Interviews by Marco Reggio
Intervista a Dawn Prince-Hughes in appendice all'edizione italiana di Songs of The Gorilla Nation... more Intervista a Dawn Prince-Hughes in appendice all'edizione italiana di Songs of The Gorilla Nation (Dawn Prince-Hughes, "Canti della Nazione Gorilla. Il mio viaggio attraverso l'autismo", traduzione di feminoska, a cura di feminoska e M. Reggio, Edizioni degli Animali 2024).
Effimera, 2024
Affettività, monogamia, politica. La necessità di uno sguardo genealogico. Intervista di Marco Re... more Affettività, monogamia, politica. La necessità di uno sguardo genealogico. Intervista di Marco Reggio a Lorenzo Petrachi a partire dal suo libro "Rovine dell'amicizia. Il progetto incompiuto di Michel Foucault" (Orthotes 2022). Marco Reggio intervista l'autore sulle configurazioni in continua trasformazione di affettività e relazioni amorose, sempre legandole al loro senso politico. L'intervista è divisa in due parti.

Mirco Costacurta (a cura di), I tormenti del potere. Ripensare le identità sessuali tra antispecismo e ambientalismo, 2020
Il contributo si propone di indagare il rapporto fra soggettivazione maschile
e diffusione del v... more Il contributo si propone di indagare il rapporto fra soggettivazione maschile
e diffusione del veganismo/vegetarismo. Il rifiuto di cibarsi di corpi
animali ha, infatti, un particolare impatto sia sulla percezione pubblica
dei modelli di maschilità, sia su quella individuale del proprio corpo,
della propria sessualità e del proprio posizionamento in termini di genere
e orientamento sessuale.
In particolare, è centrale la relazione fra consumo di carne e maschilità
“tradizionale”: la dieta carnea può essere considerata come un dispositivo
di riproduzione della norma eterosessuale e, contemporaneamente,
della norma sacrificale. Il gesto di non cibarsi di carne – un gesto ricco di
conseguenze sul corpo e nelle relazioni interpersonali – è dunque oggetto
di uno stigma che, nel caso del veganismo maschile, assume connotazioni
omofobiche e misogine. Le strategie discorsive utilizzate dai maschi
vegan per rispondere alla marginalizzazione, come rilevato da Simonsen,
tendono perlopiù a rafforzare l’eterocentrismo, con l’intento di rassicurare
l’interlocutore sulla conciliabilità del veganismo con i valori dominanti,
a partire dall’eterosessualità obbligatoria e dai ruoli maschili “tradizionali”.
La tesi proposta è che tale intreccio di vegefobia e omofobia sia
riconducibile alla potenzialità di destabilizzazione della maschilità egemone
che il veganismo possiede in quanto tecnologia del sé capace mettere
in discussione contemporaneamente due privilegi, quello di specie e quello di genere, e che l’adesione maschile a una norma sacrificale che
sancisce il privilegio umano di mangiare senza essere mangiati sia collegata
alla norma eterosessuale in quanto dispositivo che attribuisce al
maschio il privilegio di agire la penetrazione senza subirla. Viene abbozzata
una lettura parallela di testi provenienti da due ambiti di pensiero
tradizionalmente distanti, l’ecofemminismo (Plumwood) e la critica
queer antisociale (Bersani), al fine articolare in modo più puntuale alcuni
aspetti del legame fra norma eterosessuale e norma sacrificale.
Intervista a Judith Butler sulla questione animale.
In "Corpi che non contano. Judith Butler e gl... more Intervista a Judith Butler sulla questione animale.
In "Corpi che non contano. Judith Butler e gli animali" (a cura di Massimo Filippi e Marco Reggio), Mimesis, Milano 2015.
Intervista in: Rasmus R. Simonsen, "Manifesto Queer Vegan", Ortica 2014, a cura di M. Filippi e M... more Intervista in: Rasmus R. Simonsen, "Manifesto Queer Vegan", Ortica 2014, a cura di M. Filippi e M. Reggio
Liberazioni n. 27, inverno 2016
Intervista al rifugio per animali "da reddito" Agripunk sulle attività dell'associazione, la resi... more Intervista al rifugio per animali "da reddito" Agripunk sulle attività dell'associazione, la resistenza animale, la "carne felice", la mobilitazione per il vitello Scilla.

