Papers by Gianpaolo Serone

Arte Medievale, 2023
Il presente lavoro nasce per approfondire la presenza di un sarcofago etrusco riutilizzato nel ci... more Il presente lavoro nasce per approfondire la presenza di un sarcofago etrusco riutilizzato nel cimitero medievale della cattedrale di S. Lorenzo a Viterbo. Scoperto nel 1998 durante i lavori per la realizzazione del Museo del Colle del Duomo inaugurato nell’anno giubilare 2000, il reperto, riferibile alla tipologia cosiddetta Holztruhen, presenta una copertura
a tetto displuviato la cui parte superiore risulta abrasa. La cassa è molto lineare senza decorazioni con cornici superiori o inferiori. Il sarcofago
è ricavato da un unico blocco di pietra e le uniche lavorazioni risultano essere le specchiature presenti su tutti e quattro i lati che conservano delle tracce di pittura rossa. Il ritrovamento costituisce un unicum
rispetto al resto dei sarcofagi (tutti del tipo a logette) emersi durante gli scavi e la sua antichità e ‘incoerenza’ con il resto del contesto ha indotto ad approfondire lo studio del reperto. L’idea alla base dell’ipotesi qui proposta è che il sarcofago fosse stato recuperato dalle necropoli circostanti il colle del duomo per essere destinato a una sepoltura eminente e da un’analisi più approfondita è stato possibile collocarlo spazialmente in corrispondenza della cappella di S. Protogenio e Compagni che era presente nel transetto destro della chiesa. Come è noto
questa era l’area dove fu sepolto papa Alessandro IV la cui tomba, ritenuta scomparsa, ha alimentato la fantasia di molti ricercatori.
Tramite l’incrocio delle fonti scritte con l’analisi archeologica dell’area cimiteriale e l’analisi architettonica della cattedrale, si è giunti a formulare l’ipotesi, prudenziale e che necessita di ulteriori approfondimenti, che il sarcofago possa effettivamente riferirsi alla sepoltura del pontefice.
NELLA GRAND’AULA DEL PALAGIO..., 2021
Breve storia delle vicende del conclave viterbese (1268-1271)

FRAMMENTI 2015 ANNUARIO di studi storico, artistico e archeologico, 2015
Nell’autunno del 2005 a seguito di ricognizioni effettuate dalla associazione onlus Pro-Ferento, ... more Nell’autunno del 2005 a seguito di ricognizioni effettuate dalla associazione onlus Pro-Ferento, furono individuati nel corso del Fosso Urcionio, due reperti giudicati antichi. Si tratta di due blocchi in “peperino”,
i quali presentano ciascuna su due facce contigue due figure in bassorilievo. La stessa Associazione, avuta autorizzazione al prelevamento dei due reperti, si fece carico del loro trasporta
presso il Museo Nazionale della Rocca Albornoz di Viterbo, luogo in cui si trovano attualmente custoditi all’interno del cortile del palazzo.
Al momento del ritrovamento apparvero varie notizie sui quotidiani locali e oltre alle circostanze e al luogo della “scoperta”, furono avanzate varie ipotesi interpretative sull’apparato figurativo dei due blocchi litici e sulla loro possibile datazione. A nostro parere, il corretto inquadramento dei due reperti, ormai privi di contesto stratigrafico, passa attraverso un’analisi del luogo di rinvenimento.
L'insediamento degli ordini mendicanti a Viterbo, Nov 26, 2020
Nel corso del XIII secolo, la città di Viterbo si espande e definisce i suoi luoghi di potere. Al... more Nel corso del XIII secolo, la città di Viterbo si espande e definisce i suoi luoghi di potere. All'interno di questo processo si inserisce l'arrivo in città degli ordini mendicanti che contribuiranno a modificare e organizzare lo spazio urbano.
Non c'é pace per il vescovo, Sep 1, 2020
Molti luoghi e monumenti di Viterbo conservano la memoria di personaggi ed episodi legati alla Di... more Molti luoghi e monumenti di Viterbo conservano la memoria di personaggi ed episodi legati alla Divina Commedia. La chiesa di
S. Maria in Gradi, oggi dismessa, custodiva il sepolcro di una delle
figure dantesche piú affascinanti e controverse: Ruggieri degli Ubaldini,
l’arcivescovo di Pisa responsabile dell’incarcerazione del
conte Ugolino e dei suoi familiari e perciò condannato da Dante
alla dannazione eterna. Il suo sepolcro venne
distrutto nei restauri del 1734 e, da allora, se ne perse la
memoria fino a quando uno storico viterbese, nel 1926...
