Papers by Gabriele Quaranta
Latium, 2023
Nella loggia della pesa pubblica di Zagarolo (Rm) è incastonato un busto lapideo detto in dialett... more Nella loggia della pesa pubblica di Zagarolo (Rm) è incastonato un busto lapideo detto in dialetto "Lu Giustu" (il Giusto), a lungo considerato un ritratto papale. Attraverso una serie di confronti con altre sculture e incisioni cinquecenteschi, il saggio dimostra che esso rappresenta invece il filosofo Aristotele, secondo l'iconografia che la cultura tardo-medievale e rinascimentale aveva stabilito, e ne indaga la funzione allegorica di garante dei giusti pesi e misure un tempo conservati nella loggia stessa, cuore delle attività economiche controllate dalla casa ducale.

Storie del ragno e della tela. Trasformazioni di un topos culturale dentro e oltre il testo, 2023
Il ragno, la tela e la loro mitologizzazione nella storia di Aracne fanno la loro apparizione nel... more Il ragno, la tela e la loro mitologizzazione nella storia di Aracne fanno la loro apparizione nell'ambito delle allegorie figurative con significati diversi e contrastanti: in base alla tradizione letteraria e filosofica di riferimento, essi vengono chiamati in causa di volta in volta come immagine di industriosità, fragilità, vanità, di insidia e di complessità, con un'oscillazione fra la polarità positiva e quella negativa che risente del peso di una millenaria ambiguità d'interpretazione. Il saggio tenta di (rin)tracciare le linee di continuità delle diverse letture, prendendo spunto dall'interpretazione lungamente incerta di un celebre dipinto di Veronese – l'Allegoria dell'Industria nel soffitto della Sala del Collegio in Palazzo Ducale (Venezia) – di cui si ricercano le possibili fonti, mentre in parallelo si segue l'alternativa valenza della tela di ragno come emblema di Dialettica e di Opera Vana, che Cesare Ripa tentò invano di proporre all'attenzione degli artisti.

Storia dell'Arte, 159, 1, pp. 70-87, 2023
Giovanni Vigevani was portrayed by Gian Lorenzo Bernini as early as in 1620-1622, possibly as the... more Giovanni Vigevani was portrayed by Gian Lorenzo Bernini as early as in 1620-1622, possibly as the artist’s first attempt to reproduce a live model. However, up until now, almost nothing was known about Vigevani himself. This essay aims to shed some light on his life and patronage. Based on widely unpublished documents, it reconstructs his professional and political milieu, his two marriages, his progeny, his activity as an art collector and as a real estate patron. This activity culminated in his palace by the slopes of the Capitoline Hill, along the Via d’Aracœli and Via delle Botteghe Oscure. This building was conceived both as a family residence and as a property investment, since its different wings had been imagined as lavish apartments to rent out to noble tenants. While the largest part of the building was destroyed during the fascist period, several pictorial decorations have been recovered, such as the fifteen canvases with Stories of the Jerusalem Delivered, reassembled in the ceiling of the Sala dei Capitani at the Palazzo dei Conservatori, as well as some fresco fragments, partly still preserved in the depositories of the Musei Capitolini.

Archivio della Società Romana di Storia Patria, vol. 145 (2022), pp. 55-79, 2022
A fine Ottocento, i lavori per una nuova carrozzabile dapprima stravolsero e poi distrussero del ... more A fine Ottocento, i lavori per una nuova carrozzabile dapprima stravolsero e poi distrussero del tutto la chiesa extramuranea di San Sebastiano a Zagarolo (Rm), sede del locale culto anti-pestilenziale.
Il saggio ricostruisce innanzitutto l’inedita vicenda storica del sacello: attraverso la documentazione grafica e archivistica, ne rintraccia le origini da una “cona” stradale mariana, ne rileva la struttura architettonica, indaga la decorazione scultorea e pittorica, testimonianza di pratiche devozionali altalenanti, che ebbero un momento di particolare effervescenza in occasione della peste del 1656.
Si delinea così un un caso di studio esemplare dei culti anti-pestilenziali nella Campagna Romana tra XVI e XIX secolo, riscontrandone la mutevolezza, gli arricchimenti, il progressivo abbandono. In particolare, si sottolinea il rapporto fra tradizione popolare (Sebastiano, Rocco, etc,) e intervento signorile, con l’apporto dato dai duchi Ludovisi al culto di Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e Francesco Saverio (protagonista di un caso di “grazia ricevuta” familiare); ci si sofferma poi sugli inizi della devozione a santa Rosalia, raffigurata secondo una variante iconografica tipicamente “romana”, riscontrabile anche in altri borghi del circondario.
Il saggio vuole essere un tentativo di lettura in profondità di un fenomeno normalmente schiacciato sul dato di una diffusione tanto capillare quanto poco esplorata nel dettaglio.
Early Modern Digital Review - Vol. 5 No. 2 (2022): Special issue: Digital Emblematica, 2022
A review of one of the most important emblem websites on the web, dedicated in particular to Fren... more A review of one of the most important emblem websites on the web, dedicated in particular to French and Italian emblems and Alciato's editions.

Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, 2022
This article aims to reconstruct, with the help of archival documentation, the history of a littl... more This article aims to reconstruct, with the help of archival documentation, the history of a little-known Tuscolan villa that stands halfway between Grottaferrata and Marino, at the top of the Colle Cimino, once pertaining to the Greek Abbey: rarely mentioned in literature, up until now it was known as Villa Mattei, Vigna Galassini or Villa Sant’Anna. In fact, the villa originated from a 16th-cen- tury country house, owned by Giacomo Spinola, a Genoese banker settled in Rome. In 1614 the property was bought by Giovanni Vigevani, a member of the papal chancellery, known for having commissioned the young Gian Lorenzo Bernini a sculpted portrait (circa 1620-1622), later inserted in his tomb at Santa Maria sopra Minerva. Giovanni Vigevani and his son Girolamo enlarged the building, providing it with new rooms, a wine cellar, a garden and fountains: the old country house was transformed into a small but comfortable residence for the "villeggiatura". A 1650 inventory attests to its lavish furnitures and its rich collection of paintings, offering an interesting case study of a 17th-century Roman collection. When Anna Francesca Vigevani, the only heiress of the family, married Mario Mattei Orsini in 1656, the villa joined the properties of the Dukes of Paganica, but in 1808 it was bequeathed to the Pio Istituto degli Orfani and later passed down to the Galassini, a family of Tuscolan landowners.

Dante, Bonifacio VIII e il Lazio meridionale. Confronti peninsulari ed europei, Atti del Convegno di studi storici (Anagni-Ferentino, 4-6 dicembre 2020), 2022
Il saggio propone una rilettura dei temi e delle iconografie diffuse nella pittura escatologica l... more Il saggio propone una rilettura dei temi e delle iconografie diffuse nella pittura escatologica laziale, tenendo sullo sfondo la struttura dell'aldilà proposta da Dante nella Divina Commedia. Se la rigorosa geografia oltremondana proposta nel poema si mostra irriducibile a una tradizione che fondava le proprie raffigurazioni su altre priorità, l'influenza del poema affiora in alcuni dettagli di raffigurazioni quattrocentesche, come nel caso del Giudizio Universale affrescato da Desiderio da Subiaco a Sermoneta, dove compare con tutta evidenza la figura di Cerbero secondo i canoni elaborati nel corso del secolo precedente dai codici miniati danteschi.
Il Giudizio finale della controfacciata della cattedrale di Vescovio, viceversa, offrendo quella che può essere considerata come la più antica raffigurazione del Limbo, pone il problema dell'origine e dello sviluppo di quell''iconografia, che alcuni codici danteschi sovrapposero incongruamente all'originale interpretazione data dal poeta ad un luogo che anche la teologia stentava a definire con coerenza.
Bulletin Société des Amis du Vieux Chambéry, 2022
The essay presents the unpublished ex libris of the library of the château of Caramagne, near Cha... more The essay presents the unpublished ex libris of the library of the château of Caramagne, near Chambéry.
It is proposed the hypothesis that it has been commissioned by the Martin-Franklin family and in particular by Erminia Miniscalchi Erizzo, wife of Alberto Martin-Franklin.
The author of the little etching is identified in Claudio Bonacini, mysterious figure of scholar, collector and graphic artist from Verona, died in 1968.
Latium, 2021
A Ovest dell'abitato di Zagarolo (Roma) sorgono i resti di una villa che la letteratura critica c... more A Ovest dell'abitato di Zagarolo (Roma) sorgono i resti di una villa che la letteratura critica collega normalmente al cardinale Egidio Carillo de Albornoz iuniore (†1649). Attraverso la documentazione d'archivio, il saggio ricostruisce le reali vicende dell'edificio e ne attribuisce invece la costruzione al cardinale Francisco Dávila y Guzman (1548 circa-1606), retrodatandola agli anni 1601-1605 e collegandola ai rapporti che costui ebbe con il duca di Zagarolo Marzio Colonna e con il cardinale Alessandro de' Medici, poi eletto papa col nome di Leone XI. Contestualmente, il saggio corregge la tradizionale attribuzione del nome di "Villa Avila" data alla Villa Pallavicina di Gallicano, restituendola all'edificio zagarolese, che con tale definizione è regolarmente indicato nei documenti.

