In Fiamma Chessa - Alberto Ciampi (a cura), «I luoghi del sapere libertario - un percorso di valorizzazione della memoria condivisa», Archivio Famiglia Berneri-Chessa (Reggio Emilia), Centro Studi Storici della Val di Pesa (Firenze), Éditions Anfortas, Sucy-en-Brie (France), 2019.
Il testo di Luigi Botta scandaglia con la dovuta attenzione i contenuti dei faldoni dell'«Archivi... more Il testo di Luigi Botta scandaglia con la dovuta attenzione i contenuti dei faldoni dell'«Archivio Vanzetti» che si conserva presso l'Istituto Storico della Resistenza di Cuneo (pp. 22-27) ed esamina, aggiornandone i contenuti, l'archivio sul caso Sacco e Vanzetti (cartaceo e digitale) che lo stesso conserva e raccoglie – con aggiornamenti quotidiani – ormai da lustri (pp. 27-33).
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Già all’indomani dell’esecuzione un Comitato americano intraprese un’azione che coinvolse non soltanto le forze politiche e sociali, ma sollecitò le espressioni più diverse a dare risposte concrete coi linguaggi più disparati. La scultura fu la prima a rispondere all’appello, seguita dal teatro, dal cinema, dalla letteratura, dalla poesia, dalla pittura, dalla toponomastica, dai comics e da tante altre espressioni culturali, che, prima negli Stati Uniti e poi altrove, diedero lustro alle figure di Nicola e Bartolomeo celebrandone l’immagine.
I documenti, le «carte», rappresentano il trait d’union che attesta le espressioni del coinvolgimento umano. La nascita del Comitato italiano – promosso da Vincenzina Vanzetti con l’obiettivo di ottenere la riabilitazione di Nick e Bart – contribuì poi ad allargare il livello di sensibilizzazione, sollecitando azioni legali e culturali, e restituendo all’Italia quella dignità che il fascismo aveva prepotentemente negato.
Il proclama del Governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, che nel 1977 riconobbe l’errore giudiziario decretando il Sacco & Vanzetti day, non pose fine all’azione di diffusa responsabilizzazione. Che prosegue ancora oggi. In queste pagine si è ricostruito il filo dell’intera storia – dal 1927 in poi – indagando Le carte di Vanzetti, quelle che la famiglia, durante e dopo i tragici fatti degli anni Venti, ha raccolto con passione e zelo, in Italia e altrove, ha conservato e ha infine reso di dominio collettivo, predisponendo così la conoscenza di atti e documenti, indispensabili per la completezza di un’informazione, sul caso, reale ed obiettiva.
È la vita di un grande Uomo, onore e vanto dell’umanità che lotta - con abnegazione e disinteresse personale - per la libertà, per la giustizia, la verità e la tolleranza. È uno straordinario e toccante documento umano e politico, nel quale un uomo, con la prospettiva di una morte per condanna, ripercorre le tappe della propria vita senza trovarvi nulla che giustifichi l’ingiustizia che, insieme a Nicola Sacco, sta patendo: non ha mai rubato, non ha mai ucciso, anzi, ha speso la propria esistenza lottando per condizioni migliori di vita per tutta l’umanità.
Ma Sacco e Vanzetti erano due emigranti, per di più anarchici e italiani.
Solo per questa «colpa» furono condannati a morte e la «civile» America restò sorda a tutti gli appelli che arrivavano da ogni parte del mondo (tranne dall’Italia fascista) per chiedere la revisione del processo e per provare l’estraneità al delitto del quale erano stati accusati e il riconoscimento dell’innocenza dei due lavoratori italiani.
Con cinquant’anni di ritardo, nel 1977, gli Stati Uniti d’America hanno riconosciuto ufficialmente l’errore giudiziario, riabilitando i due anarchici, ritenuti innocenti già all’indomani del processo dai lavoratori di tutto il mondo, che si batterono con passione, rabbia e invincibile speranza per strapparli alle mani assassine del boia.
Una vita proletaria è la vita di un onesto lavoratore che sfida gli Stati Uniti d’America e li mette in ginocchio, anche se alla fine, dopo lunghi anni di lotta e di resistenza, viene ucciso.