Questo lavoro si è focalizzato sull'analisi e sulla lettura archeologica delle mura di cinta del ... more Questo lavoro si è focalizzato sull'analisi e sulla lettura archeologica delle mura di cinta del castello di Bagnaia; ricordato dalle fonti già nel X secolo, esso rappresenta un sito fondamentale per la conoscenza dell'incastellamento di Viterbo ed il territorio circostante.
Books by Gianpaolo Serone

LA CATTEDRALE DI VITERBO RILETTURA DI UN MANUFATTO ARCHITETTONICO, 2021
Il presente lavoro nasce dall’esigenza di chiarire alcuni punti essenziali inerenti la storia edi... more Il presente lavoro nasce dall’esigenza di chiarire alcuni punti essenziali inerenti la storia edilizia della Cattedrale di S. Lorenzo a Viterbo poiché, sebbene indagata, essa presenta ancora degli interrogativi per via di una situazione stratigrafica molto complessa dovuta ai molteplici interventi che hanno interessato la struttura nel corso dei secoli.
Per quanto concerne le fasi più antiche, per le quali sono molto scarse le fonti d’archivio e completamente assenti elementi strutturali, il panorama appare piuttosto confuso anche a causa di una serie di ipotesi e datazioni inesatte avanzate da molti storici ed eruditi locali nella prima metà del Novecento che hanno portato ad una lettura errata delle fasi della struttura. Un caso esemplare è quello riferibile all’abside sinistra (a cornu Epistolae), l’unica delle tre absidi rimasta originale, a lungo erroneamente datata all’Altomedioevo a causa dell’apparecchiatura muraria di cui parleremo e, nonostante lo sforzo profuso da alcuni studiosi per rettificare l’errore, in alcune pubblicazioni recenti appare ancora datata al IX-X secolo.
Anche per i periodi successivi la situazione non è del tutto definita: benché le fonti d’archivio a nostra disposizione divengano molto più numerose, è emersa la necessità di una loro sistemazione tramite l’analisi incrociata delle stesse con gli elementi architettonici e strutturali ancora leggibili che ha portato in alcuni casi a confermare quanto già noto, in altri a modificare quanto si riteneva oramai acquisito sulla storia dell’edificio. Va sottolineato che proprio per i periodi più ricchi di documentazione scritta ci si è spesso imbattuti in varie incongruenze rispetto a quanto si riscontrava nell’analisi del manufatto architettonico come, ad esempio, il rifacimento “totale” della navata centrale eseguito nel XV secolo di cui si parlerà nel testo.
Nella presente pubblicazione si è tentato pertanto di definire le principali fasi costruttive della Cattedrale cercando di far collimare, senza forzature, quanto desunto dalla ricerca documentale con l’osservazione diretta del monumento.
Partendo dalle fonti d’archivio edite e inedite, si è proceduto all’analisi della fabbrica prendendo in considerazione anche le murature e le aperture con l’intento di definirne le relazioni stratigrafiche rispetto alla struttura. Tutto questo ha avuto come fine ultimo quello di raccogliere dati utili a una definizione cronologica sia delle singole parti sia dell’insieme del complesso chiesastico.
19
Per quanto concerne la ricerca d’archivio, oltre ai testi editi, alcuni dei quali come ricordato in precedenza non del tutto attendibili, si sono rivelati fondamentali i documenti inediti e in particolare il manoscritto di Giuseppe Signorelli, Chiese, conventi e confraternite di Viterbo conservato presso la Biblioteca Comunale degli Ardenti, le Sacre visite ed alcuni inventari conservati presso il Ce.Di.Do. (Centro Diocesano di Documentazione per la storia e la cultura religiosa di Viterbo), questi ultimi particolarmente utili per una definizione, anche se parziale, delle cappelle presenti in chiesa prima della loro chiusura nel 1952. Successivamente si è passati all’individuazione, tramite lo studio diretto della struttura, delle fasi costruttive della chiesa. La Cattedrale è stata scomposta in corpi di fabbrica dei quali si è tentato di tracciare le tappe edilizie fondamentali, essenziali per desumerne l’evoluzione architettonica. Ciò ha permesso una suddivisione in fasi che sono state rese visivamente, quando possibile, con la realizzazione di planimetrie. L’analisi è stata integrata anche da alcune considerazioni di carattere critico: in queste pagine viene messa in evidenza una serie di caratteristiche e di considerazioni finora rimaste inedite anche per i motivi accennati sopra.
