a varie riprese e in momenti cruciali della storia patria, non aveva esitato a definirlo il prototipo dell'italico "voltagabbana", ad ogni caso, per me, la prospettiva di poter entrare in contatto con un maestro di giornalismo, rendeva più tenue la suggestione di tali giudizi. Iniziai così a frequentare anche le riunioni milanesi, che si svolgevano nella già citata saletta della redazione e nell'ambito delle quali lo stesso direttore compiva fugaci sortite, accolto dal tripudio generale. Controcorrente giovani era nata nel 1978 in seguito alla proposta rivolta a Montanelli da Umberto Moscato 2 , ventenne trevigiano di buona famiglia, di raccogliere attorno al Giornale un numero di giovani che si riconoscevano nelle idee e nello stile del quotidiano milanese. L'offerta, veramente "controcorrente" per quei temp il campione di lettori del Giornale di allora era quasi interamente posizionato nella "terza età" ) venne accolta con entusiasmo e l'iniziativa iniziò a svilupparsi, tanto che il quotidiano poté in breve avvalersi di un consistente gruppo di entusiasti supporter . L'occasione di poter trascorrere qualche ora a contatto con il Maestro, si verificava soprattutto in occasione delle riunioni annuali del coordinamento, quando ci si incontrava convivialmente in una linda trattoria di lusso a due passi da Via Negri. Il direttore a tavola era sempre ben scortato; a parte il suo vice Federico Orlando che lo vigilava, lo controllava e lo moderava, si univano al gruppo i giornalisti Alberto Pasolini Zanelli, Lucio Lami, Mario Cervi (che poi gli successe alla direzione), l'amministratore Roberto Crespi e qualche caporedattore. Durante quegli incontri Montanelli mostrava un'insospettata cordialità e amava esprimersi con iperboli e confessioni memorabili. Proprio a me, che in una di quelle occasioni gli sedevo accanto, ebbe a dire: "Quando entrò in vigore la Legge Mammì, presi la palla al balzo e suggerii a Berlusconi di passarmi, come testa di legno naturalmente, la proprietà del Giornale. Ma lui, senza nemmeno pensarci, azzerò subito la proposta: "Niente da fare, il Giornale resta in famiglia!" . Quando poi Montanelli abbandonò Il Giornale, ricordai quella confidenza e mi chiesi, un po' paradossalmente, quanto potessero essere

Con immagini rare MMXIV Proemio PERCHE DENOMINARE E' POTENZA Quadro I SANT'AGOSTINO e SANT'AMBROG... more Con immagini rare MMXIV Proemio PERCHE DENOMINARE E' POTENZA Quadro I SANT'AGOSTINO e SANT'AMBROGIO ovvero Il pensiero cristiano sul lavoro e sulla moneta Quadro II IL MEDIOEVO, I TEMPLARI E "L'ABOMINEVOLE GUADAGNO" ovvero Dai misteri esoterici della moneta alla prima istituzionalizzazione della gestione del credito. Le riserve della chiesa contro il principio dell'interesse bancario Spunti letterari da Il Mercante di Venezia e il Decamerone Quadro III SAN FRANCESCO E IL CAPITALISMO ovvero Il ruolo dei Francescani contro l'usura: dalla fondazione dei Monti di Pietà -primo quello di Perugiaalla teorizzazione di un pensiero economico all'interno dell'etica cristiana Quadro IV MERCANTI, BANCHIERI, MECENATI ovvero Il Rinascimento: dalla Toscana nel mondo. Grandi banchieri e grandi mecenati. Quadro V ORO E LAVORO. LE TEORIE ECONOMICHE DI POUND ovvero Il più lucido avversario del capitalismo bancario, il massimo poeta americano del '900 autore dei Cantos e rappresentante del Vorticismo, che pagò con la prigione e il manicomio criminale il reato di aver svelato al mondo il complottismo economico internazionale Quadro VI LE BANCHE E L'OMBRA DELLE TENEBRE ovvero La misteriosissima storia che lega i fondatori di Mediobanca, tra politica, occultismo ed eresia. Quadro VII IL PANE BUONO DELLA SEMPLICITA' Ovvero Ritorno a San Francesco e al lascito ideale dei Monti di Pietà? .Il sogno possibile di una banca a misura di uomo e per l'uomo.