Con la loro vicenda, Sacco e Vanzetti hanno segnato una pagina indelebile nella storia degli uomini liberi e - ancora oggi - sono, in tutto il mondo, simboli imperituri della libertà e della giustizia calpestata e negata.
Con l’autobiografia di Vanzetti viene pubblicato anche un raro, inedito e appassionante resoconto dello stesso Vanzetti sui retroscena del processo di Plymouth, tradotto dall’inglese in italiano per la prima volta, insieme alla coraggiosa e avvincente arringa difensiva che lo trasforma da accusato in accusatore. Sono dei documenti di cultura politica, proletaria e rivoluzionaria, della quale Vanzetti non si pente, ma accusa il potere e la giustizia dell’infame persecuzione che lui e il suo compagno di sventura hanno patito solo perché anarchici e italiani. Queste, le loro uniche colpe!
Nel libro, oltre all’arringa difensiva di Nicola Sacco, sono presenti alcune delle ultime e struggenti lettere che i due martiri scrissero dal carcere ai loro compagni e ai loro familiari, nelle quali - come in tutte le azioni della loro vita - continuano a parlare il linguaggio dell’amore, della speranza, dell’anarchia e della libertà.
Volume a cura di Luigi Botta, con la prefazione di Giuseppe Galzerano. La copertina è di Antonio Zuccarello.
Nel Nord America il nucleo che con maggiore attivismo si oppone al richiamo militare ruota intorno al giornale anarchico «Cronaca Sovversiva», un ebdomadario settimanale che si pubblica, prima in Vermont e poi in Massachusetts, a partire dal 1903. Ne è animatore Luigi Galleani, un attivista sovversivo la cui battaglia a tuttotondo contro il potere si esplica nei modi della contesa politica e sociale e con mezzi, se necessari, anche violenti. Il giornale è un riferimento per gli operai italiani ed uno strumento che, attraverso i Circoli di Studi Sociali diffusi sul territorio, entra in contatto con le realtà più umili di tutte quelle città che ospitano i connazionali.
È un veicolo importante che può raggiungere lo scopo. Così allo scoppio della guerra un appello firmato dalle madri di Palermo e pubblicato col titolo «Figli, non tornate!» si trasforma nell'inizio di una battaglia contro la guerra e contro la chiamata alla leva, italiana prima e statunitense poi. Trasformato in manifesto, diffuso ovunque in circa centomila copie, l'appello sollecita alla renitenza e promuove indirettamente la pubblicazione di lettere che, inviate dall'Italia da madri, mogli, sorelle ed amici, trovano spazio sulla «Cronaca Sovversiva», la maggior parte in apposita rubrica titolata «Dalle trincee e dai focolari».
Sono lettere inviate ai familiari oltre Oceano, con molti riferimenti personali e tante notizie sugli sviluppi bellici in Italia. Accomunate quasi tutte da un accorato appello, «costi quel che costi», a rifiutare le subdole lusinghe, a non ritornare in Italia e tenersi lontani dal massacro del fronte orientale. Il libro le raccoglie tutte (sono 233), le ordina, le commenta, indagando, quando possibile, le persone che le hanno spedite, quelle che le hanno ricevute e quelle che le hanno inoltrate al settimanale per la loro pubblicazione.
L'operazione del giornale anarchico dà i suoi frutti. I dati ufficiali indicano in 470.000 (anche se il numero reale viene ovunque indicato come decisamente superiore) le persone che hanno scelto la renitenza, la maggior parte delle quali domiciliate all'estero ed in particolare nell'America del Nord. Di questo atto di disubbidienza ed irriverenza vengono accusati, in particolare, i sovversivi e gli anarchici (che ne sono, di fatto, i responsabili) e, con essi, il loro ebdomadario settimanale «Cronaca Sovversiva». L'«Espionage Act» prima, il «Sedition Act» e l'«Anarchist Exclusion Act» poi, impongono drastiche misure repressive che portano alla chiusura del giornale di Luigi Galleani nel 1918 ed alla sua espulsione dagli Stati Uniti con destinazione Italia, insieme ad altri 36 anarchici, nel 1919, ed alla successiva deportazione, nel 1920, di altri 314 sovversivi e, nel 1921, di ulteriori 446 indesiderati politici, la maggior parte dei quali finiti poi, in patria, al confino forzato.