Infine l’analisi delle murature, eseguita tramite confronti con contesti già studiati o datati grazie alle fonti archivistiche, ha portato, oltre che ad alcune conferme, a nuove definizioni cronologiche dell’edificio. Alcune interessanti considerazioni sul linguaggio utilizzato per il disegno della facciata (che era ancora in cerca di una paternità) concludono il nostro percorso dimostrando, da ultimo, anche l’importanza architettonica del S. Lorenzo di Viterbo per il territorio viterbese e non solo.
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a tetto displuviato la cui parte superiore risulta abrasa. La cassa è molto lineare senza decorazioni con cornici superiori o inferiori. Il sarcofago
è ricavato da un unico blocco di pietra e le uniche lavorazioni risultano essere le specchiature presenti su tutti e quattro i lati che conservano delle tracce di pittura rossa. Il ritrovamento costituisce un unicum
rispetto al resto dei sarcofagi (tutti del tipo a logette) emersi durante gli scavi e la sua antichità e ‘incoerenza’ con il resto del contesto ha indotto ad approfondire lo studio del reperto. L’idea alla base dell’ipotesi qui proposta è che il sarcofago fosse stato recuperato dalle necropoli circostanti il colle del duomo per essere destinato a una sepoltura eminente e da un’analisi più approfondita è stato possibile collocarlo spazialmente in corrispondenza della cappella di S. Protogenio e Compagni che era presente nel transetto destro della chiesa. Come è noto
questa era l’area dove fu sepolto papa Alessandro IV la cui tomba, ritenuta scomparsa, ha alimentato la fantasia di molti ricercatori.
Tramite l’incrocio delle fonti scritte con l’analisi archeologica dell’area cimiteriale e l’analisi architettonica della cattedrale, si è giunti a formulare l’ipotesi, prudenziale e che necessita di ulteriori approfondimenti, che il sarcofago possa effettivamente riferirsi alla sepoltura del pontefice.
i quali presentano ciascuna su due facce contigue due figure in bassorilievo. La stessa Associazione, avuta autorizzazione al prelevamento dei due reperti, si fece carico del loro trasporta
presso il Museo Nazionale della Rocca Albornoz di Viterbo, luogo in cui si trovano attualmente custoditi all’interno del cortile del palazzo.
Al momento del ritrovamento apparvero varie notizie sui quotidiani locali e oltre alle circostanze e al luogo della “scoperta”, furono avanzate varie ipotesi interpretative sull’apparato figurativo dei due blocchi litici e sulla loro possibile datazione. A nostro parere, il corretto inquadramento dei due reperti, ormai privi di contesto stratigrafico, passa attraverso un’analisi del luogo di rinvenimento.
S. Maria in Gradi, oggi dismessa, custodiva il sepolcro di una delle
figure dantesche piú affascinanti e controverse: Ruggieri degli Ubaldini,
l’arcivescovo di Pisa responsabile dell’incarcerazione del
conte Ugolino e dei suoi familiari e perciò condannato da Dante
alla dannazione eterna. Il suo sepolcro venne
distrutto nei restauri del 1734 e, da allora, se ne perse la
memoria fino a quando uno storico viterbese, nel 1926...
Books by Gianpaolo Serone
Per quanto concerne le fasi più antiche, per le quali sono molto scarse le fonti d’archivio e completamente assenti elementi strutturali, il panorama appare piuttosto confuso anche a causa di una serie di ipotesi e datazioni inesatte avanzate da molti storici ed eruditi locali nella prima metà del Novecento che hanno portato ad una lettura errata delle fasi della struttura. Un caso esemplare è quello riferibile all’abside sinistra (a cornu Epistolae), l’unica delle tre absidi rimasta originale, a lungo erroneamente datata all’Altomedioevo a causa dell’apparecchiatura muraria di cui parleremo e, nonostante lo sforzo profuso da alcuni studiosi per rettificare l’errore, in alcune pubblicazioni recenti appare ancora datata al IX-X secolo.
Anche per i periodi successivi la situazione non è del tutto definita: benché le fonti d’archivio a nostra disposizione divengano molto più numerose, è emersa la necessità di una loro sistemazione tramite l’analisi incrociata delle stesse con gli elementi architettonici e strutturali ancora leggibili che ha portato in alcuni casi a confermare quanto già noto, in altri a modificare quanto si riteneva oramai acquisito sulla storia dell’edificio. Va sottolineato che proprio per i periodi più ricchi di documentazione scritta ci si è spesso imbattuti in varie incongruenze rispetto a quanto si riscontrava nell’analisi del manufatto architettonico come, ad esempio, il rifacimento “totale” della navata centrale eseguito nel XV secolo di cui si parlerà nel testo.
