GEAM Geoingegneria Ambientale e Mineraria, Rivista dell’Associazione Georisorse e Ambiente, Aug 1, 2011
L'articolo illustra lo stato dell'arte delle conoscenze sul riutilizzo dei sottoprodotti derivant... more L'articolo illustra lo stato dell'arte delle conoscenze sul riutilizzo dei sottoprodotti derivanti dall'estrazione e lavorazione della "Pietra di Luserna" (Piemonte). Dopo un esame degli studi esistenti (recenti e passati), si descrivono in dettaglio i progetti svolti dal CTG Italcementi Group, concentrandosi sulle prospettive industriali a breve e medio termine. In particolare vengono discussi i risultati degli studi più recenti e dei test condotti con il supporto della fi liale Calcestruzzi Spa: tali studi sono principalmente mirati alla valutazione tecnico-economica del riutilizzo dei sottoprodotti litoidi nel processo di produzione industriale di aggregati per calcestruzzo. Recentemente una prova di frantumazione è stata realizzata presso l'impianto Cava Monviso di Casalgrasso (Cuneo), trattando 110 tonnellate di residui di pietra prelevati dalla zona Galiverga a Bagnolo Piemonte (Cuneo). Gli aggregati ottenuti sono stati vagliati secondo le tipiche classi granulometriche e testati secondo la norma UNI EN 12620, al fi ne di valutarne l'idoneità per applicazioni industriali. Parole chiave: aggregati per calcestruzzo, metodo di Rietveld, prove di reologia, residui lapidei, Pietra di Luserna. Reuse of the Luserna Stone by-products as a resource in the construction sector: technologies, environmental and economic sustainability. The paper deals with the stateof-the-art of the know-how related to the re-use of by-products resulting from the quarry exploitation and processing of the "Luserna Stone" (Piedmont). The existing studies and researches done in the past are reviewed, and the projects done at CTG Italcementi Group are described in detail, focusing on the industrial perspectives in the short-medium terms. In particular the results of recent studies and tests done with the support of the subsidiary Calcestruzzi Spa are discussed: these tests mainly deal with a technical-economic assessment for the re-use of stone by-products in the industrial production process of concrete aggregates. Recently a crushing test was done at Cava Monviso plant in Casalgrasso (Cuneo), processing 110 tons of stone wastes extracted from the Galiverga dump area in Bagnolo Piemonte (Cuneo). Aggregates obtained after crushing have been screened according to the typical size classes and evaluated according to the standard UNI EN 12620 in order to evaluate the suitability for industrial applications.
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Papers by Gabriele Vola
Al contrario la Pietra di Perosa, la cui attività estrattiva ebbe inizio a metà Ottocento, è tuttora coltivata, sebbene in quantità piuttosto limitate, in località Bosco del Torno, sul versante destro del torrente Chisone, nel comune di Pomaretto.
Questi materiali presentano numerose similitudini estetico-composizionali e tecnico-applicative, essendo entrambi ortogneiss anfibolico-biotitici di composizione dioritico-granodioritica, intrusi nel Complesso Grafitico Pinerolese dell’Unità Strutturale Dora-Maira (falda Penninica, Alpi Occidentali). Dal punto di vista lito-applicativo, la loro identificazione in opera risulta talvolta difficoltosa, per via di una caratteristica alterazione superficiale.
Nella presente nota, gli autori analizzano le diverse fonti bibliografiche disponibili, sia storiche che scientifiche, per descrivere il loro contesto geologico-strutturale, le principali caratteristiche estetico-composizionali e lito-applicative, la loro ultra secolare attività estrattiva citando, infine, i più significativi esempi di utilizzo in ambito architettonico e monumentale.
Secondo Berti, il mutamento di opinione in merito alla qualifica di marmo statuario, sarebbe legata al fatto che nel Settecento la corte Sabauda accolse preferenzialmente scultori di formazione romana, come Simone Martinez e i fratelli Collino, i quali privilegiavano l’uso del marmo di Carrara, per via della sua maggiore lavorabilità, rispetto al marmo di Rocca Bianca. D’altra parte, lo studio delle fonti archivistiche, coadiuvato da una più approfondita caratterizzazione tecnica dei marmi piemontesi, dimostra che l’abbandono del marmo di Rocca Bianca all’inizio del XVIII secolo coincideva con la scoperta del marmo di Pont Canavese. Quest’ultimo, sebbene di qualità inferiore allo statuario di Carrara, risultava tuttavia più che soddisfacente sia da un punto di vista estetico, che da un punto di vista tecnico e di lavorabilità. Nella seconda metà del Settecento il marmo bianco di Pont si aggiudicò, quindi, il titolo di marmo statuario nell’economia autarchica del Regno Sabaudo a scapito di altri materiali lapidei piemontesi considerati, per ragioni diverse, di qualità tecnica e/o estetica inferiore.
È tuttavia plausibile invocare anche una spiegazione di natura più strettamente geologica per giustificare l’abbandono settecentesco del marmo di San Martino.
Tale abbandono sarebbe legato al progressivo esaurimento del giacimento di Rocca Bianca a cavallo dei secoli XVII-XVIII. Il marmo statuario, privo di difetti strutturali, è stato intensamente coltivato nel corso del Seicento, fino al suo progressivo esaurimento ad inizio del Secolo successivo. Contestualmente a quanto detto, in prossimità del già citato toponimo Crôjouvënt e del cantiere Cabitto, vale a dire in corrispondenza degli affioramenti di marmo bianco, è tuttora in atto una “deformazione gravitativa profonda di versante” (sackung) su scala regionale che si sovrappone ad un già complesso e altrettanto instabile assetto geologico-strutturale polifasico, descritto sinteticamente nellaprima parte di questa nota.
Si ricorda, inoltre, che lo sfruttamento discontinuo del marmo di San Martino è legato alla difficoltosa logistica di accesso alle cave poste in alta quota, all’onerosità di trasporto del marmo a valle e agli ingenti costi di costruzione e di successiva manutenzione delle strade in val Germanasca. Questi aspetti hanno giocato un ruolo determinante nel corso dei secoli, sia per lo sfruttamento del giacimento di Rocca Bianca, che (in modo minore) per quello di Rocca Corba.
Infine, sarebbe interessante verificare se, tra le ragioni che spinsero i Savoia ad attuare la loro crudele e sanguinosa persecuzione contro i valdesi sfociata nei terribili massacri del 1686, vi fosse anche l’intenzione di esercitare un controllo diretto e un maggiore sfruttamento dei giacimenti marmiferi situati in alta val Germanasca, territorio considerato da sempre ostile essendo storicamente popolato dai “barbetti”. Proprio in tal senso, il successivo abbandono delle cave di Rocca Bianca potrebbe essere messo in relazione al fallimento della politica Sabauda e, in particolare, al Glorioso Rimpatrio dei valdesi attuato da Henry Arnaud nel 1689. La possibile relazione tra epopea valdese e attività estrattiva a cavallo tra il XVII ed il XVIII secolo potrebbe costituire, quindi, lo spunto di una più ampia riflessione da affidare agli storici esperti di storia valdese del Seicento.