di Alessia Rastelli - al_rastelli

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Non solo gli ebook dei grandi autori (ed editori). Già prima che questi ultimi sbarcassero sul mercato italiano, «rivoluzione digitale» ha significato anche iniziare a trasformare in «bit» l’immenso patrimonio librario delle nostre biblioteche.

Un modo per conservarlo, contro le insidie che il tempo gioca al supporto cartaceo. Ma anche un processo reso talvolta difficoltoso dalla questione dei diritti. A meno di non avere il consenso di chi li detiene, infatti, si possono riprodurre «per il pubblico» solo opere fuori copyright (settant’anni dopo la morte dell’autore e dell’ eventuale traduttore).
Il problema nasce quando non si sa chi sia il possessore dei diritti oppure quest’ultimo sia introvabile. Vale a dire per le cosiddette «opere orfane». Questo tipo di testi, infatti, si può digitalizzare e diffondere ma biosogna prima stabilire che non ci sia davvero alcun traccia del detentore.

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Sul Corriere della Sera di oggi Evgeny Morozov racconta dell’accordo tra il Dipartimento di Stato Usa e Amazon. Nei prossimi 5 anni, in cambio di oltre 16 milioni di dollari (circa 13 milioni di euro), l’azienda di Seattle fornirà 35 mila lettori Kindle e circa 1 milione di titoli alle 800 biblioteche, sale di lettura e centri culturali – frequentati da più di 6 milioni di giovani – nel mondo.

Morozov ricorda di quando, 3 anni fa, invitava Washington ad adottare la diplomazia di Kindle. Ma ora ammette che questo accordo gli ha fatto cambiare idea: “Stipulando l’accordo con Amazon, il governo Usa introduce una turbativa perversa nel mercato globale degli ereader”. Il dibattito è aperto.

Per carità, mai avere (troppa) paura del futuro. Però, certo, trascorrere la prima mattina del Salone del libro di Torino a discutere del futuro delle biblioteche, qualche incertezza la provoca. L’occasione era la presentazione dei dati sui prestiti di ebook operati dalle 2.300 biblioteche italiane del network Media Library Online, di cui già i giornali hanno parlato nei giorni scorsi (7.673 titoli disponibili, più di 12 mila download effettuati tra settembre 2011 e aprile 2012, con una stima per l’anno solare di 90 mila).

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Coincidenze. In pochi giorni due giornalisti americani dicono la stessa cosa su un potenziale difetto dell’ebook, o per meglio dire dei reader. Dwight Garner sul New York Times del 18 marzo e il fondatore dei periodici Wallpaper e Monocle Tyler Brûlé in un’intervista a Repubblica osservano che, essendo i reader tutti uguali, è impossibile capire che cosa stia leggendo una persona. Garner aggiunge anche una grande battuta: molti ragazzi potranno leggere libri proibiti mentre i genitori li crederanno “impegnati a giocare a Angry Birds”. Brûlé invece resta serio e si dispiace della possibile perdita di un’informazione interessante sugli sconosciuti.

Però, insomma, questo delle copertine rivelatrici, è un bel tema. Che ne pensate? O, soprattutto, se avete qualche bella storia legata a una copertina da raccontare, noi siamo qua. Grazie

P.S. En passant, Garner cita anche un’osservazione di Tim Parks: nessun ebook può essere bruciato da un dittatore. Vero, no?

Ti colleghi al portale, prendi in prestito il libro, poi lo puoi tenere per sempreUn prestito illimitato, quasi una contraddizione in termini, possibile però nel nuovo universo dell’editoria digitale. Perché se la prima ragione pratica per cui è essenziale restituire un libro è che la biblioteca ne possiede solo una o alcune copie e quindi bisogna rimetterlo a disposizione degli altri lettori, questo non vale se il volume è un file. Dunque duplicabile, idealmente disponibile per tutti.

A partire da questo principio BookRepublic, piattaforma per i libri elettronici, e Medialibrary, network per il prestito digitale cui aderiscono 2.300 biblioteche italiane, hanno messo a punto un sistema per avere gli ebook dalla biblioteca e tenerli per un tempo illimitato.   

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Salvare il patrimonio letterario attraverso il prestito di ebook nelle biblioteche. È questa una delle proposte dell’americano Peter Brantley, tra i guru mondiali dell’editoria digitale, direttore del Book Server Project di Internet Archive e cofondatore della Open Book Alliance. Brantley è a Milano per due giorni, ospite oggi del workshop internazionale If book then (all’hotel Nhow, via Tortona 35, fino alle 18.30 e aggiornamenti in diretta su Twitter), domani del primo appuntamento dell’anno con Meet the media Guru, alla Mediateca di Santa Teresa (via della Moscova 28, ore 19).
Ehi book! lo ha incontrato in anteprima, insieme con gli altri relatori di If book then.

 

«Tecnicamente è molto facile digitalizzare i libri di carta – ci spiega Brantley – il problema sono i numeri». Adesso, infatti, vale il principio che si possono trasformare in versione elettronica solo le opere di pubblico dominio: i limiti possono oscillare da Paese a Paese, ma in generale, stima Brantley, si tratta di volumi molto vecchi che rappresentano solo il 20% dell’intera produzione letteraria. Lui, invece, questa percentuale vorrebbe ampliarla. Primo passo: estendere la conversione elettronica ai numerosi volumi del Novecento che spesso finiscono fuori catalogo – quindi introvabili – ma che non sono ancora di pubblico dominio. «La strada – illustra – sono le biblioteche: luoghi dove si possono digitalizzare i libri e poi prestarne la copia elettronica, così che anche il patrimonio del Ventesimo secolo non vada perso». «Un meccanismo virtuoso – aggiunge – che si potrebbe estendere persino alle nuove uscite». «Presta il libro, salva il libro» il suo motto. Ovvero: «Preservare il sapere attraverso l’accessibilità».
Scenari interessanti, considerata anche la piccola rivoluzione digitale avviatasi nelle biblioteche italiane, di cui ha scritto pochi giorni fa Ida Bozzi sul Corriere della Sera.
Senza dimenticare, però, che il mercato italiano è indietro di almeno tre anni rispetto a quello americano, ha dimensioni ancora molto piccole e caratteristiche diverse. Lo fa notare un altro degli ospiti di If book then, anche lui americano: Mike Shatzin, fondatore e ceo di The Ideal Logical Company, società di consulenza che studia il mercato editoriale. «Visto che gli americani possono contare su una sola lingua, una sola moneta, regole commerciali comuni, è stato facile investire su un nuovo business come quello degli ebook. Molto più complicato, invece, farlo in Europa, luogo di numerose lingue e culture diverse». Quale allora il destino dell’Italia digitale? «Come anche in altri mercati non anglofoni – spiega Shatzin – gli editori locali sentiranno la pressione dell’inglese perché in questa lingua ci sono molti più titoli disponibili. Credo che quando gli ebook si diffonderanno, questo cambierà le cose in Europa e contribuirà a trasformare l’inglese in una lingua franca».
Un percorso in salita, quindi, per la nostra letteratura. Ma, forse, anche una sfida e uno stimolo verso soluzioni innovative e la ricerca di una via italiana all’ebook.