L’attuale fisionomia del complesso è infatti il risultato dei tanti ampliamenti e rimaneggiamenti operati nel corso dei secoli dai diversi discendenti della dinastia. Di particolare pregio è l’adiacente Chiesa di Santa Maria al Castello, di origine quattrocentesca. È di proprietà del Fai (Fondo Ambiente Italiano).
Già all’indomani dell’esecuzione un Comitato americano intraprese un’azione che coinvolse non soltanto le forze politiche e sociali, ma sollecitò le espressioni più diverse a dare risposte concrete coi linguaggi più disparati. La scultura fu la prima a rispondere all’appello, seguita dal teatro, dal cinema, dalla letteratura, dalla poesia, dalla pittura, dalla toponomastica, dai comics e da tante altre espressioni culturali, che, prima negli Stati Uniti e poi altrove, diedero lustro alle figure di Nicola e Bartolomeo celebrandone l’immagine.
I documenti, le «carte», rappresentano il trait d’union che attesta le espressioni del coinvolgimento umano. La nascita del Comitato italiano – promosso da Vincenzina Vanzetti con l’obiettivo di ottenere la riabilitazione di Nick e Bart – contribuì poi ad allargare il livello di sensibilizzazione, sollecitando azioni legali e culturali, e restituendo all’Italia quella dignità che il fascismo aveva prepotentemente negato.
Il proclama del Governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, che nel 1977 riconobbe l’errore giudiziario decretando il Sacco & Vanzetti day, non pose fine all’azione di diffusa responsabilizzazione. Che prosegue ancora oggi. In queste pagine si è ricostruito il filo dell’intera storia – dal 1927 in poi – indagando Le carte di Vanzetti, quelle che la famiglia, durante e dopo i tragici fatti degli anni Venti, ha raccolto con passione e zelo, in Italia e altrove, ha conservato e ha infine reso di dominio collettivo, predisponendo così la conoscenza di atti e documenti, indispensabili per la completezza di un’informazione, sul caso, reale ed obiettiva.
È la vita di un grande Uomo, onore e vanto dell’umanità che lotta - con abnegazione e disinteresse personale - per la libertà, per la giustizia, la verità e la tolleranza. È uno straordinario e toccante documento umano e politico, nel quale un uomo, con la prospettiva di una morte per condanna, ripercorre le tappe della propria vita senza trovarvi nulla che giustifichi l’ingiustizia che, insieme a Nicola Sacco, sta patendo: non ha mai rubato, non ha mai ucciso, anzi, ha speso la propria esistenza lottando per condizioni migliori di vita per tutta l’umanità.
Ma Sacco e Vanzetti erano due emigranti, per di più anarchici e italiani.
Solo per questa «colpa» furono condannati a morte e la «civile» America restò sorda a tutti gli appelli che arrivavano da ogni parte del mondo (tranne dall’Italia fascista) per chiedere la revisione del processo e per provare l’estraneità al delitto del quale erano stati accusati e il riconoscimento dell’innocenza dei due lavoratori italiani.
Con cinquant’anni di ritardo, nel 1977, gli Stati Uniti d’America hanno riconosciuto ufficialmente l’errore giudiziario, riabilitando i due anarchici, ritenuti innocenti già all’indomani del processo dai lavoratori di tutto il mondo, che si batterono con passione, rabbia e invincibile speranza per strapparli alle mani assassine del boia.
Una vita proletaria è la vita di un onesto lavoratore che sfida gli Stati Uniti d’America e li mette in ginocchio, anche se alla fine, dopo lunghi anni di lotta e di resistenza, viene ucciso.
Con la loro vicenda, Sacco e Vanzetti hanno segnato una pagina indelebile nella storia degli uomini liberi e - ancora oggi - sono, in tutto il mondo, simboli imperituri della libertà e della giustizia calpestata e negata.
