L e ricerche d'archivio finalizzate alla realizzazione di questo volume hanno restituito alla rif... more L e ricerche d'archivio finalizzate alla realizzazione di questo volume hanno restituito alla riflessione storiografica molti documenti nuovi e ricchi di significato per approfondire la conoscenza degli interventi attuati nel castello, nel borgo e nel «tenimento» di Pollenzo durante gli anni del regno di Carlo Alberto di Savoia-Carignano. L'esplorazione, condotta secondo differenti punti di vista, ha consentito di compiere accertamenti di cui si sentiva la necessità e di colmare lacune lasciate dagli studi precedenti. Ad essere sondati sono stati prevalentemente i fondi documentari e grafici conservati nelle sedi archivistiche torinesi e presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio a Bologna, depositaria dello straordinario corpus costituito dai disegni, dall'epistolario e dall'eterogenea documentazione relativa all'attività artistica di Pelagio Palagi, protagonista con la sua collaudata équipe di collaboratori del rinnovamento decorativo delle residenze di corte sabaude .1. Le informazioni acquisite hanno offerto un concreto appoggio alla ricostruzione della storia dell'imponente campagna di lavori avviata a Pollenzo sin dal 1832 e proseguita fin oltre la metà del quinto decennio del secolo. Intento delle pagine che seguono è presentare i primi risultati di un'indagine tuttora in corso sul patrimonio figurativo-in particolare sull'arredo plastico-della reale villeggiatura carloalbertina. L'esame dei documenti ha permesso di riconsiderare l'attività di artisti quasi ignorati dagli studi, di attribuire alcune opere e di comprendere più a fondo la genesi di altre. Tuttavia rimane più di un interrogativo a proposito di oggetti che ci sono giunti privi di qualsiasi indicazione di data o di paternità, e di cui occorre recuperare le precise coordinate storiche; e restano per ora aperti alcuni quesiti sull'intreccio di rapporti fra i diversi scultori-piemontesi, liguri, lombardi-impegnati nel radicale «ammodernamento» del castello e nel cantiere della chiesa di San Vittore. Va però detto che l'analisi non è agevolata dalle attuali condizioni di accessibilità alla residenza e dalla dispersione di parte delle opere ricordate dalle fonti, e che il quadro degli studi, ormai numerosi, dedicati al primo Ottocento piemontese, non annovera esplorazioni approfondite e ad ampio raggio sulle vicende della scultura presso la corte sabauda nell'arco temporale 1830-1850. Giuseppe Gaggini collaboratore di Palagi Nel corso degli ultimi trent'anni la multiforme attività di Pelagio Palagi nei cantieri decorativi delle residenze sabaude è stata oggetto di accurate ricerche da parte degli storici dell'arte. Il campo di indagine si è andato progressivamente-e proficuamente-estendendo alla schiera di artisti e artigiani chiamati a tradurre in pratica i progetti del bolognese. Enrico Colle ha dedicato nel 1999 uno studio puntuale al cospicuo materiale documentario conservato all'Archiginnasio relativo agli incarichi affidati da Palagi alle maestranze e alle ditte impegnate nell'ammodernamento del Palazzo Reale di Torino e dei castelli di Racconigi e di Pollenzo: ebanisti, bronzisti, indoratori, stuccatori, tappezzieri, pittori su vetro il cui lavoro è predisposto e seguito dall'artista con meticolosa attenzione .2. Sul problema del rapporto fra Palagi e i suoi diversi collaboratori è tornata di recente Anna Maria Matteucci, evidenziando come alla necessità quasi maniacale di controllare l'operato degli ornatisti corrisponda un'indubbia libertà lasciata ai pittori di figura, soprattutto agli allievi Vitale Sala e Carlo Bellosio .3. L'ampio carteggio palagiano all'Archiginnasio comprende molte lettere di Bellosio e numerose altre di Luigi Cinati e di Marc'Antonio Trefogli, pittori lombardi specializzati in ornati delle più svariate tipologie .4. Tutti e tre gli artisti sono chiamati a lavorare nel castello di Pollenzo e dalle loro missive si desumono informazioni di grande utilità per mettere a fuoco la progressione cronologica degli interventi di decorazione. Non meno interessanti sono le 130 lettere di Giuseppe Gaggini conservate nello stesso fondo .5. L'artista genovese, proveniente da una famiglia tradizionalmente rivolta all'attività della scultura, ha in 3.03 3.03.01-Scultore piemontese (?), Busto di Faustina minore, ante 1850, marmo bianco di Carrara, h cm 63. Torino, Museo Civico d'Arte Antica e Palazzo Madama, inv. PM/548; già nella Galleria dei busti, castello di Pollenzo.