Intervento conferenza "Tornare sovrani. Uscire dall'Ero si può?" Todi -27 giugno 2018 "Se un uomo... more Intervento conferenza "Tornare sovrani. Uscire dall'Ero si può?" Todi -27 giugno 2018 "Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o le sue idee non valgono niente o non vale niente lui". Ezra Weston Loomis Pound (Hailey, 30 ottobre 1885 -Venezia, 1º novembre 1972) è stato un poeta, saggista e traduttore statunitense che trascorse la maggior parte della sua vita in Italia.
L'architettura è, come poche altre, una disciplina dalla salda matrice sapienziale. I procediment... more L'architettura è, come poche altre, una disciplina dalla salda matrice sapienziale. I procedimenti del costruire si riconnettono a riti e simbolismi dalle valenze trascendentitali da costituire una vera e propria scienza sacraa lungo affidati ad una trasmissione di tipo sacro ed iniziatico.

perdonerete se il tenore delle cose che vado dicendo, e che voi gentilmente andrete ad ascoltare ... more perdonerete se il tenore delle cose che vado dicendo, e che voi gentilmente andrete ad ascoltare verte sempre su questa parola: "esoterico". Vorrei, a questo punto, cancellare il possibile equivoco che può nascere a tale proposito, soprattutto in una città come Perugia. Sovente, persone che mi conoscono e mi sentono parlare, mi dicono: "..ma non sarà che sei diventato massone" A quel punto non so mai cosa rispondere, perché se rispondessi "Sì" direi naturalmente una bugia, dato che massone non sono; se rispondessi "No" creerei un equivoco, perché reputo non siano molti i massoni disposti a dichiarare apertis la propria appartenenza. E allora taccio. Però anche da questo tacere, può nascere un sospetto di ambiguità e allora dico che la domanda è mal posta e non andrebbe mai fatta. L'architettura è, come poche altre, una disciplina dalla salda matrice sapienziale. I procedimenti del costruire si riconnettono a riti e simbolismi dalle valenze trascendenti, tali da costituire una vera e propria scienza sacra, a lungo affidati ad una trasmissione di tipo esoterico ed iniziatico. La forma, l'orientazione, le proporzioni, la scelta del corpo di fondazione di un edificio, in particolare nel caso di un tempio e soprattutto di una città, non erano casuali, ma dipendenti da una precisa concezione cosmologica.Le architetture parlavano e parlano attraverso l'ambientazione e l'orientazione, attraverso la scelta dei materiali, attraverso i rapporti armonici e musicali cui era improntato l'organismo costruttivo, come pure attraverso il corredo artistico con cui esse venivano arricchite. Tutto questo repertorio l'uomo moderno, nutrito di razionalismo efficientista, ha preteso di relegare in un canto, quasi si trattasse di sovrastrutture inutili, frutto di fantasticherie e superstizioni. L'architettura del XX secolo e soprattutto la sua manifestazione peculiare che è stato il Movimento moderno, ovvero la vicenda internazionale del Funzionalismo, ha spostato questa prospettiva di rimozione del lato esoterico nella disciplina. In realtà, a ben vedere e quantomeno fino alla metà degli anni Venti, questa rimozione è stata più annunciata che praticata, più apparente che sostanziale. La circostanza merita qualche riflessione, a cominciare dalla matrice modernizzatrice. L'architettura novecentesca costituita dall'Art Nouveau e dallo Jugendstil ha infatti documentato l'appartenenza di Victor Horta alla massoneria e chiari influssi massonici sono ad esempio riscontrabili nella colonia di artisti d'avanguardia e dei suoi complessi rituali messi a punto a Darmstadt sotto la regia di Joseph M. Olbric. Numerosi furono dunque gli architetti europei che in quegli anni, in un ambito apparentemente razionalista, tentarono la trasmissione delle proprie culture ermetiche, da Christian Rohlfs a Peter Behrens, autore del tempio massonico di Monaco di Baviera, allo stesso Le Corbusier, che fu assiduo frequentatore delle conferenze teosofiche di Rudolf Steiner. Neppure Gropius, uno dei padri del Movimento Moderno, fu immune da tale suggestione, tanto che il Bauhaus, secondo le sue intenzioni, si sarebbe dovuto conformare come una loggia. Anche etimologicamente Bauhaus, proviene da Bauhütte, che equivale a "loggia". E tanti altri nomi si potrebbero fare: Rudolf Steiner, autore del Goetheanum, ad Itten, insegnante presso il Bauhaus e fondatore della setta esoterica dei Mazdaznan. Tanto più tenendo presente questo retroterra segreto, la formula con cui il movimento funzionalista volle racchiudere la sua
La figura del Bambino benedicente ha una posizione di assoluta suggestione all'interno dell'attua... more La figura del Bambino benedicente ha una posizione di assoluta suggestione all'interno dell'attuale mostra perugina dedicata al Pinturicchio.