Con l’autobiografia di Vanzetti viene pubblicato anche un raro, inedito e appassionante resoconto dello stesso Vanzetti sui retroscena del processo di Plymouth, tradotto dall’inglese in italiano per la prima volta, insieme alla coraggiosa e avvincente arringa difensiva che lo trasforma da accusato in accusatore. Sono dei documenti di cultura politica, proletaria e rivoluzionaria, della quale Vanzetti non si pente, ma accusa il potere e la giustizia dell’infame persecuzione che lui e il suo compagno di sventura hanno patito solo perché anarchici e italiani. Queste, le loro uniche colpe!
Nel libro, oltre all’arringa difensiva di Nicola Sacco, sono presenti alcune delle ultime e struggenti lettere che i due martiri scrissero dal carcere ai loro compagni e ai loro familiari, nelle quali - come in tutte le azioni della loro vita - continuano a parlare il linguaggio dell’amore, della speranza, dell’anarchia e della libertà.
Volume a cura di Luigi Botta, con la prefazione di Giuseppe Galzerano. La copertina è di Antonio Zuccarello.
Nel Nord America il nucleo che con maggiore attivismo si oppone al richiamo militare ruota intorno al giornale anarchico «Cronaca Sovversiva», un ebdomadario settimanale che si pubblica, prima in Vermont e poi in Massachusetts, a partire dal 1903. Ne è animatore Luigi Galleani, un attivista sovversivo la cui battaglia a tuttotondo contro il potere si esplica nei modi della contesa politica e sociale e con mezzi, se necessari, anche violenti. Il giornale è un riferimento per gli operai italiani ed uno strumento che, attraverso i Circoli di Studi Sociali diffusi sul territorio, entra in contatto con le realtà più umili di tutte quelle città che ospitano i connazionali.
È un veicolo importante che può raggiungere lo scopo. Così allo scoppio della guerra un appello firmato dalle madri di Palermo e pubblicato col titolo «Figli, non tornate!» si trasforma nell'inizio di una battaglia contro la guerra e contro la chiamata alla leva, italiana prima e statunitense poi. Trasformato in manifesto, diffuso ovunque in circa centomila copie, l'appello sollecita alla renitenza e promuove indirettamente la pubblicazione di lettere che, inviate dall'Italia da madri, mogli, sorelle ed amici, trovano spazio sulla «Cronaca Sovversiva», la maggior parte in apposita rubrica titolata «Dalle trincee e dai focolari».
Sono lettere inviate ai familiari oltre Oceano, con molti riferimenti personali e tante notizie sugli sviluppi bellici in Italia. Accomunate quasi tutte da un accorato appello, «costi quel che costi», a rifiutare le subdole lusinghe, a non ritornare in Italia e tenersi lontani dal massacro del fronte orientale. Il libro le raccoglie tutte (sono 233), le ordina, le commenta, indagando, quando possibile, le persone che le hanno spedite, quelle che le hanno ricevute e quelle che le hanno inoltrate al settimanale per la loro pubblicazione.
L'operazione del giornale anarchico dà i suoi frutti. I dati ufficiali indicano in 470.000 (anche se il numero reale viene ovunque indicato come decisamente superiore) le persone che hanno scelto la renitenza, la maggior parte delle quali domiciliate all'estero ed in particolare nell'America del Nord. Di questo atto di disubbidienza ed irriverenza vengono accusati, in particolare, i sovversivi e gli anarchici (che ne sono, di fatto, i responsabili) e, con essi, il loro ebdomadario settimanale «Cronaca Sovversiva». L'«Espionage Act» prima, il «Sedition Act» e l'«Anarchist Exclusion Act» poi, impongono drastiche misure repressive che portano alla chiusura del giornale di Luigi Galleani nel 1918 ed alla sua espulsione dagli Stati Uniti con destinazione Italia, insieme ad altri 36 anarchici, nel 1919, ed alla successiva deportazione, nel 1920, di altri 314 sovversivi e, nel 1921, di ulteriori 446 indesiderati politici, la maggior parte dei quali finiti poi, in patria, al confino forzato.
L’attuale fisionomia del complesso è infatti il risultato dei tanti ampliamenti e rimaneggiamenti operati nel corso dei secoli dai diversi discendenti della dinastia. Di particolare pregio è l’adiacente Chiesa di Santa Maria al Castello, di origine quattrocentesca. È di proprietà del Fai (Fondo Ambiente Italiano).