Nel giorno dei morti al Camposanto di Torino, in "Gazzetta del Popolo", 1/11/1907, p. 4. 2 Il num... more Nel giorno dei morti al Camposanto di Torino, in "Gazzetta del Popolo", 1/11/1907, p. 4. 2 Il numero della rivista è il settimo dell'anno II° e l'articolo di Thovez è solitamente riferito al 1903, ma i fascicoli de "L'arte decorativa moderna", pubblicata a Torino a partire dal 1902, non uscirono con regolarità; i riscontri sul contenuto dei singoli numeri delle prime annate portano a credere che quello in questione sia in realtà l'ultimo del 1905 (ringrazio Armando Audoli per la precisazione). La fotografia della placchetta è a p. 208.
1. Album A. Studio di imbarcazione con due figure a bordo, matita nera su carta, 00 x 00 mm 1. Al... more 1. Album A. Studio di imbarcazione con due figure a bordo, matita nera su carta, 00 x 00 mm 1. Album A. Study of Boat with two Figures on Board, black pencil on paper, , 00 x 00 mm 2. Album tascabile di Antonio Fontanesi (Album A), 1855 ca., Piacenza, Galleria Ricci Oddi 2. Antonio Fontanesi's pocket-size sketchbook (Album A),
E doardo Rubino non amava parlare di sé e del suo lavoro, ma nel 1912 lasciò che Paolo Cesare Rin... more E doardo Rubino non amava parlare di sé e del suo lavoro, ma nel 1912 lasciò che Paolo Cesare Rinaudo lo intervistasse per conto della rivista «Il Prisma» e gli permise di visitare il suo atelier. Accolto sulla soglia da un «vigoroso e tarchiato» operaio barbuto-quasi «la figura di un ciclope»-il giornalista viene fatto accomodare in un «salottino elegante»: mi ritrovo in una penombra fresca dalle tinte turchine scure; un uscio spalancato di fronte a me mi lascia intravedere, oltre il pesante velluto della portiera, lo studio ridente di luci, soffuso di quel candore che abbaglia e che si riflette dalle nivee statue, di cui è ingombro. Un passo leggero: è Rubino. L'artista in persona fa da cicerone al visitatore, mostrandogli lo studio colmo delle sue opere: "Vuol vedere lo studio?" dice. S'alza per guidarmi colà. Mi avvio con trepidanza; quel gran salone, ridente di luce bianca e vivace, ha attratto finora il mio sguardo, con un senso di malìa acuta e penetrante […] Entriamo. È un'ampia sala quadra, alta, anche elegante. Tutt'intorno statue […]. "Favorisca" e Rubino mi addita il grande studio, il vero studio. È un grandissimo camerone, alto quadro, con grandi lucernarii riparati da velari bianchi: vedo statue dappertutto 1. È questa la prima, suggestiva, descrizione dell'atelier torinese dello scultore, al n. 17 di via Asti, nel quartiere di Borgo Po. Progettato nel 1908 dall'architetto Pietro Fenoglio e costruito su un terreno di proprietà di Rubino all'angolo con via Cardinal Maurizio, il fabbricato accoglieva sia l'abitazione che lo studio dell'artista. Questo occupava l'intero pianterreno dell'edificio ed il grande «casotto a un sol piano» di 52 metri quadrati sul fondo del cortile. I lavori di muratura erano stati avviati prima del dicembre 1908 e due anni più tardi, stando alle indicazioni delle Guide di Torino edite
L e ricerche d'archivio finalizzate alla realizzazione di questo volume hanno restituito alla rif... more L e ricerche d'archivio finalizzate alla realizzazione di questo volume hanno restituito alla riflessione storiografica molti documenti nuovi e ricchi di significato per approfondire la conoscenza degli interventi attuati nel castello, nel borgo e nel «tenimento» di Pollenzo durante gli anni del regno di Carlo Alberto di Savoia-Carignano. L'esplorazione, condotta secondo differenti punti di vista, ha consentito di compiere accertamenti di cui si sentiva la necessità e di colmare lacune lasciate dagli studi precedenti. Ad essere sondati sono stati prevalentemente i fondi documentari e grafici conservati nelle sedi archivistiche torinesi e presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio a Bologna, depositaria dello straordinario corpus costituito dai disegni, dall'epistolario e dall'eterogenea documentazione relativa all'attività artistica di Pelagio Palagi, protagonista con la sua collaudata équipe di collaboratori del rinnovamento decorativo delle residenze di corte sabaude .1. Le informazioni acquisite hanno offerto un concreto appoggio alla ricostruzione della storia dell'imponente campagna di lavori avviata a Pollenzo sin dal 1832 e proseguita fin oltre la metà del quinto decennio del secolo. Intento delle pagine che seguono è presentare i primi risultati di un'indagine tuttora in corso sul patrimonio figurativo-in particolare sull'arredo plastico-della reale villeggiatura carloalbertina. L'esame dei documenti ha permesso di riconsiderare l'attività di artisti quasi ignorati dagli studi, di attribuire alcune opere e di comprendere più a fondo la genesi di altre. Tuttavia rimane più di un interrogativo a proposito di oggetti che ci sono giunti privi di qualsiasi indicazione di data o di paternità, e di cui occorre recuperare le precise coordinate storiche; e restano per ora aperti alcuni quesiti sull'intreccio di rapporti fra i diversi scultori-piemontesi, liguri, lombardi-impegnati nel radicale «ammodernamento» del castello e nel cantiere della chiesa di San Vittore. Va però detto che l'analisi non è agevolata dalle attuali condizioni di accessibilità alla residenza e dalla dispersione di parte delle opere ricordate dalle fonti, e che il quadro degli studi, ormai numerosi, dedicati al primo Ottocento piemontese, non annovera esplorazioni approfondite e ad ampio raggio sulle vicende della scultura presso la corte sabauda nell'arco temporale 1830-1850. Giuseppe Gaggini collaboratore di Palagi Nel corso degli ultimi trent'anni la multiforme attività di Pelagio Palagi nei cantieri decorativi delle residenze sabaude è stata oggetto di accurate ricerche da parte degli storici dell'arte. Il campo di indagine si è andato progressivamente-e proficuamente-estendendo alla schiera di artisti e artigiani chiamati a tradurre in pratica i progetti del bolognese. Enrico Colle ha dedicato nel 1999 uno studio puntuale al cospicuo materiale documentario conservato all'Archiginnasio relativo agli incarichi affidati da Palagi alle maestranze e alle ditte impegnate nell'ammodernamento del Palazzo Reale di Torino e dei castelli di Racconigi e di Pollenzo: ebanisti, bronzisti, indoratori, stuccatori, tappezzieri, pittori su vetro il cui lavoro è predisposto e seguito dall'artista con meticolosa attenzione .2. Sul problema del rapporto fra Palagi e i suoi diversi collaboratori è tornata di recente Anna Maria Matteucci, evidenziando come alla necessità quasi maniacale di controllare l'operato degli ornatisti corrisponda un'indubbia libertà lasciata ai pittori di figura, soprattutto agli allievi Vitale Sala e Carlo Bellosio .3. L'ampio carteggio palagiano all'Archiginnasio comprende molte lettere di Bellosio e numerose altre di Luigi Cinati e di Marc'Antonio Trefogli, pittori lombardi specializzati in ornati delle più svariate tipologie .4. Tutti e tre gli artisti sono chiamati a lavorare nel castello di Pollenzo e dalle loro missive si desumono informazioni di grande utilità per mettere a fuoco la progressione cronologica degli interventi di decorazione. Non meno interessanti sono le 130 lettere di Giuseppe Gaggini conservate nello stesso fondo .5. L'artista genovese, proveniente da una famiglia tradizionalmente rivolta all'attività della scultura, ha in 3.03 3.03.01-Scultore piemontese (?), Busto di Faustina minore, ante 1850, marmo bianco di Carrara, h cm 63. Torino, Museo Civico d'Arte Antica e Palazzo Madama, inv. PM/548; già nella Galleria dei busti, castello di Pollenzo.
