Papers by Antonetta De Robertis

Arte Lombarda, 2022
This study originates from analysis of a painting signed and dated by Antonius de Lario, a name t... more This study originates from analysis of a painting signed and dated by Antonius de Lario, a name that recalls the presence in Genoa of an altar painting attributed to Antonio da Como. Stylistic analysis seems to confirm identification between the 'two', not otherwise known painters, while iconographic reading allows us to discern an early orientation of Franciscan images towards a manifestation of devout, personal, mysticism. At the same time, it is observed that the increasingly influential brotherhood associations directed their preferences towards artists from the Po Valley, in accordance with the prevailing taste in Liguria at the beginning of the sixteenth century. These choices are at the origin of Antonio da Como's activity (and of an even more mysterious Baptista de Cumo), as well as of the better-known Filippo da Verona. Part of the argument is dedicated to the latter in order to support, through examination of the details, the attribution of several erratic tables preserved in a church in eastern Genoa, once also the site of a secular oratory.
Lo studio ha il suo avvio dal reperimento di una tavola datata e firmata da Antonius de Lario, nome che richiama la presenza a Genova di un dipinto d’altare assegnato ad Antonio da Como. L’analisi stilistica sembra confermare l’identificazione fra i ‘due’, non altrimenti conosciuti pittori, mentre la lettura iconografica permette di individuare il precoce orientarsi dell’immagine francescana verso manifestazioni di devoto, personale, misticismo. In parallelo si osserva come l’incidenza sempre maggiore delle associazioni confraternali indirizzi le preferenze degli associati per artisti di origine padana, in conformità al gusto imperante in Liguria agli inizi del Cinquecento e come tali scelte siano all’origine dell’attività di Antonio da Como (e di un ancor più misterioso Baptista de Cumo), così come del meglio noto Filippo da Verona. A quest’ultimo si dedica una parte dell’argomentazione per sostenere, attraverso la disanima dei dettagli, l’attribuzione di alcune tavole erratiche conservate presso una chiesa del Levante genovese, un tempo anch’essa sede di un oratorio laico.
Ligures, 2018
Committenza e mecenatismo degli aristocratici genovesi fra Genova, Napoli e la Basilicata (Doria,... more Committenza e mecenatismo degli aristocratici genovesi fra Genova, Napoli e la Basilicata (Doria, Pinelli, De Mari)
Società Economica di Chiavari, Atti , 2013
Quaderni di Storia Locale , 2016

Arte cristiana 886, CIII, 2015
39 La confraternita di S. Nicola di S. Ilario conser va, nell'antica sede sulla collina di Nervi,... more 39 La confraternita di S. Nicola di S. Ilario conser va, nell'antica sede sulla collina di Nervi, un pregevole dipinto raffigurante due mezze figure: S. Teresa d'Avila con l'angelo che tiene la freccia (fig. 1). Da subi-to risulta evidente la notevole qua-lità esecutiva della tela, opera di un maestro non certo di secondo piano. Sono infatti particolarmente delicati i passaggi chiaroscurali sui visi della Santa e dell'angelo, le sue grandi ali fioccose; risalta la consi-stenza vaporosa dei capelli morbidi e fluenti del messaggero divino, capelli che sono percorsi da guizzi dorati. Nelle figure e nello sfondo prevalgono i toni bruni e bianchi, ma, al centro della composizione, la serica veste dell'angelo ha una sfu-matura di azzurro che sembra emet-tere propria luminosità. La luce cade dall'alto a sinistra, dà consi-stenza al pesante panneggio del manto di S. Teresa e disegna sul petto del messaggero divino l'ombra del suo braccio sollevato. Si intrave-de una vaga eco berniniana nel viso dolce dell'angelo, nell'abito sottile che gli lascia una spalla scoperta e nel ricadere verso il basso della figu-ra di S. Teresa che sembra come sor-retta dal mediatore celeste. Manca del tutto l'effetto deflagrante dell'e-stasi mistica, le due figure appaiono come consapevoli attori di un even-to vissuto nel silenzio dell'anima, con partecipe consapevolezza. Dato l'atteggiamento composto e quasi reticente