La conferenza in questione affronta l'argomento facendo scorrere il tempo e raccontando le grandi contraddizioni che tale bene ambientale e culturale ha dovuto subire (la città ha praticamente ignorato l'autore visionario di tale raccolta e nel trempo ha rifiutato tutte le proposte esterne di collaborazione da parte di terzi) prima di essere degnamente preso in considerazione. Vi è da sperare che rappresenti l'inizio del salvataggio di quel poco che ancora è rimasto.
March, 7, 2021, 2-4 PM (Est)
With Music by Pat Zoffreo, Charlie King, Jake & the Infernal Machine
Introductory Remarks Dean Stevens (Community Church of Boston)
Facilitator Sergio Reyes (Sacco and Vanzetti Commemoration Society)
Speaker Include Peter Agnes, Michael Dukakis, Luigi Botta, Joe Torra, Jake Carman, Pasqualino Colombaro, Pat Zoffreo, Gilberto Russo, Michele Fazio, David Rothauser
Cent'anni or sono, la mattinata del 24 dicembre 1919, a Bridgewater, in Massachusetts, alcuni malviventi tentarono di rapinare il portavalori del calzaturificio Loring Q. White. Nelle stesse ore Bartolomeo Vanzetti si trovava a Plymouth, sua città di residenza, intento a consegnare le anguille a molte famiglie di connazionali. Ad aiutarlo era il giovanissimo Beltrando Brini.
Quasi cinque mesi più tardi Vanzetti, in circostanze discutibili, venne tratto in arresto e messo sotto accusa per la tentata rapina. Il suo alibi, sottoscritto da una ventina di persone (lo stesso Vanzetti sostenne che altri trenta individui potevano testimoniare a suo favore), non faceva una piega. Quella mattina l'anarchico di Villafalletto si trovava impegnato perché le consegne erano numerosissime e le famiglie desideravano ricevere le anguille il più presto per cucinarle in giornata (rispettando una tradizione tutta italiana che imponeva il «magro» alla vigilia di Natale).
I testimoni, quasi tutti italiani, sfilarono dinanzi al giudice Webster Thayer a raccontare del loro incontro con Bartolomeo. L'avvocato dell'accusa, Frederick Katzmann, beffardo, giocò con la giustizia tentando in ogni modo di mettere in difficoltà i testimoni, approfittando della loro buona fede e delle loro umili origini, sfruttando sovente l'incomprensione linguistica, giocando sull'ambiguità dell'interpretazione della circostanza e canzonando la loro posizione di immigrati ed italiani. L'avvocato della difesa, scarsamente combattivo, si allineò di fatto alle tesi dell'accusa (e a fine processo entrò a far parte dello studio di Katzmann).
I giurati non credettero ai compaesani di Vanzetti e lo ritennero colpevole. Thayer gli inflisse una pena molto alta: da 12 a 15 anni di reclusione. Con questo precedente il pescivendolo di Villafalletto, insieme al suo amico Nicola Sacco, andò a giudizio anche per una successiva rapina ed un duplice omicidio, quello di South Braintree, che portò entrambi, innocenti, sette anni dopo, alla sedia elettrica.
Le anguille avrebbero dovuto scagionare Vanzetti della prima accusa e, se ciò fosse avvenuto, sarebbe di fatto stato impossibile rinviarlo a giudizio per il secondo reato, anche perché le prove a suo carico erano del tutto inesistenti. Di anguille si parlò molto nel corso del processo e cogli anni le anguille divennero, in Massachusetts, il simbolo dell'innocenza di Sacco e Vanzetti. Il Comitato di sostegno, grazie all'attivismo di Tom O'Connor, organizzò ogni anno, sino al 1964, un incontro conviviale nel corso del quale vennero cucinate e servite proprio le anguille per ribadire l'innocenza dei due italiani.