AlfaDomenica, Oct 1, 2016
La questione animale è stata a lungo ignorata o liquidata con sufficienza dai movimenti e dal pen... more La questione animale è stata a lungo ignorata o liquidata con sufficienza dai movimenti e dal pensiero critico. Esclusa a vario titolo dall'ambito del politico, ha scontato la sua giovane età, le molte ingenuità con cui si è presentata nel discorso pubblico e, soprattutto, il suo carattere sfuggente. Questo oscuro oggetto (di quale desiderio, poi?) ha infatti preso le forme, via via, di un'istanza morale contro la violenza sui non umani, di una denuncia del sistema di sfruttamento materiale di miliardi di corpi nei mattatoi o negli allevamenti, di una critica al pregiudizio di specie, di una ricerca di nuove forme di relazione fra umani e animali, di un contributo (scomodo) alla critica anticapitalista, all'analisi della bio-tanato-politica o allo smantellamento dei binarismi gerarchizzanti. Il marxismo, in particolare, ha storicamente mostrato ben poca simpatia per chi parlava di quei soggetti che, peraltro, hanno contribuito massicciamente, con i propri corpi, il proprio lavoro e le proprie funzioni riproduttive, alla nascita del capitalismoun fatto, questo, tradito dalla stessa etimologia della parola (da caput, capo di bestiame). Sembra tuttavia che
"Trasformare il maschile" è un testo a più voci sul cambiamento in corso dei "modelli" maschili, ... more "Trasformare il maschile" è un testo a più voci sul cambiamento in corso dei "modelli" maschili, a partire dai temi delle esperienze maschili pedagogiche e di cura. Nell'intervista a uno dei due curatori del volume, vengono affrontati i nodi della narrazione maschile, dell'attività del network Maschile Plurale, del genere come questione pedagogica, delle intersezioni fra critica del virilismo e critica dello sfruttamento degli animali non umani.
Intervista a David Del Principe, curatore del numero speciale di Gothic Studies sull'ecogotico. U... more Intervista a David Del Principe, curatore del numero speciale di Gothic Studies sull'ecogotico. Una lettura del testo di Bram Stoker che intreccia questione animale, questioni di genere e colonialismo britannico prendendo le mosse dalla centralità dell'alimentazione nel romanzo.
Liberazioni n. 14, autunno 2013
Intervista ad Annamaria Rivera sul suo libro "La bella, la bestia e l'umano. Sessismo e razzismo ... more Intervista ad Annamaria Rivera sul suo libro "La bella, la bestia e l'umano. Sessismo e razzismo senza escludere lo specismo", Ediesse, Roma 2010. L'articolo è stato pubblicato su "Liberazioni. Rivista di critica antispecista", n. 14, autunno 2013.
Papers by Marco Reggio
Queer in Italia, vol. 2, 2025
Contributo per "Queer in Italia", volume 2, a cura di Marco Pustianaz, ETS 2025
Contribution to ... more Contributo per "Queer in Italia", volume 2, a cura di Marco Pustianaz, ETS 2025
Contribution to "Queer in Italia", vol. 2, Marco Pustianaz (ed.), ETS, 2025.
Attraverso lo specchio: dal sistema-mondo ai pluriversi animali. Introduzione a L. Fernandez Aguilera, "Mondi animali", 2024
Introduzione di feminoska e M. Reggio a: Laura Fernández Aguilera, "Mondi animali. Corpi non uma... more Introduzione di feminoska e M. Reggio a: Laura Fernández Aguilera, "Mondi animali. Corpi non umani e binarismo ontologico", ombre corte, 2024 (trad. it. di feminoska).
Introduzione dei curatori/trici a: Dawn Prince-Hughes, Canti della Nazione Gorilla. Il mio viaggi... more Introduzione dei curatori/trici a: Dawn Prince-Hughes, Canti della Nazione Gorilla. Il mio viaggio attraverso l'autismo. Edizione italiana a cura di feminoska e M. Reggio. Traduzione dall'inglese di feminoska. Edizioni degli Animali, 2024.
