Papers by Federica MADONNA

Free Will - Mentalizing: Some Reasons to Consider Them a Single Phenomenon. The "Indeterminist" Point of View
Advances in Social Sciences Research Journal
The following essay aims to provide some arguments in favor of equality of the phenomena of menta... more The following essay aims to provide some arguments in favor of equality of the phenomena of mentalizing and free will; in order to be able to highlight the overlap, therefore, the equality of the phenomena concerned, it is desirable, methodologically, that the three characteristics of mentalizing (the cognitive effort of the self to “understand” the other; the processing time of the message and the presence of the You) be displayed as intrinsic properties to the free will in order to conclude that the field of intersoggetivity is an extension of the investigation of the latter and not a phenomenon in its own right. It will be argued, in fact, that “reading of the mind” is the answer to the accusation made against indeterminists about the physical localisation of causality sui generis. The latter, unduly exploiting the characteristics of mentalizing, would find in the “mind/brain” of the agent its manifestation, masking, however, the fact that the ontological nature of the same menta...
European Journal of Humanities and Social Sciences, Dec 2, 2022
The present work aims to ask the reasons why, de facto, it is difficult to protect future generat... more The present work aims to ask the reasons why, de facto, it is difficult to protect future generations; it would not only be a question of how to safeguard the frail or arrange the protection of the vulnerable, but of trying to provide a moral explanation that fits into the intricate field of intersubjectivity, emphasizing the difficulty of establishing a relational relationship with a You detached from our time and our space: the problem of moral altruism seen from the aspect of mindreading.
La neuroetica. Considerazioni critiche
Medicina e morale, Jul 7, 2022
Un approccio morale alla creatività: l'empatia cognitiva
Un'interpretazione originale del rapporto Leonardo Da Vini - Gioconda

Come la parola stessa introducěre suggerisce, il passaggio dal "non conoscere" al "conoscere" è "... more Come la parola stessa introducěre suggerisce, il passaggio dal "non conoscere" al "conoscere" è "la finalità" delle prime pagine che l'ipotetico lettore incontra. Tra euforia, curiosità e, probabilmente, un po' di scetticismo, l'emozione che ci avvolge quando apriamo un testo, sbirciando tra le pagine nomi, parole o frasi che possano colpirci, trova il suo locus finale nell'Introduzione. Un passaggio difficile che vede protagonisti sia il lettore sia l'autore; un primo incontro in cui si confrontano menti, ambizioni e, soprattutto, aspettative: per l'uno di apprendere; per l'altro di "farsi apprendere". È con questo intento, seppur modesto per l'eventuale qualità del lavoro, che ci si accinge ad introdurre le pagine che seguiranno, tentando di render chiaro quel filo rosso che conduce dal "buio" alla "luce" o, per la sottoscritta, che l'ha condotta dalla "luce" al "buio": un "buio" culturale che evidenzia (laddove non fosse già chiaro) quanto "l'amore per il sapere" sia quella spinta ad apprendere sempre e costantemente ciò che non si conosce. Socrate avrebbe detto io so di non sapere ed è con questa stessa umiltà che il "farsi apprendere" trova qui la sua ratio: nessuna presunzione e nessuna superbia, infatti, hanno accompagnato il percorso che si delineerà, ma solamente la curiosità è stata la compagna di viaggio. Curiosità di capire perché, in che modo e, soprattutto, quando. Andiamo per ordine. Il titolo Empatia e libero arbitrio: un dialogo aperto fra neuroscienze, etica e psicologia evidenzia, in primis, il contesto culturale entro cui gli studi che si leggeranno sono stati condotti; come sul finire dell'Ottocento il Filosofo era anche scienziato, così, oggi, la multidisciplinarità del "sapere" è un requisito sempre più richiesto e necessario per gli studi che interessano ogni ambito della cultura. Una settorializzazione esasperata, infatti, è causa di incomunicabilità: un puzzle, cioè, senza alcun aggancio. Se è vero che nel panorama culturale odierno si protende sempre più verso questa "globalità", mantenendo ben salde le competenze di ognuno senza sopravanzare quelle dell'altro, è pur vero che per arrivare (di nuovo, oserei dire) a tale intento si sono dovute creare le condizioni che lo hanno reso possibile. In particolare, è un fatto noto ed oramai entrato nella memoria collettiva che negli ultimi decenni la tecnologia ha vissuto un 6 incremento delle sue potenzialità e ciò ha comportato uno sviluppo progressivo