La storia della più rappresentativa arte italiana della prima metà del '900 è stata sicuramente s... more La storia della più rappresentativa arte italiana della prima metà del '900 è stata sicuramente scritta sotto l'aura del fatidico Ventennio.

Prima di iniziare il racconto di questa meraviglia che ci sta di fronte, la facciata della catted... more Prima di iniziare il racconto di questa meraviglia che ci sta di fronte, la facciata della cattedrale di San Rufino, per poterci collocare in medias res, è opportuno illustrare, per tratti, la generalità della materia in cui andiamo a muoverci; accenniamo dunque, brevissimamente, ai rapporti esistenti tra architettura, proporzioni matematiche e sacralità. Per gli architetti dell'antico Egitto, per i cabalisti, per i seguaci di Pitagora, la geometria era ritenuta una scienza sacra in diretto rapporto con Dio, definito non a caso l'Architetto dell'Universo. I numeri erano infatti considerati emanazioni divine e corrispondevano ad altrettanti attributi del Creato, cosicché certi particolari rapporti o figure , come la sezione aurea, il cerchio o il triangolo rettangolo, considerati singolarmente o variamente utilizzati e composti, possedevano, in virtù dei rapporti numerici tra i loro elementi, connotazioni di natura sacrale.
Mi sposo in dicembre -celerità americana -con la signorina Fernanda Gobba di Tortona, figlia dell... more Mi sposo in dicembre -celerità americana -con la signorina Fernanda Gobba di Tortona, figlia dell'ing. Anselmo Gobba di Tortona. L'ing. Gobba è un industriale e un agricoltore modernissimo, attivo e fortunato nel tortonese. Nanda è figlia unica e ha vent'anni. Troppo pochi? Non mi spaventi. Sua mamma, morta molti anni fa, era una figlia del deputato Cesaroni di Perugia. 1 Con queste parole Ugo Ojetti, in una lettera del 1906 all'amica Olga Lodi, annunciava il suo prossimo matrimonio con Fernanda Gobba, nipote prediletta di Ferdinando Cesaroni e autrice di questi ricordi.

Risale agli anni '30 del nostro Novecento un periodo di grande interesse e innovazione del merlet... more Risale agli anni '30 del nostro Novecento un periodo di grande interesse e innovazione del merletto italiano e ne sono protagonisti, prima ancora che i tradizionali artefici attivi nelle varie scuole sparse lungo la penisola, soprattutto alcune grandi firme dell'architettura italiana. Proprio nel 1930 il dibattito sulla modernizzazione dell'artigianato iniziò a definirsi con forza, sostenuto dalla politica espressa dal Governo fascista al fine di incentivarne la produzione italiana con la creazione dell'Ente Nazionale dell'Artigianato e Piccole Industrie organismo che, nell'ambito della politica autarchica, offriva sostegno finanziario agli operatori del settore. Tale iniziativa, che trovo divulgazione immediata attraverso le Triennali di Milano, ebbe protagonisti un gruppo di architetti, arredatori e designer riuniti attorno al "maestro" Giò Ponti che iniziarono a divulgare le proprie istanze attraverso alcuni periodi d'avanguardia, tra cui la Domus, la nuova rivista fondata da Ponti nel 1928 , Fili, del 1934, diretta da Emilia Kunstler Rosselli come periodico di lavori ad ago e Casabella, del 1933, che si valeva della collaborazione degli architetti Edoardo Persico e Giuseppe Pagano. L'obbiettivo era quello di creare un "moderno stile italiano" per la produzione artigianale e, in tale contesto, la figura dell'architetto progettista andava a sostituire quella degli artisti decoratori attivi negli anni '20, con il proposito di porre in atto una vera e propria riunificazione, che muovesse dall'architettura, di tutto quel mondo espressivo e produttivo, Nel campo dei merletti, quale fosse l'aspetto presentato fino ad allora dalla specialità, è ben raffigurato da un articolo di Lidia Morelli apparso nel 1931 ne "La casa Bella", ove descriveva come le trine italiane, soprattutto quelle a fuselli, soffrissero del peso di una stanca tradizione artigianale e come il gusto degli acquirenti fosse ancora legato ad una visione "folklorica" dell'artigianato. La Morelli metteva anche acutamente in luce il problema del rapporto tra artisti e merlettaie, soprattutto difficile per il rifiuto di quest'ultime a rinunciare al repertorio di facile esecuzione in cui erano specializzate, di scarso valore artistico ma produttivamente assai redditizio. La rivoluzione determinata dall'ingresso degli architetti nel progetto del merletto iniziò ad essere rappresentata dalle Biennali di Venezia e dalle Triennali di Monza e di Milano soprattutto grazie all'opera divulgativa di Ponti, tanto che