Animal Studies, 2023
L'articolo discute i concetti di "selvatico", "ferale" e "domestico", in riferimento agli orsi tr... more L'articolo discute i concetti di "selvatico", "ferale" e "domestico", in riferimento agli orsi trentini e alle lotte antispeciste contro la loro reclusione e uccisione condotte dall'amministrazione locale. Tali concetti vengono esplorati utilizzando il lavoro di Jack Halberstam sulla wilderness, quello di Donaldson e Kymlicka, gli studi sulla resistenza animale e sui nessi fra abilismo e specismo (Sunaura Taylor), mostrando come siano costruiti e molto più porosi di quanto usualmente si pensi.
Lo status biopolitico degli orsi trentini viene quindi esaminato alla luce delle tesi proposte da Fiona Probyn-Rapsey per la rivista Feral Studies.

Minority Reports, 2023
Il contributo indaga, a partire dal testo di Sunaura Taylor Bestie da soma (2021), alcuni nessi f... more Il contributo indaga, a partire dal testo di Sunaura Taylor Bestie da soma (2021), alcuni nessi fra animalizzazione e disabilizzazione nella costruzione della mostruosità. Taylor muove sia dalla propria esperienza personale che dalla ricostruzione di casi storici di “freak”, per far emergere l’imbricamento di animalità, disabilità e razza.
Il contributo si concentra sulla costruzione dell’animalità come alterità mostruosa e sull’assegnazione di uno statuto eccezionale alla postura eretta, che riassume una serie di dicotomie che si tengono insieme all’insegna della mostruosità: quella fra homo sapiens e altre specie animali (segnatamente, scimmie); quella fra umani in grado di deambulare su due gambe e umani disabili; quella fra “civilizzati” e “primitivi”.
La prima si è sviluppata negli ultimi due secoli nell’ambito delle scienze naturali umane (Corbey 2005), e si è costituita parallelamente al concetto de “l’Animale”, il cui carattere di generalizzazione ideologica è stato denunciato da Jacques Derrida (2006). La seconda e la terza originano nello stesso periodo. L’ipotesi esplorata è che questi tre aspetti non possano esistere separatamente e siano responsabili dei rispettivi binarismi gerarchizzanti.
Quaderni della decrescita, Jan 1, 2024
Dopo aver richiamato gli eventi che hanno portato allo sgombero del presidio al rifu... more Dopo aver richiamato gli eventi che hanno portato allo sgombero del presidio al rifugio Cuori Liberi di Sairano (Pavia) con l’uccisione dei maiali lo scorso 20 settembre, ricostruiamo brevemente il contesto degli interessi economici e politici in cui sono maturati i fatti. Successivamente, esaminiamo alcuni punti significativi delle successive mobilitazioni animaliste e antispeciste, per approfondire infine le caratteristiche principali e il ruolo dei rifugi per animali cosiddetti “da reddito” nel movimento di liberazione animale italiano e nelle lotte per i diritti animali.

Animal Studies, 2022
Nel 1998, la sociologa e attivista per i diritti delle persone autistiche Judy Singer conia il te... more Nel 1998, la sociologa e attivista per i diritti delle persone autistiche Judy Singer conia il termine «neurodiversità». Con questo neologismo, viene inquadrato in una prospettiva politica ciò che fino a quel momento era sostanzialmente un oggetto medico, l’autismo (e altre forme di differenza neurologica): «il neurologicamente differente rappresenta una nuova voce da aggiungere alle categorie politiche familiari di classe/ genere/ razza e un’integrazione del modello sociale della disabilità». Più recentemente, Singer ha associato il concetto di «neurodiversità» a quello di «biodiversità», per sottolineare il carattere non assiologico del termine.
Sebbene vi siano diversi esempi nella letteratura autistica, prenderò in esame in particolare quello di Dawn Prince-Hughes, antropologa e primatologa austistica che ha lavorato per diversi anni con un gruppo di gorilla in cattività dello zoo di Seattle. Il testo che raccoglie alcune delle sue osservazioni su tali animali, Songs of the Gorilla Nation, può essere considerato un classico esempio del sottogenere letterario delle “autibiographies”, poiché l’autrice ripercorre la propria vita, dall’infanzia fino all’età adulta, raccontando l’emergere della consapevolezza della propria neuroaticipità e l’apprendimento di una serie di competenze sociali tramite il rapporto con il gruppo di gorilla.