dei due personaggi, si direbbe che, anziché il momento della visione estatica, il pittore abbia scelto di raffigurare la premonizio-ne della visione o, comunque, cer-chi di rendere l'esperienza mistica con tono più domestico: l'angelo mostra a Teresa la freccia senza indulgere al gesto di colpire e la Santa china il capo in segno di accettazione. Santa Teresa e l'angelo di Giuseppe Nuvolone e la collezione di Marc'Antonio Grillo seniore Antonetta de Robertis Il dipinto in questione è stato pubblicato quasi contemporanea-mente dall'autrice del presente studio e da Zanelli 1. La scrivente, nella difficoltà di avanzare un'ipotesi attributiva con una base di attendi-bilità e, in considerazione della estrema marginalità territoriale del consorzio confraternale che detiene l'opera, suggerì una generica asse-gnazione a "pittore genovese di buon livello della seconda metà del Seicento". Zanelli propose invece di assegnare l'opera al pittore milane-se Giuseppe Nuvolone. L'ipotesi di Zanelli era fondata su confronti formali e stilistici fra il dipinto in questione e altre opere del Nuvolone; in particolare lo stu-dioso si riferisce alla Visitazione della Pinacoteca Ambrosiana e Abramo e Agar del Museo di Braunschweig. Si ritiene ora che l'acuta perizia attri-butiva di Zanelli abbia solide basi (si fa qui ammenda del giovanile erro-re!) e il caso permette, come si vedrà più avanti, di dare maggiore consistenza alla tesi Giuseppe Nuvo-lone. Sul filo delle affinità formali si pensa però di poter aggiungere, come possibili ulteriori termini di paragone, altre rilevanti imprese pit-toriche del Nuvolone. In primo luogo il S. Francesco in estasi sorretto dagli angeli (fig. 2), in cui i due magnifici angeli hanno caratteristi-che che li avvicinano a quello della S. Teresa, quali le espressioni del viso, le grandi, morbide ali, il tono di indaco chiaro della veste dell'an-gelo di S. Teresa e del turbinante mantello dell'angelo a destra di S.
Uploads
Papers by Antonetta De Robertis
Lo studio ha il suo avvio dal reperimento di una tavola datata e firmata da Antonius de Lario, nome che richiama la presenza a Genova di un dipinto d’altare assegnato ad Antonio da Como. L’analisi stilistica sembra confermare l’identificazione fra i ‘due’, non altrimenti conosciuti pittori, mentre la lettura iconografica permette di individuare il precoce orientarsi dell’immagine francescana verso manifestazioni di devoto, personale, misticismo. In parallelo si osserva come l’incidenza sempre maggiore delle associazioni confraternali indirizzi le preferenze degli associati per artisti di origine padana, in conformità al gusto imperante in Liguria agli inizi del Cinquecento e come tali scelte siano all’origine dell’attività di Antonio da Como (e di un ancor più misterioso Baptista de Cumo), così come del meglio noto Filippo da Verona. A quest’ultimo si dedica una parte dell’argomentazione per sostenere, attraverso la disanima dei dettagli, l’attribuzione di alcune tavole erratiche conservate presso una chiesa del Levante genovese, un tempo anch’essa sede di un oratorio laico.
Lo studio ha il suo avvio dal reperimento di una tavola datata e firmata da Antonius de Lario, nome che richiama la presenza a Genova di un dipinto d’altare assegnato ad Antonio da Como. L’analisi stilistica sembra confermare l’identificazione fra i ‘due’, non altrimenti conosciuti pittori, mentre la lettura iconografica permette di individuare il precoce orientarsi dell’immagine francescana verso manifestazioni di devoto, personale, misticismo. In parallelo si osserva come l’incidenza sempre maggiore delle associazioni confraternali indirizzi le preferenze degli associati per artisti di origine padana, in conformità al gusto imperante in Liguria agli inizi del Cinquecento e come tali scelte siano all’origine dell’attività di Antonio da Como (e di un ancor più misterioso Baptista de Cumo), così come del meglio noto Filippo da Verona. A quest’ultimo si dedica una parte dell’argomentazione per sostenere, attraverso la disanima dei dettagli, l’attribuzione di alcune tavole erratiche conservate presso una chiesa del Levante genovese, un tempo anch’essa sede di un oratorio laico.