nel 1933, proprio a Milano, apparvero numerose scuole italiane, e prima di tutte quella di Cantù. E proprio dal catalogo della mostra del 1933 emerge quanto complessa fosse la geografia di un nuovo artigianato di lusso nato dalla consulenza progettuale delle migliori firme del momento, tra cui spiccavano, oltre a Giò Ponti, anche Fausto Melotti, Vittorio Zecchin, Giovanni Gariboldi e Tomaso Buzzi. Da quest'ultimo in particolare, orgogliosamente autodefinitosi "principe degli architetti", si ebbero interessantissime proposizioni di innovazione stilistica in tema di merletti e ricami. Andando a rileggere una recensione della Triennale apparsa nella rivista Lidel del luglio 1933, appare come Tomaso Buzzi sia uno degli artisti "più attivi a rianimare qua e là l'attività delle nostre artigiane dell 'arte del tombolo, del ricamo, del trapunto, del modano e via dicendo: sia dove compaiono quelle belle coperte fiorentine di Emila Bellini". La sua attività nel settore fu veramente vasta e si espresse in un'altissima qualità ideativa: produsse disegni e modelli per la Casa del Soldato Bardi di Firenze assieme a Pino Ponti, per la Scuola di Lavoro di Carla Visconti a Cernobbio, per l'Opera Pia Castiglioni di Milano, per le Industrie Femminili Bevilacqua di Verona, per l'Aemilia Ars di Bologna, per le Manifatture Merletti e per le Scuole di Cantù. La sua fantasia creativa, che spaziò tra il 1930 e il '40 nei diversi ambiti delle arti applicate, produsse, proprio per le Manifatture Merletti di Cantù e presentò alla Triennale del 1933, un disegno raffigurante la Caduta di Fetonte, poi utilizzato per creare un pannello, e uno per una bordura di tovaglia intitolato La Temperanza.

La storia narrata di tutte le città antiche si trasmette attraverso i secoli con un andare che pu... more La storia narrata di tutte le città antiche si trasmette attraverso i secoli con un andare che può assimilarsi al movimento di un mare a tratti placido, più sovente increspato a volte burrascoso e portatore di rovine. Le testimonianza di tali moti appare immediate all'occhio di un visitatore nella forma della città, nel sembiante delle architetture, così che la varia esposizione di antichità, ruderi, superfetazioni, ovvero aggiunte ed espansioni, tramanda la memorie dei fatti accaduti. E questo avviene anche a Perugia, città bellissima fra le bellecome anche la definì Mussolini in un memorabile discorso del 1927 -,dove il Rinascimento e tre secoli di dominio papale hanno segnato, oltre che la storia, la forma stessa dell'urbe. Eh sì, Perugia papale. Anni fa ricordo una visita a delle sale chiuse del nostro palazzo vescovile. Mi accompagnava un sacerdote che illustrava quanto incontravamo. Come nelle grandi famiglie non si butta mai via niente, anche nella Curia, che è una grande, secolare famiglia, si conservava tutto: intere sale ingombre di arredi, dipinti, suppellettili, carte. Tra le altre cose ci imbattemmo in una seggiolina pieghevole, una modesta savonarola di ferro arrugginito: " Questo è il faldistorio" mi illustrò con orgoglio la guida "qui sedeva il Papa in udienza". E io pensavo a quei Papi ancora primigeni, che solo più tardi si avvezzeranno alla grandezza del Vaticano, ai fasti di San Pietro, alla ricchezza e alla luce di quei luoghi universali, e li immaginavo venire, dai primi del '200, in questa Perugia fredda, stretta e munita sede di ben cinque Conclavi, entrare in questo modesto palazzo vescovile, sedere su questo faldistorio poverello, assistere al primo Giubileo, durante il quale, tra Roma e Perugia, si mossero duecentomila forestieri tra giorno e notte, mentre, presso l'altare della Cattedrale i chierici raccoglievano con rastrelli il denaro delle elemosine..… briciole di storia. In effetti la soggezione di Perugia a Roma ha una storia lunga che inizia con Augusto e prosegue con i Papi. Tutto inizia dopo la caduta dell'Impero Romano, quando la città, distrutta da Totila nel 547, entra a far parte dei domini bizantini e in seguito, nel secolo XI, diventa un potente comune indipendente, alleato dello Stato Pontificio. Corre la storia. Giungiamo a un XIV secolo segnato da furiose lotte interne tra nobili Beccherini e i popolari Raspanti, ma soprattutto dalla memorabile guerra contro il Papato, l'alleato di un tempo che ora è divenuto avversario feroce e inteso a ricondurre tutte le città umbre sotto il proprio controllo. La guerra è dura e si conclude con la pace di Bologna nel 1370: Perugia, oramai con il cappio al collo, è costretta a riconoscere ancora una volta l'autorità di una Roma, non più imperiale, bensì pontificia.