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Interviews by Marco Reggio
e diffusione del veganismo/vegetarismo. Il rifiuto di cibarsi di corpi
animali ha, infatti, un particolare impatto sia sulla percezione pubblica
dei modelli di maschilità, sia su quella individuale del proprio corpo,
della propria sessualità e del proprio posizionamento in termini di genere
e orientamento sessuale.
In particolare, è centrale la relazione fra consumo di carne e maschilità
“tradizionale”: la dieta carnea può essere considerata come un dispositivo
di riproduzione della norma eterosessuale e, contemporaneamente,
della norma sacrificale. Il gesto di non cibarsi di carne – un gesto ricco di
conseguenze sul corpo e nelle relazioni interpersonali – è dunque oggetto
di uno stigma che, nel caso del veganismo maschile, assume connotazioni
omofobiche e misogine. Le strategie discorsive utilizzate dai maschi
vegan per rispondere alla marginalizzazione, come rilevato da Simonsen,
tendono perlopiù a rafforzare l’eterocentrismo, con l’intento di rassicurare
l’interlocutore sulla conciliabilità del veganismo con i valori dominanti,
a partire dall’eterosessualità obbligatoria e dai ruoli maschili “tradizionali”.
La tesi proposta è che tale intreccio di vegefobia e omofobia sia
riconducibile alla potenzialità di destabilizzazione della maschilità egemone
che il veganismo possiede in quanto tecnologia del sé capace mettere
in discussione contemporaneamente due privilegi, quello di specie e quello di genere, e che l’adesione maschile a una norma sacrificale che
sancisce il privilegio umano di mangiare senza essere mangiati sia collegata
alla norma eterosessuale in quanto dispositivo che attribuisce al
maschio il privilegio di agire la penetrazione senza subirla. Viene abbozzata
una lettura parallela di testi provenienti da due ambiti di pensiero
tradizionalmente distanti, l’ecofemminismo (Plumwood) e la critica
queer antisociale (Bersani), al fine articolare in modo più puntuale alcuni
aspetti del legame fra norma eterosessuale e norma sacrificale.
In "Corpi che non contano. Judith Butler e gli animali" (a cura di Massimo Filippi e Marco Reggio), Mimesis, Milano 2015.
Papers by Marco Reggio
Contribution to "Queer in Italia", vol. 2, Marco Pustianaz (ed.), ETS, 2025.
Lo status biopolitico degli orsi trentini viene quindi esaminato alla luce delle tesi proposte da Fiona Probyn-Rapsey per la rivista Feral Studies.
Il contributo si concentra sulla costruzione dell’animalità come alterità mostruosa e sull’assegnazione di uno statuto eccezionale alla postura eretta, che riassume una serie di dicotomie che si tengono insieme all’insegna della mostruosità: quella fra homo sapiens e altre specie animali (segnatamente, scimmie); quella fra umani in grado di deambulare su due gambe e umani disabili; quella fra “civilizzati” e “primitivi”.
La prima si è sviluppata negli ultimi due secoli nell’ambito delle scienze naturali umane (Corbey 2005), e si è costituita parallelamente al concetto de “l’Animale”, il cui carattere di generalizzazione ideologica è stato denunciato da Jacques Derrida (2006). La seconda e la terza originano nello stesso periodo. L’ipotesi esplorata è che questi tre aspetti non possano esistere separatamente e siano responsabili dei rispettivi binarismi gerarchizzanti.
Sebbene vi siano diversi esempi nella letteratura autistica, prenderò in esame in particolare quello di Dawn Prince-Hughes, antropologa e primatologa austistica che ha lavorato per diversi anni con un gruppo di gorilla in cattività dello zoo di Seattle. Il testo che raccoglie alcune delle sue osservazioni su tali animali, Songs of the Gorilla Nation, può essere considerato un classico esempio del sottogenere letterario delle “autibiographies”, poiché l’autrice ripercorre la propria vita, dall’infanzia fino all’età adulta, raccontando l’emergere della consapevolezza della propria neuroaticipità e l’apprendimento di una serie di competenze sociali tramite il rapporto con il gruppo di gorilla.
e diffusione del veganismo/vegetarismo. Il rifiuto di cibarsi di corpi
animali ha, infatti, un particolare impatto sia sulla percezione pubblica
dei modelli di maschilità, sia su quella individuale del proprio corpo,
della propria sessualità e del proprio posizionamento in termini di genere
e orientamento sessuale.