delle "scienze del cervello" o neuroscienze. Si hanno a disposizione mezzi in grado di constatare con una maggiore precisione, in alcuni casi, o di "vedere", in altri, il cervello umano da una prospettiva diversa, essendo in grado di "intervenirvi" direttamente. Sarebbe stato impensabile, ad esempio, qualche decennio fa, pensare che si sarebbe potuto osservare (con tutte le limitazioni del caso) "il cervello a lavoro" o ragionare su temi prettamente etici dai dati provenienti dalle neuroscienze; in questo senso è da intendersi la "rivoluzione concettuale" e culturale dell'epoca contemporanea. Non si sta esprimendo un giudizio di valore, ma soltanto ponendo l'accento su un "fatto oggettivo" di ciò che sta succedendo nel nostro presente. Una spinta in questa direzione è stata fornita, inconsapevolmente, dai casi di pazienti passati alla storia come split brain, ossia cervello diviso: sul finire degli anni Settanta, infatti, i neuroscienziati Michael Gazzaniga, Roger Sperry et alii, per bloccare gravi attacchi epilettici che rendevano la vita dei pazienti completamente disabilitante, recisero il corpo calloso fra i due emisferi cerebrali, convinti (come di fatto accadrà) che l'interruzione dei canali comunicativi fra questi ultimi avrebbe interrotto i relativi attacchi epilettici. Il lettore informato saprà certamente che i pazienti con split brain, divenuti vere e proprie "superstar" delle neuroscienze, hanno suscitato un intensissimo dibattito (ancora in corso) sullo status della coscienza: date le testimonianze pervenuteci, si lasciava intuire che in tali pazienti oltre ad esser divise le comunicazioni sinaptiche fra i due emisferi si fosse recisa anche la loro capacità di controllare loro stessi o di essere artefici dei propri atti. Sarebbe mancata, vale a dire, tutta quella sfera controversa (e per certi aspetti sfocata), che renderebbe l'essere vivente consapevole di se stesso. Molteplici sono stati gli apporti teorici, le ipotesi, le discussioni che si sono succedute nell'ambito della Filosofia della Mente e non solo, dando origine ad una dicotomia, volendo semplificare al massimo il discorso, sulla natura della coscienza: è "materiale" o "immateriale"? Fondamentalmente, da come si sarà intuito, il problema di scelta fra le due res di cartesiana memoria è rimasto inalterato: cambiano i contesti, ma non i protagonisti. Solo negli ultimissimi anni, nel 2017, lo psicologo statunitense Yair Pinto, operando una serie di test con i pochi pazienti split brain non decimati dal naturale corso della vita, avrebbe fornito dei dati la cui interpretazione andrebbe verso la smentita di quanto Gazzaniga et alii, da quasi quaranta anni, sostengono: l'unità della coscienza. Come sarà facile intuire, tali studi stanno aprendo nuovi scenari e nuovi ordini di problemi; ma, al di là del dibattito che ne è scaturito, è bene notare che entro questo contesto generale i protagonisti della scena restano sempre due: le neuroscienze, da una parte; la riflessione, dall'altra. Ciò, allora, comincia a delineare il senso implicito del titolo in oggetto: essendo il presente un lavoro che pertiene alla riflessione morale (attorniata, come detto, dalla psicologia e dalle neuroscienze), la quale, per sua natura, non può essere avulsa dal contesto e dovendo noi trarre da questa un insegnamento valido ai fini della speculazione, non si poteva prescindere proprio da quel background culturale che ha in parte alimentato ed in parte contenuto il dibattito stesso. Un lavoro, cioè, che con una bibliografia recentissima ed in parte inedita in Italia (si consultino, a tal proposito, il paragrafo 3.3 sulla proposta, di Daniel Batson, i capitoli, rispettivamente, 5 e 8 sulle posizioni di Peter Carruthers ed Eddy Nahmias) tenta di inserirsi in un dibattito attuale, in itinere, per capirne le difficoltà, gli intenti, i problemi e le ragioni. Porre l'accento sulle protagoniste dello "spettacolo", in questo caso ci si riferisce alle neuroscienze, non significa sposare in toto l'accezione più generale dell'eliminativismo o del riduzionismo in genere, secondo cui i fenomeni di un certo livello (la coscienza, la morale, la mente ecc.) sono spiegabili attraverso aspetti di base più semplici tali da far "scomparire" i primi in vista di questi ultimi; il "riduzionismo cattivo", come è stato da molti definito, non è ad avviso della scrivente-un approccio adeguato all'interrogazione del cervello umano, poiché è da considerare che il connubio fra Scienza e Filosofia non è mai stato scevro da diatribe; si dubita che proprio in questi anni, in questo "nuovo" contesto culturale esse possano "andare d'accordo". Laddove, infatti, ciò dovesse accadere significherebbe l'appiattimento e la relativa scomparsa