Davide Miranda

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Papers by Davide Miranda

La rivisitazione dell’idea di “spirito” nell’antropologia personalistica di Romano Guardini

Alpha Omegan, 2019

Tra "Sé" e alterità: l'Io in relazione in Edith Stein e Gerda Walther

Ciò su cui si cercherà di focalizzarsi in questo lavoro, nel contesto di un confronto tra due fen... more Ciò su cui si cercherà di focalizzarsi in questo lavoro, nel contesto di un confronto tra due fenomenologhe come Edith Stein e Gerda Walther, è l'attenzione sulle modalità per le quali un approccio fenomenologico riferito al tema della persona diviene propedeutico alle considerazioni sulla mistica e sui vissuti riferibili all'apertura intersoggettiva. Vorremmo soprattutto rilevare quanto lo specifico aspetto antropologico realmente decisivo, la cui risoluzione appare fondante nella costituzione dell'esperienza di una trascendenza sia teologico-verticale, che interumano-orizzontale, consista nella specificazione delle dimensioni della persona umana, prestando particolare attenzione al rapporto tra Io e Sé, la loro differenza semantica, nonché le modalità di relazioni e contatto tra essi. La mistica o la telepatia, nella misura in cui sono considerate nella loro essenzialità, sono analizzate nel loro darsi come vissuto, come notato dalla Walther, che di Husserl fu allieva a Friburgo. Utilizzare un approccio fenomenologico al tema della mistica, secondo l'orientamento husserliano, implica per lei che il problema fondamentale da porsi non sia quello di rintracciare una qualunque forma di causalità naturale tesa a spiegare il formarsi dell'esperire. L'approccio fenomenologico mira a considerare ogni fenomeno come originario, non derivato da una causalità, ma alla luce del lavoro di evidenziazione della sua essenza. In lei emerge la necessità che una corretta applicazione del metodo fenomenologico richieda che l'esperienza mistica vada concepita nella sua datità originaria, come un Io ne fa interiormente esperienza, e non come prodotto di una causalità naturalistica, che non potrebbe comprenderne il suo senso essenziale. Ciò che una fenomenologia della mistica non può né vuole produrre è una spiegazione e una ricostruzione delle cause naturali e, dove è possibile-scientifica dei fatti mistici. Se una cosa del

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La fondazione trascendentale dell'empatia in Edith Stein

Questo contributo intende brevemente mettere in luce il modello di analisi dell'empatia compiuta ... more Questo contributo intende brevemente mettere in luce il modello di analisi dell'empatia compiuta in sede fenomenologica da Edith Stein in riferimento alla costituzione di una soggettività trascendentale. Si cercherà di mostrare come un approccio filosofico teso al rinvenimento delle strutture aprioristiche della soggettività non abbia come necessario sbocco una chiusura all'interno dei propri limiti individuali da parte dell'io, bensì permetta di impostare su basi più possibili rigorose e razionali il discorso sull'esperienza dell'alterità, di cui l'Einfühlung, letteralmente "sentire dentro", traducibile in italiano con "empatia" o "entropatia", rappresenta la forma basica e fondante. Da studentessa e allieva di Husserl a Gottinga ella conosceva la collocazione di questo tema all'interno di una generale visione gnoseologica, per la quale l'empatia, la percezione dell' alter ego diveniva fondamento della costituzione di un mondo trascendente, di una realtà non riducibile all'orizzonte percettivo del soggetto individuale. La rilevanza dell'empatia in Husserl si manifestava così nell'essere fattore di superamento di una prospettiva solipsista nella quale ogni oggettività si limitava ad essere contenuto percettivo di una singola coscienza individuale, mentre la percezione di un'altra coscienza, di un altro "punto zero d'orientamento" mostrava la possibilità di ulteriori orizzonti percettivi spaziali rispetto a quelli originariamente percepiti rispetto al singolo soggetto 1. Certamente, in questo contesto l'empatia presentava una rilevanza filosofica enorme, tuttavia mancava una specifica indagine tendente a evidenziare, coerentemente con l'approccio fenomenologico, i caratteri essenziali dell'empatia, ciò che la identifica nella sua peculiarità di vissuto. L'interesse per l'empatia rientra all'interno dell'attenzione fin dagli anni giovanili dalla Stein riservata agli studi psicologici, nonché in generale al tema antropologico della persona umana, costante Leitmotiv di tutta la sua produzione filosofica fino agli ultimi studi sulla mistica. L'individuazione dei caratteri essenziali dell'empatia coincide con l'emersione delle fondamentali dimensioni antropologiche, corporeità, anima, coscienza ecc., dimensioni la cui descrizione sarà poi oggetto di costante approfondimento nei lavori successivi, lavori che dunque possono trarre dall'opera sull'empatia una base teoretica. Nota Caputo come l'antropologia steiniana «parte dalla descrizione fenomenologica delle dimensioni fondamentali di cui l'essere umano è costituito (corpo, psiche, e gli atti ad esso corrispondenti) ed approda all'interiorità, il cui centro è l'io. L'io che si pone in rapporto all'altro»2. Si può affermare che l'interesse per l'empatia riassuma le due principali linee di ricerca steiniana, l'interiorità e le relazioni intersoggettive che da essa sorgono. Scrive Ales Bello che l'empatia per la Stein fosse ciò «che le permetteva di indagare i processi interiori che si verificano nella psiche umana nel rapporto con gli altri»3. L'opera di evidenziazione dell'empatia ha inevitabilmente presupposto l'assunzione di un metodo di ricerca che fosse massima espressione di una razionalità tesa al discernimento dei caratteri necessariamente costitutivi del fenomeno in questione da quelli contingenti. Si è cioè reso necessario porsi nell'ottica di uno sguardo trascendentale, mirante a comprendere il senso universale dell'empatia e della struttura personale soggetto di tale atto di esperienza vissuta, di questo Erleben. In questo contesto va ricondotto l'utilizzo dell'argomento del dubbio, in linea con l'impostazione cartesiana e successivamente husserliana della riduzione trascendentale. Nella dubitalità, cioè nella sfera del contingente, rientrano anche le asserzioni inerenti l'ambito delle scienze naturali e della psicologia positiva, che considera la psiche come un insieme di fatti empirici, relativo a un limitato contesto. Così il metodo fenomenologico non può essere schiacciato sul metodo delle scienze naturali: «Scopo della fenomenologia è la chiarificazione e con ciò l'ultima fondazione di ogni conoscenza. Per raggiungere tale scopo, la fenomenologia esclude dalle sue considerazioni tutto ciò di cui si può dubitare e che può essere in qualche modo eliminato. Pertanto essa non si serve dapprima dei risultati acquisiti da altre scienze; ciò è evidente in quanto in quanto una scienza che vuol essere la chiarificazione ultima di ogni conoscenza scientifica deve fondarsi su se stessa e non su una scienza già esistente»4. Attraverso l'esercizio del dubbio la Stein può distinguere due differenti connotazioni della 1 Cfr. E.Husserl, Méditations cartesiennes (1931), tr. it. di F. Costa Meditazioni cartesiane. Con l'aggiunta dei discorsi parigini, Bompiani, Milano 1989. Milano, 1989. Per quanto riguarda il tema dell'intersoggettività cfr. in particolare la Quinta meditazione.