Nella presente pubblicazione si è tentato pertanto di definire le principali fasi costruttive della Cattedrale cercando di far collimare, senza forzature, quanto desunto dalla ricerca documentale con l’osservazione diretta del monumento.
Partendo dalle fonti d’archivio edite e inedite, si è proceduto all’analisi della fabbrica prendendo in considerazione anche le murature e le aperture con l’intento di definirne le relazioni stratigrafiche rispetto alla struttura. Tutto questo ha avuto come fine ultimo quello di raccogliere dati utili a una definizione cronologica sia delle singole parti sia dell’insieme del complesso chiesastico.
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Per quanto concerne la ricerca d’archivio, oltre ai testi editi, alcuni dei quali come ricordato in precedenza non del tutto attendibili, si sono rivelati fondamentali i documenti inediti e in particolare il manoscritto di Giuseppe Signorelli, Chiese, conventi e confraternite di Viterbo conservato presso la Biblioteca Comunale degli Ardenti, le Sacre visite ed alcuni inventari conservati presso il Ce.Di.Do. (Centro Diocesano di Documentazione per la storia e la cultura religiosa di Viterbo), questi ultimi particolarmente utili per una definizione, anche se parziale, delle cappelle presenti in chiesa prima della loro chiusura nel 1952. Successivamente si è passati all’individuazione, tramite lo studio diretto della struttura, delle fasi costruttive della chiesa. La Cattedrale è stata scomposta in corpi di fabbrica dei quali si è tentato di tracciare le tappe edilizie fondamentali, essenziali per desumerne l’evoluzione architettonica. Ciò ha permesso una suddivisione in fasi che sono state rese visivamente, quando possibile, con la realizzazione di planimetrie. L’analisi è stata integrata anche da alcune considerazioni di carattere critico: in queste pagine viene messa in evidenza una serie di caratteristiche e di considerazioni finora rimaste inedite anche per i motivi accennati sopra.
Infine l’analisi delle murature, eseguita tramite confronti con contesti già studiati o datati grazie alle fonti archivistiche, ha portato, oltre che ad alcune conferme, a nuove definizioni cronologiche dell’edificio. Alcune interessanti considerazioni sul linguaggio utilizzato per il disegno della facciata (che era ancora in cerca di una paternità) concludono il nostro percorso dimostrando, da ultimo, anche l’importanza architettonica del S. Lorenzo di Viterbo per il territorio viterbese e non solo.
a tetto displuviato la cui parte superiore risulta abrasa. La cassa è molto lineare senza decorazioni con cornici superiori o inferiori. Il sarcofago
è ricavato da un unico blocco di pietra e le uniche lavorazioni risultano essere le specchiature presenti su tutti e quattro i lati che conservano delle tracce di pittura rossa. Il ritrovamento costituisce un unicum
rispetto al resto dei sarcofagi (tutti del tipo a logette) emersi durante gli scavi e la sua antichità e ‘incoerenza’ con il resto del contesto ha indotto ad approfondire lo studio del reperto. L’idea alla base dell’ipotesi qui proposta è che il sarcofago fosse stato recuperato dalle necropoli circostanti il colle del duomo per essere destinato a una sepoltura eminente e da un’analisi più approfondita è stato possibile collocarlo spazialmente in corrispondenza della cappella di S. Protogenio e Compagni che era presente nel transetto destro della chiesa. Come è noto
questa era l’area dove fu sepolto papa Alessandro IV la cui tomba, ritenuta scomparsa, ha alimentato la fantasia di molti ricercatori.
Tramite l’incrocio delle fonti scritte con l’analisi archeologica dell’area cimiteriale e l’analisi architettonica della cattedrale, si è giunti a formulare l’ipotesi, prudenziale e che necessita di ulteriori approfondimenti, che il sarcofago possa effettivamente riferirsi alla sepoltura del pontefice.
i quali presentano ciascuna su due facce contigue due figure in bassorilievo. La stessa Associazione, avuta autorizzazione al prelevamento dei due reperti, si fece carico del loro trasporta
presso il Museo Nazionale della Rocca Albornoz di Viterbo, luogo in cui si trovano attualmente custoditi all’interno del cortile del palazzo.
Al momento del ritrovamento apparvero varie notizie sui quotidiani locali e oltre alle circostanze e al luogo della “scoperta”, furono avanzate varie ipotesi interpretative sull’apparato figurativo dei due blocchi litici e sulla loro possibile datazione. A nostro parere, il corretto inquadramento dei due reperti, ormai privi di contesto stratigrafico, passa attraverso un’analisi del luogo di rinvenimento.