dell'una nell'altra e viceversa. È pur vero, però, che la Scienza tout court ha il compito, per sua natura, di spiegare i fenomeni complessi, tentando di porre l'accento su quelli più semplici che li costituiscono e ciò non significa che questi ultimi, essendo più semplici, abbiano "meno realtà" di quelli più complessi: citando, ad esempio, gli oramai conosciutissimi mirror neurons, non è detto che il meccanismo specchio "sia" l'empatia o che, viceversa, l'empatia non abbia quel meccanismo che comporta la sua stessa esistenza. Come è facile intuire, i tempi del pensiero sono diversi da quelli della Scienza, tanto che se il primo si interroga sulla legittimità dei cambiamenti straordinari che la seconda paventa, la seconda persegue il suo "ideale di scoperta" imperterrita: il problema diviene il prezzo da pagare. 8 Consapevoli del fatto che per natura stessa di un testo quest'ultimo debba rispettare dei crismi per la sua fruizione da parte di un ipotetico lettore e che, ab origine, qualsiasi autore opera delle scelte che reputa necessarie per il raggiungimento del fine propostosi, anche in questo caso il lavoro, per uno o per un altro verso, è frutto di cernite. Veniamo alle scelte sull'empatia. Da come si leggerà nelle pagine successive, parlare di empathy significa, per lo scenario qui brevemente esposto, porre in risalto un dialogo su un campo di indagine che pertenga tanto l'etica quanto le scienze del cervello. Si sta assistendo, però, dagli anni '90 in poi, ad una sorta di "euforia culturale" (se mi si consente l'espressione) che utilizza quale jolly l'importantissima scoperta, ad opera di Rizzolatti, Sinigaglia et alii, dei neuroni specchio per conferire una base neurale alla spiegazione di molteplici fenomeni: dai "meno tangibili" alle malattie meno conosciute. Dall'empatia all'autismo i mirror neurons sono additati come la risposta a qualsiasi problema. Ciò, per molteplici ragioni, non può essere credibile. Quando si studia un fenomeno è dovere dello studioso accorto interrogare il fenomeno stesso sulla sua possibile identità: capirne la natura, le implicazioni, l'idea (per utilizzare un linguaggio platonico) diviene un passo necessario per poter sciogliere, un domani, il dubbio dal quale era partita l'analisi. Se ciò, quindi, pertiene "la buona norma" di qualsiasi ricerca, per la mia personale esperienza è stato complicatissimo capire la natura dell'empatia per la soluzione, avanzata da molti studiosi, sulla sua natura: "empathy è il sistema mirror", non mi convinceva. Non è stato, poi, un particolare testo anziché un altro a farmi trovare quel filo rosso che mi ha, successivamente, permesso di scrivere le pagine che seguono, ma una faticosa costruzione, tassello dopo tassello, di assemblaggio del "mosaico empatia" a farmi capire che,...
Mentalizing: the cognitive aspect of empathy
Journal of Advance Research in Social Science and Humanities (ISSN: 2208-2387), Feb 28, 2019
Quando le Risorse Umane divengono Risorse..."biologiche": alcuni dilemmi etici impliciti nella diagnosi di morte cerebrale
The deliberation in the following paper has the intentional meaning of sparkling or raising a dou... more The deliberation in the following paper has the intentional meaning of sparkling or raising a doubt about the sustainability of the phenomenon known as empathy (from a cognitive point of view), highlighting the primary question in relation to its nature. The main focus will be centered (hopefully!) towards an approach that will take into account thoughts about the issue and the moral responsibility, because there is a belief that understanding the phenomenon cannot be excluded from the issue of freedom 1. This belief, though, will be object, in another context, of further analysis, because, at this moment, it is primarily important to reflect either of the nature of free will and the cognitive empathy.
Mentalizing: from the origins to nowadays. Foreword of Francesco Bellino
Journal of Advances in Social Science and Humanities, 2020
In dealing with the concept of empathy, it is important to note that the conditio sine qua non in... more In dealing with the concept of empathy, it is important to note that the conditio sine qua non in order to be recognised as “mind reading” the presence of an observer and a hypothetical victim who experiences an empathic suffering should be met. As Hoffman[1] teaches us, cognitive empathy does not require a direct observation (therefore, of a co-presence of both actors), but of the cognitive effort of the observer, of the processing time and decoding of themessage; it is no coincidence that the object of cognitive empathy is poetry, books or paintings.
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