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La nozione di Io in Edith Stein come incontro tra ontologia ed antropologia

La nozione di Io in Edith Stein come incontro tra ontologia ed antropologia L' obiettivo del pres... more La nozione di Io in Edith Stein come incontro tra ontologia ed antropologia L' obiettivo del presente lavoro è quello di descrivere sinteticamente le linee di ricerca filosofica di Edith Stein nel suo tentativo di recupero di un'ontologia trascendentistica non in opposizione, ma in armonia con l'atteggiamento moderno e quello fenomenologico tesi alla valorizzazione ed all'emersione della dimensione del soggetto ed alla messa tra parentesi di ogni presunzione di legittimità razionale delle verità concepite come separate dalla fenomenicità, cioè dalla relazione realtà-coscienza. Questa messa tra parentesi sembrerebbe escludere la possibilità in sede filosofica di un recupero della dimensione religiosa e metafisica; ma al contrario la Stein riesce a vincolare il discorso sulla possibilità della trascendenza alla relazione con l'analisi antropologica della persona umana, in particolare incentrando quest'analisi sulla centralità del momento dell'Io, dunque sulla realtà più propriamente interiore e spirituale dell'uomo. Richiamandosi alla polemica di S. Agostino con gli accademici sul problema della verità immune dallo scetticismo, per cui "si fallor sum", la Stein individua un livello di unità all'interno dei vissuti psichici, Erlebnisse, ricavabili dal rapporto esperienziale dell'uomo con il mondo, identificabile con l'autoconsapevolezza del soggetto di tali vissuti. L' "Io sono", comprendente l' "Io vivo" e l' "Io penso" è una certezza interiore immediata, ma se proviamo ad oggettivarlo in una riflessione emerge il problema ontologico della definizione dell'essere di questo Io. Le conclusioni sembrano allontanare la possibilità del passaggio, sostenuta da un certo idealismo metafisico, dall'Io come unità dei vissuti personali ad un'Io che si afferma come Essere Assoluto. L'Io non è separabile dai suoi vissuti che si esplicano nella temporalità, la dimensione della finitudine. L'io si attualizza in una molteplicità di stati psichici della propria unità di vissuto, e questi momenti del continuum si succedono l'un l'altro nella temporalità, con la conseguenza che l' "Io sono" vede ogni suo contenuto vitale destinato a trapassare nel nulla. In ogni attualizzarsi dell'Io il presente non è mai vissuto pienamente, ma sempre accompagnato da una parte, dal ricordo del vissuto passato, dall'altra dall'attesa di un vissuto futuro. Da ciò emergono conseguenze ontologiche: il ricordo del passato e l'attesa del futuro rimandano alla dimensione del non-essere. Se l'Essere raggiunge la pienezza di sé nel suo essere pienamente attuale, allora l'essere dell'Io umano non può identificarsi come essere assoluto, bensì come essere contrassegnato dalla temporalità, e dunque dalla caducità di ogni suo contenuto. Da ciò deriva quel sentimento di angoscia, già analizzato in un'ottica molto diversa da Heidegger. Con ciò si delinea l'incolmabile differenza tra l'Essere divino, attualità pienamente realizzata, e essere umano, sintesi di atto e potenza. (…)