In particolare, è centrale la relazione fra consumo di carne e maschilità
“tradizionale”: la dieta carnea può essere considerata come un dispositivo
di riproduzione della norma eterosessuale e, contemporaneamente,
della norma sacrificale. Il gesto di non cibarsi di carne – un gesto ricco di
conseguenze sul corpo e nelle relazioni interpersonali – è dunque oggetto
di uno stigma che, nel caso del veganismo maschile, assume connotazioni
omofobiche e misogine. Le strategie discorsive utilizzate dai maschi
vegan per rispondere alla marginalizzazione, come rilevato da Simonsen,
tendono perlopiù a rafforzare l’eterocentrismo, con l’intento di rassicurare
l’interlocutore sulla conciliabilità del veganismo con i valori dominanti,
a partire dall’eterosessualità obbligatoria e dai ruoli maschili “tradizionali”.
La tesi proposta è che tale intreccio di vegefobia e omofobia sia
riconducibile alla potenzialità di destabilizzazione della maschilità egemone
che il veganismo possiede in quanto tecnologia del sé capace mettere
in discussione contemporaneamente due privilegi, quello di specie e quello di genere, e che l’adesione maschile a una norma sacrificale che
sancisce il privilegio umano di mangiare senza essere mangiati sia collegata
alla norma eterosessuale in quanto dispositivo che attribuisce al
maschio il privilegio di agire la penetrazione senza subirla. Viene abbozzata
una lettura parallela di testi provenienti da due ambiti di pensiero
tradizionalmente distanti, l’ecofemminismo (Plumwood) e la critica
queer antisociale (Bersani), al fine articolare in modo più puntuale alcuni
aspetti del legame fra norma eterosessuale e norma sacrificale.
In "Corpi che non contano. Judith Butler e gli animali" (a cura di Massimo Filippi e Marco Reggio), Mimesis, Milano 2015.
Contribution to "Queer in Italia", vol. 2, Marco Pustianaz (ed.), ETS, 2025.
Lo status biopolitico degli orsi trentini viene quindi esaminato alla luce delle tesi proposte da Fiona Probyn-Rapsey per la rivista Feral Studies.
Il contributo si concentra sulla costruzione dell’animalità come alterità mostruosa e sull’assegnazione di uno statuto eccezionale alla postura eretta, che riassume una serie di dicotomie che si tengono insieme all’insegna della mostruosità: quella fra homo sapiens e altre specie animali (segnatamente, scimmie); quella fra umani in grado di deambulare su due gambe e umani disabili; quella fra “civilizzati” e “primitivi”.
La prima si è sviluppata negli ultimi due secoli nell’ambito delle scienze naturali umane (Corbey 2005), e si è costituita parallelamente al concetto de “l’Animale”, il cui carattere di generalizzazione ideologica è stato denunciato da Jacques Derrida (2006). La seconda e la terza originano nello stesso periodo. L’ipotesi esplorata è che questi tre aspetti non possano esistere separatamente e siano responsabili dei rispettivi binarismi gerarchizzanti.
Sebbene vi siano diversi esempi nella letteratura autistica, prenderò in esame in particolare quello di Dawn Prince-Hughes, antropologa e primatologa austistica che ha lavorato per diversi anni con un gruppo di gorilla in cattività dello zoo di Seattle. Il testo che raccoglie alcune delle sue osservazioni su tali animali, Songs of the Gorilla Nation, può essere considerato un classico esempio del sottogenere letterario delle “autibiographies”, poiché l’autrice ripercorre la propria vita, dall’infanzia fino all’età adulta, raccontando l’emergere della consapevolezza della propria neuroaticipità e l’apprendimento di una serie di competenze sociali tramite il rapporto con il gruppo di gorilla.