A distanza di novantadue anni dalla conclusione della vicenda di Sacco e di Vanzetti, il 10 dicembre 2019, presso il «Molo di Lilith» a Torino Luigi Botta ripercorre lo storico avvenimento rimarcando, attraverso la tradizione delle anguille, l'innocenza di Nicola Sacco e di Bartolomeo Vanzetti. Alle ore 20 è prevista la «Cena per Vanzetti»; alle ore 21, 30, invece, «Le anguille di Sacco e Vanzetti», ricostruzione dei fatti attraverso la riproposizione recitata di alcuni passi del processo, immagini e filmati.
La mattinata del 24 dicembre 1919, a Bridgewater, in Massachusetts, alcuni malviventi tentarono di rapinare il portavalori del calzaturificio Loring Q. White. Nelle stesse ore Bartolomeo Vanzetti si trovava a Plymouth, sua città di residenza, intento a consegnare le anguille a molte famiglie di connazionali. Ad aiutarlo era il giovanissimo Beltrando Brini.
Quasi cinque mesi più tardi Vanzetti, in circostanze discutibili, venne tratto in arresto e messo sotto accusa per la tentata rapina. Il suo alibi, sottoscritto da una ventina di persone (lo stesso Vanzetti sostenne che altri trenta individui potevano testimoniare a suo favore), non faceva una piega. Quella mattina l'anarchico di Villafalletto si trovava impegnato perché le consegne erano numerosissime e le famiglie desideravano ricevere le anguille il più presto per cucinarle in giornata (rispettando una tradizione tutta italiana che imponeva il «magro» alla vigilia di Natale).
I testimoni, quasi tutti italiani, sfilarono dinanzi al giudice Webster Thayer a raccontare del loro incontro con Bartolomeo. L'avvocato dell'accusa, Frederick Katzmann, beffardo, giocò con la giustizia tentando in ogni modo di mettere in difficoltà i testimoni, approfittando della loro buona fede e delle loro umili origini, sfruttando sovente l'incomprensione linguistica, giocando sull'ambiguità dell'interpretazione della circostanza e canzonando la loro posizione di immigrati ed italiani. L'avvocato della difesa, scarsamente combattivo, si allineò di fatto alle tesi dell'accusa (e a fine processo entrò a far parte dello studio di Katzmann).
I giurati non credettero ai compaesani di Vanzetti e lo ritennero colpevole. Thayer gli inflisse una pena molto alta: da 12 a 15 anni di reclusione. Con questo precedente il pescivendolo di Villafalletto, insieme al suo amico Nicola Sacco, andò a giudizio anche per una successiva rapina ed un duplice omicidio, quello di South Braintree, che portò entrambi, innocenti, sette anni dopo, alla sedia elettrica.
Le anguille avrebbero dovuto scagionare Vanzetti della prima accusa e, se ciò fosse avvenuto, sarebbe di fatto stato impossibile rinviarlo a giudizio per il secondo reato, anche perché le prove a suo carico erano del tutto inesistenti. Di anguille si parlò molto nel corso del processo e cogli anni le anguille divennero, in Massachusetts, il simbolo dell'innocenza di Sacco e Vanzetti. Il Comitato di sostegno, grazie all'attivismo di Tom O'Connor, organizzò ogni anno, sino al 1964, un incontro conviviale nel corso del quale vennero cucinate e servite proprio le anguille per ribadire l'innocenza dei due italiani.
A distanza di novant’un’anni dalla conclusione della vicenda di Sacco e di Vanzetti, il 5 dicembre 2018, presso la trattoria «Pesci Vivi» di via dei Romani 39 a Saluzzo, a ridosso del ponte sul Po (si tratta della locanda dinnanzi alla quale Bartolomeo quattordicenne transitava per andare a lavorare presso la bottega di pasticcere a Cavour) si ricostruisce questo spaccato di storia e si ripropone la circostanza conviviale così come individuata attraverso le testimonianze del processo. Intervengono Luigi Botta, il nipote Giovanni Vanzetti, Pinuccio Bellone e Cristina Viglietta della compagnia teatrale «La Corte dei Folli» (impegnati nell’interpretazione di uno spaccato dell’atto unico di Luigi Botta «Le anguille di Vanzetti»), Ugo Giletta ed altri, con proiezioni, testimonianze e ricordi. Il menu contamina la tradizione piemontese del luogo con il pasto della vigilia di Natale degli emigrati italiani a Milford.