Per dare inizio a queste brevi parole sulla caratteristica euritmica di tutta la vera arte, segna... more Per dare inizio a queste brevi parole sulla caratteristica euritmica di tutta la vera arte, segnatamente di quella rinascimentale e raffaellesca, voglio citare -tratti da un volume di recente pubblicazionedue aneddoti veri, riferiti ai misteri profondissimi dell'arte e a come essi si avvincano ai destini umani attraverso coincidenze inesplicabili.

lumi e inizia, lentamente, ispirato, a parlare, in progressivo crescendo di tono e passione. Il t... more lumi e inizia, lentamente, ispirato, a parlare, in progressivo crescendo di tono e passione. Il tono di lettura della losanga finale deve essere lapidario) ……Cressac, Montsaunès. Perugia….. e…poi… Tanti sono in Europa i luoghi emblematici, custodi e testimoni imperituri nel tempo, dell'Ordine templare. Antichi luoghi di culto, arche di pietra dalla sconcertante semplicità, sulle pareti dei quali simboli ed emblemi di un perenne sapere, di una storia veritiera, senza equivoci per pochi, ma velata ai più, si posano-a volte evidenti, a volte in sinopiae attendono di essere letti, compresi, assimilati da quanti, per destino e virtù, sappiano attraversare consapevoli l'ingresso di questi luoghi Esordire un racconto è sempre difficile, molto difficile: nelle prime parole sta il tutto! E comincio a pensare che sovente, chi scrive, o chi narra, non può scegliere il percorso delle proprie parole, ma scoprirlo soltanto. Così come per gli architetti del passato esisteva una "geografia magica" in base alla quale soltanto gli edifici costruiti in determinati luoghi propizi avrebbero avuto solidità durata e significato, egualmente, per chi costruisce con le parole, deve esistere una serie di percorsi obbligati, una rete di sentieri attraverso i quali le memorie delle cose accadute si connettono, si sovrappongono e creano la struttura della rivelazione. (Cappella di Cressac a Charente, Commenda di Montsaunès nell'Haute Garonne, Chiesa di San Bevignate a Perugia) San Bevignate, radicata a un suolo antichissimo, ma separata dall'esterno per mezzo di un recinto invisibile, con la sua unica navata, le monofore strette, la porta dei morti che si apre verso il cimitero come a Montsaunès -l'abside, l'arco trionfale...una forma assoluta, definitiva! Oggi come al tempo remoto della sua edificazione, questo libro di pietra, racconta in pagine figurate la storia delle storie; l'epopea spirituale dell'Europa in Oriente e dell'Oriente in Europa; il mistero dei monaci guerrieri, la loro potenza e il loro sapere, il legame col cielo e con l'inferno; l'osservanza e la gnosi; la luce e l'ombra; l'ascoso e il manifesto; le proporzioni del tutto! Dalle proporzioni alla musica il passo è brevissimo, inevitabile:"Le proporzioni delle voci sono armonia delle orecchie, così quelle delle misure sono armonia degli occhi nostri"ci ricorda Vitruvio! Ecco dunque che proprio la musica sottende, accompagna, rende vivo questo racconto, fa giungere lo spirito la dove le parole non possono giungere, rende vibranti le immagini espresse, anima nuovamente, dopo secoli, le figure immote delle pareti, I lacerti di colore, le forme umane e bestiali, I gigli e le rose.....e, in ultimo,
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Drafts by Marco Nicoletti