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En particular, es central la relación entre el consumo de carne y la masculinidad "tradicional", entre la norma sacrificial y la norma heterosexual. La dieta de carne, cuya asociación a la virilidad ha sido detectada y documentada por varias autoras ecofeministas, puede de hecho ser considerada como un dispositivo para reproducir la norma heterosexual y, al mismo tiempo, la norma sacrificial. El gesto de no alimentarse de carne -un gesto lleno de consecuencias para el cuerpo y las relaciones interpersonales- es, por lo tanto, objeto de estigma, un estigma que, en el caso del veganismo masculino, adquiere tintes homófobas y misóginas. El artículo, a través de un estudio sobre las estrategias de respuesta de los veganos a las acusaciones de baja virilidad u homosexualidad, propone sugerir el desarrollo de estrategias discursivas alternativas capaces de desafiar simultáneamente al antropocentrismo y al heterocentrismo.
The present paper aims to investigate the relationship between male subjectivation and the diffusion of veganism / vegetarianism as a food practice, a style of consumption and a political issue. In fact, the refusal to eat animal bodies (or products derived from the exploitation of such bodies) has a particular impact both on the public perception of masculine models, and on the individual perception of one’s own body, sexuality and positioning in terms of gender and sexual orientation.
Particularly, the relationship between meat consumption and “traditional” masculinity, between sacrificial norm and heterosexual norm, is central. The meat-based diet, whose association to virility has been detected and documented by various ecofeminist authors, can be considered as a device for reproducing the heterosexual norm and, at the same time, the sacrificial norm. The gesture of not feeding on meat – a gesture full of consequences on the body and in interpersonal relationships - is therefore the object of stigma, a stigma that, in the case of male veganism, assumes homophobic and misogynistic connotations. Through a survey on the response strategies of vegans to accusations of low virility or homosexuality, I propose the development of alternative discursive strategies that can be able to simultaneously challenge anthropocentrism and heterocentrism.
Il presente contributo prende in esame una delle tante iniziative in tal senso, per far emergere le strategie retoriche e politiche di sterilizzazione
del “virus” della liberazione animale. Come si vedrà, il caso discusso è
stato scelto in virtù del suo carattere paradigmatico e di una sua peculiarità consistente nel coinvolgimento diretto di soggetti “animalisti”.
Il recente libro di Massimo Filippi (Questioni di specie, elèuthera 2017), riassumendo gli ultimi anni di riflessione dell’autore e i principali contributi dei Critical Animal Studies con un linguaggio “per non addetti ai lavori”, suggerisce alcune risposte, elaborando gli strumenti concettuali necessari a inquadrare in modo politico l’antropocentrismo, l’antispecismo e le stesse narrazioni tossiche prodotte dalle destre sul tema.
Nell’ormai classico Tools for Conviviality, Ivan Illich definisce la
convivialità come il contrario della produttività industriale:
"Il rapporto industriale è riflesso condizionato, risposta stereotipa dell’individuo ai messaggi emessi da un altro utente, che egli non conoscerà mai [...]; il rapporto conviviale, sempre nuovo, è opera di persone che partecipano alla creazione della vita sociale".
Questa formulazione, benché antropocentrica, lascia aperta la possibilità di essere sconvolta da una ridefinizione di chi è persona. E se la vita sociale fosse creata, oltre che dagli umani, anche da altri animali,
come i gatti, i cani e i gabbiani?
Il racconto del soggiorno di un’antropologa antispecista, Annamaria
Rivera, nella città di Essaouira in Marocco restituisce l’affascinante
(e perturbante) senso di un luogo in cui è possibile prendere parte a
una vita in comune al di là della specie.
Oggi l’essere vegan è ormai abbastanza sdoganato. E grazie anche al vegan washing le corsie di molti supermercati, e non solo, abbondano di prodotti in linea con questa scelta etica. Eppure, allo stesso tempo, spesso le persone vegan si ritrovano nella posizione di essere criticate e di subire veri e propri episodi di vegefobia. Com’è possibile che coesistano questi due differenti atteggiamenti?