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Dall'esistenza alla persona. La riflessione sulla soggettività di Luigi Stefanini

La prospettiva filosofica ispirata all'alveo della metafisica classica di matrice teista di Luigi... more La prospettiva filosofica ispirata all'alveo della metafisica classica di matrice teista di Luigi Stefanini, lungi dal porsi come sterile riproposizione di schemi passati indifferente alla complessità del travaglio speculativo della storia della filosofia occidentale, si è sviluppata nel confronto con la ricca molteplicità degli orientamenti filosofici ad esso contemporanei, traendo da ciascuno di essi positive ispirazioni speculative così come stimoli di riflessione a partire alla luce di dissensi e critiche rivolte a tali orientamenti. L'evoluzione del pensiero di Stefanini mostra tutto ciò nel, piuttosto originale per l'epoca, interesse per gli sviluppi filosofici d'oltralpe come la fenomenologia e l'esistenzialismo. In questo lavoro si cercherà in particolare di presentare a grandi linee le modalità per cui il concetto di "persona", tema centrale del suo pensiero, si sia sviluppato come perfezionamento, al contempo superamento e implicazione, diquello di "esistenza", in particolar modo nella misura in cui questa assume centralità nell'esistenzialismo, di cui Stefanini, pur tenendo ferma la distinzione tra filone ateo e teista, riscontra un tratto unitario nel clima di sfiducia nei confronti della ragione e della logica nella risoluzione di tutto ciò che costituisce l'angoscia e la drammaticità dell'uomo inteso nella sua accezione di concreta singolarità1. Tuttavia, come è inevitabile che sia, il nesso tematico esistenza-persona ha per Stefanini implicato anche un ripensamento critico di orientamenti filosofici molto diversi dall'esistenzialismo ma fondamentali nel contesto storico del novecento italiano in cui egli è vissuto, come l'idealismo, sia di matrice platonica che gentiliana e la neoscolastica, tutti filoni compresenti nella ricchezza e nell'armonicità del personalismo stefaniano, la cui trama seppur brevemente ci apprestiamo a trattare. L'obiettivo di Stefanini appare quello di recuperare una valenza personalistica della razionalità filosofica, che lontana dall'essere vista come modalità di ricerca teoretica tesa solamente a formalizzare, categorizzare, annullare la rilevanza della singolarità individuale, va vista come rinvenimento di principi certi, stabili, universali a partire dai quali considerare una visione del mondo sottintesa alla centralità del valore della persona umana. La combinazione dell'esigenza di "certezza" e di "personalità" appare condurre al recupero di quel carattere, tipicamente, cartesiano, della certezza dell'Io come soggetto dei propri atti, certezza da parte di questo Io come unità e centro di energia rivolto al mondo oggettivo, e da questa accezione di soggettività coincide con l'affermazione della libertà della persona, libertà che trova così nella razionalità non il fattore mortificante, bensì la condizione del proprio disvelamento La prima certezza, a cui le altre sono subordinate, è che io esisto come una fulcro di energia, un principio di attività, che si dispiega di momento in momento in atti molteplici ed esperienze varie, ma senza frantumarsi in questa molteplicità e varietà, anzi trascendendo su di essa nella sua unità indiscussa. Io sono sempre più di tutto quello che penso e faccio e voglio: e perciò divengo, ma senza che il divenire intacchi la mia identità personale. L'identità, infatti, è la proiezione dell'unità sul tempo: e l'identità personale, prima che stampata nei documenti ufficiali che la testificano, è stampata a sì chiare note nella mia coscienza, che di tutto quello che faccio mi sento responsabile e, per scolparmi da una responsabilità, non ho altro mezzo che dimostrare di non essere stato io ad agire, ovvero di non aver agito come io, ma come forza bruta sottomessa alla violenza di altre forze brute2 Emerge qua il nesso libertà-responsabilità che certamente è un concetto centrale di ogni possibile esistenzialismo, comprese le accezioni atee dell'esistenzialismo come quello di Sartre, per il quale la libertà, seppur di per sé intesa come formale, negativa in quanto considerata in contrapposizione a qualunque determinazione positiva del soggetto che vincolerebbe tale libertà ad un contenuto di fatto

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