S. Maria in Gradi, oggi dismessa, custodiva il sepolcro di una delle
figure dantesche piú affascinanti e controverse: Ruggieri degli Ubaldini,
l’arcivescovo di Pisa responsabile dell’incarcerazione del
conte Ugolino e dei suoi familiari e perciò condannato da Dante
alla dannazione eterna. Il suo sepolcro venne
distrutto nei restauri del 1734 e, da allora, se ne perse la
memoria fino a quando uno storico viterbese, nel 1926...
Per quanto concerne le fasi più antiche, per le quali sono molto scarse le fonti d’archivio e completamente assenti elementi strutturali, il panorama appare piuttosto confuso anche a causa di una serie di ipotesi e datazioni inesatte avanzate da molti storici ed eruditi locali nella prima metà del Novecento che hanno portato ad una lettura errata delle fasi della struttura. Un caso esemplare è quello riferibile all’abside sinistra (a cornu Epistolae), l’unica delle tre absidi rimasta originale, a lungo erroneamente datata all’Altomedioevo a causa dell’apparecchiatura muraria di cui parleremo e, nonostante lo sforzo profuso da alcuni studiosi per rettificare l’errore, in alcune pubblicazioni recenti appare ancora datata al IX-X secolo.
Anche per i periodi successivi la situazione non è del tutto definita: benché le fonti d’archivio a nostra disposizione divengano molto più numerose, è emersa la necessità di una loro sistemazione tramite l’analisi incrociata delle stesse con gli elementi architettonici e strutturali ancora leggibili che ha portato in alcuni casi a confermare quanto già noto, in altri a modificare quanto si riteneva oramai acquisito sulla storia dell’edificio. Va sottolineato che proprio per i periodi più ricchi di documentazione scritta ci si è spesso imbattuti in varie incongruenze rispetto a quanto si riscontrava nell’analisi del manufatto architettonico come, ad esempio, il rifacimento “totale” della navata centrale eseguito nel XV secolo di cui si parlerà nel testo.
Nella presente pubblicazione si è tentato pertanto di definire le principali fasi costruttive della Cattedrale cercando di far collimare, senza forzature, quanto desunto dalla ricerca documentale con l’osservazione diretta del monumento.
Partendo dalle fonti d’archivio edite e inedite, si è proceduto all’analisi della fabbrica prendendo in considerazione anche le murature e le aperture con l’intento di definirne le relazioni stratigrafiche rispetto alla struttura. Tutto questo ha avuto come fine ultimo quello di raccogliere dati utili a una definizione cronologica sia delle singole parti sia dell’insieme del complesso chiesastico.
19
Per quanto concerne la ricerca d’archivio, oltre ai testi editi, alcuni dei quali come ricordato in precedenza non del tutto attendibili, si sono rivelati fondamentali i documenti inediti e in particolare il manoscritto di Giuseppe Signorelli, Chiese, conventi e confraternite di Viterbo conservato presso la Biblioteca Comunale degli Ardenti, le Sacre visite ed alcuni inventari conservati presso il Ce.Di.Do. (Centro Diocesano di Documentazione per la storia e la cultura religiosa di Viterbo), questi ultimi particolarmente utili per una definizione, anche se parziale, delle cappelle presenti in chiesa prima della loro chiusura nel 1952. Successivamente si è passati all’individuazione, tramite lo studio diretto della struttura, delle fasi costruttive della chiesa. La Cattedrale è stata scomposta in corpi di fabbrica dei quali si è tentato di tracciare le tappe edilizie fondamentali, essenziali per desumerne l’evoluzione architettonica. Ciò ha permesso una suddivisione in fasi che sono state rese visivamente, quando possibile, con la realizzazione di planimetrie. L’analisi è stata integrata anche da alcune considerazioni di carattere critico: in queste pagine viene messa in evidenza una serie di caratteristiche e di considerazioni finora rimaste inedite anche per i motivi accennati sopra.
Infine l’analisi delle murature, eseguita tramite confronti con contesti già studiati o datati grazie alle fonti archivistiche, ha portato, oltre che ad alcune conferme, a nuove definizioni cronologiche dell’edificio. Alcune interessanti considerazioni sul linguaggio utilizzato per il disegno della facciata (che era ancora in cerca di una paternità) concludono il nostro percorso dimostrando, da ultimo, anche l’importanza architettonica del S. Lorenzo di Viterbo per il territorio viterbese e non solo.