Marco Reggio partendo proprio dalle basi storiche del veganismo e da un’analisi della situazione attuale ci porta al cuore della questione. Esistono molti modi di essere vegan, il veganismo può essere apolitico, normalizzante e rassicurante, oppure, al contrario, politicizzato. Una visione del mondo che mira a sovvertire i rapporti violenti fra le specie, appunto antispecista. L’antispecismo è un movimento per l’abolizione dello sfruttamento animale, una filosofia che promuove un ideale di eguaglianza radicale fra tutti gli animali, compresi gli animali umani. Questo significa che in quanto tale dovrebbe anche essere sensibile alle lotte contro le oppressioni che si manifestano all’interno della nostra specie e quindi applicare anche in questo ambito un’ottica transfemminista, queer e decoloniale. L’antispecismo è intrinsecamente intersezionale e non può che essere contro ogni forma di razzismo, di abilismo, e profondamente anticapitalista.
di feminoska e M. Reggio
Introduzione all'edizione italiana di "Beasts of Burden. Disability and Animal Liberation", Sunaura Taylor ("Bestie da soma. Disabilità e liberazione animale", trad. it. di feminoska, a cura di feminoska e M. Reggio, 2021, Edizioni degli Animali)
Per rispondere rifiutando le soluzioni riduzionistiche è necessario uno sguardo situato. Marco Reggio muove da episodi problematici del proprio attivismo nel movimento di liberazione animale e, con una serie di incursioni fra testi letterari, studi decoloniali, teorie queer e critical animal studies, affronta questi temi da un punto di vista antispecista che accetta l’imbarazzo e lo smarrimento come forme legittime di interpellazione politica.
Aim of the chapter is to discuss stories of rebellious animals, and suggest theoretical tools that might be useful to give a non-anthropocentric and non-paternalistic reading. First, moving from a foucauldian perspective on power, animal subjectivation will be analyzed through Judith Butler’s theory of performativity. Furthermore, I will explore the ways in which critical geographies have approached the problem of animal agency and space. Following the work of Sarat Colling, I will examine several ideas from decolonial feminism, particularly valuable for observing the escape of exploited animals in relation to the physical and symbolic spaces which are built on the centrality of the white human subject, and to articulate forms of intersectional solidarity. Finally, I will outline a discussion of the political problem of “speaking for someone else” in relation to animal liberation movements, to the theme of language and the definition/delimitation of the political sphere.
In particolare, è centrale la relazione fra consumo di carne e maschilità
“tradizionale”: la dieta carnea può essere considerata come un dispositivo di riproduzione della norma eterosessuale e, contemporaneamente, della norma sacrificale. Il gesto di non cibarsi di carne – un gesto ricco di conseguenze sul corpo e nelle relazioni interpersonali – è dunque oggetto di uno stigma che, nel caso del veganismo maschile, assume connotazioni omofobiche e misogine. Le strategie discorsive utilizzate dai maschi vegan per rispondere alla marginalizzazione, come rilevato da Simonsen, tendono perlopiù a rafforzare l’eterocentrismo, con l’intento di rassicurare l’interlocutore sulla conciliabilità del veganismo con i valori dominanti, a partire dall’eterosessualità obbligatoria e dai ruoli maschili “tradizionali”.
La tesi proposta è che tale intreccio di vegefobia e omofobia sia
riconducibile alla potenzialità di destabilizzazione della maschilità egemone che il veganismo possiede in quanto tecnologia del sé capace mettere in discussione contemporaneamente due privilegi, quello di specie e quello di genere, e che l’adesione maschile a una norma sacrificale che sancisce il privilegio umano di mangiare senza essere mangiati sia collegata alla norma eterosessuale in quanto dispositivo che attribuisce al maschio il privilegio di agire la penetrazione senza subirla. Viene abbozzata una lettura parallela di testi provenienti da due ambiti di pensiero tradizionalmente distanti, l’ecofemminismo (Plumwood) e la critica queer antisociale (Bersani), al fine articolare in modo più puntuale alcuni aspetti del legame fra norma eterosessuale e norma sacrificale.
È a questa visione “eretica” dell’antispecismo che fa riferimento Simonsen nel suo Manifesto, sostenendo la necessità di sovvertire il significato del termine “vegano” per riportarne alla luce il potenziale straniante, deterritorializzante, perturbante – in una parola, queer –, sbarrando la strada a ogni nostalgico ritorno a una qualche forma di restaurazione, più o meno mascherata, dell’identità. Del resto, il termine “queer” ha una storia politicamente pregnante che mette subito in guardia dalla ricerca maniacale e ossessiva di identità forti, stabili e monolitiche.