Nel giorno dei morti al Camposanto di Torino, in "Gazzetta del Popolo", 1/11/1907, p. 4. 2 Il num... more Nel giorno dei morti al Camposanto di Torino, in "Gazzetta del Popolo", 1/11/1907, p. 4. 2 Il numero della rivista è il settimo dell'anno II° e l'articolo di Thovez è solitamente riferito al 1903, ma i fascicoli de "L'arte decorativa moderna", pubblicata a Torino a partire dal 1902, non uscirono con regolarità; i riscontri sul contenuto dei singoli numeri delle prime annate portano a credere che quello in questione sia in realtà l'ultimo del 1905 (ringrazio Armando Audoli per la precisazione). La fotografia della placchetta è a p. 208.
1. Album A. Studio di imbarcazione con due figure a bordo, matita nera su carta, 00 x 00 mm 1. Al... more 1. Album A. Studio di imbarcazione con due figure a bordo, matita nera su carta, 00 x 00 mm 1. Album A. Study of Boat with two Figures on Board, black pencil on paper, , 00 x 00 mm 2. Album tascabile di Antonio Fontanesi (Album A), 1855 ca., Piacenza, Galleria Ricci Oddi 2. Antonio Fontanesi's pocket-size sketchbook (Album A),
E doardo Rubino non amava parlare di sé e del suo lavoro, ma nel 1912 lasciò che Paolo Cesare Rin... more E doardo Rubino non amava parlare di sé e del suo lavoro, ma nel 1912 lasciò che Paolo Cesare Rinaudo lo intervistasse per conto della rivista «Il Prisma» e gli permise di visitare il suo atelier. Accolto sulla soglia da un «vigoroso e tarchiato» operaio barbuto-quasi «la figura di un ciclope»-il giornalista viene fatto accomodare in un «salottino elegante»: mi ritrovo in una penombra fresca dalle tinte turchine scure; un uscio spalancato di fronte a me mi lascia intravedere, oltre il pesante velluto della portiera, lo studio ridente di luci, soffuso di quel candore che abbaglia e che si riflette dalle nivee statue, di cui è ingombro. Un passo leggero: è Rubino. L'artista in persona fa da cicerone al visitatore, mostrandogli lo studio colmo delle sue opere: "Vuol vedere lo studio?" dice. S'alza per guidarmi colà. Mi avvio con trepidanza; quel gran salone, ridente di luce bianca e vivace, ha attratto finora il mio sguardo, con un senso di malìa acuta e penetrante […] Entriamo. È un'ampia sala quadra, alta, anche elegante. Tutt'intorno statue […]. "Favorisca" e Rubino mi addita il grande studio, il vero studio. È un grandissimo camerone, alto quadro, con grandi lucernarii riparati da velari bianchi: vedo statue dappertutto 1. È questa la prima, suggestiva, descrizione dell'atelier torinese dello scultore, al n. 17 di via Asti, nel quartiere di Borgo Po. Progettato nel 1908 dall'architetto Pietro Fenoglio e costruito su un terreno di proprietà di Rubino all'angolo con via Cardinal Maurizio, il fabbricato accoglieva sia l'abitazione che lo studio dell'artista. Questo occupava l'intero pianterreno dell'edificio ed il grande «casotto a un sol piano» di 52 metri quadrati sul fondo del cortile. I lavori di muratura erano stati avviati prima del dicembre 1908 e due anni più tardi, stando alle indicazioni delle Guide di Torino edite
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