Cori nel Medioevo, 2021
Tutti i diritti riservati Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi Ogni ripro... more Tutti i diritti riservati Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata Stampa Tipografia S. Giuseppe srl, Pollenza (MC) Questo volume è stato pubblicato con il patrocinio del Comune di Cori 4 5 Presentazione L a duplice paternità di questo volume, come affermato dagli stessi Curatori «sintesi tra i Quaderni dell'Archivio storico e i Quaderni del Museo della città e del territorio», testimonia una volta di più l'energia e il dinamismo degli istituti culturali della città di Cori. E non da oggi. Un itinerario lungo e variegato di studi, ricerche, iniziative, che senza dubbio hanno ricevuto impulso e sostegno da queste istituzioni e tuttavia non hanno mai smesso di ricercare un dialogo fecondo con la comunità più vasta degli studiosi, accademici e non. Ne sono un esempio le pagine che seguono, la cui genesi va rintracciata nella Giornata di studio Cori nel Medioevo. Memoria e sopravvivenze promossa dal Dipartimento di Storia dell'Arte della "Sapienza" e dall'Archivio storico comunale di Cori e svoltasi il 15 giugno 2013 presso la sala conferenze del Museo cittadino. Con questa pubblicazione, arricchitasi nel tempo di molteplici contributi, una tessera preziosa si aggiunge dunque al mosaico degli studi fioriti nel corso degli ultimi anni sul periodo medievale a Cori. Studi che, come ben detto altrove, «hanno avuto il merito di capovolgere la convinzione che la grave carenza delle fonti impedisse ogni tentativo di comprendere meglio le vicende di Cori nel Medioevo». Vicende certamente condizionate dal secolare e complesso legame con il territorio circostante, la pianura pontina, ossia la vicinanza con la via Appia, e la necessità nondimeno di combattere il drago della malaria, che trovano qui l'occasione per affreschi di ampio respiro o per descrizioni attente e minuziose di aspetti più di dettaglio. In ogni caso, una lettura sempre piacevole nonché istruttiva. E utilizzo quest'ultimo termine non a caso, perché sono convinto che si dovrebbe trovare il modo di far arrivare questo testo, intendo dire il suo messaggio, all'interno delle nostre scuole. Venendo al mio ruolo, a proposito della tradizione di studi sopra menzionata, mi verrebbe da dire che abbiamo il dovere di mantenerla viva, amministrazione comunale e non solo, per tutelare quegli elementi essenziali di ogni comunità, che sono la memoria e la conoscenza del proprio passato. Senza le quali, la stessa identità locale, di sicuro un valore, non può avere solide fondamenta.

Entre la terre et la mer La via Aurelia et la topographie du littoral du Latium et de la Toscane Colloque International (Paris, 6-7 juin 2014), 2018
Inserito in un trittico che comprende lo studio anche dei casi di Cencelle e di Corneto/Tarquinia... more Inserito in un trittico che comprende lo studio anche dei casi di Cencelle e di Corneto/Tarquinia, condotto rispettivamente da P.F. Pistilli e M. Ficari, questo lavoro si concentra sulla decorazione pittorica dell'Immacolata di Ceri, borgo oggi periferico, ma che dovette svolgere ai primi del XII secolo un ruolo di importante punto di riferimento per quel quadrante della Maremma laziale posto tra le foci del Tevere e i siti antichi di Cære Pyrgi.
La decorazione pittorica della chiesa, purtroppo solo in parte conservata, si pone all'origine di una tradizione sostanzialmente ispirata agli esempi delle grandi basilica papali (San Pietro in Vaticano, ma non solo) che si sarebbe poi affermata con peculiare valore ideologico soprattutto a partire dalla fine del XII secolo e poi lungo il XIII, con riprese assai tarde ancora nel XV, e che viene oggi indicata con la definizione di "decorazione umbro-romana".
Partendo dai dati fin qui acquisiti dalla letteratura critica, lo studio procede con un esame comparativo delle scelte tematiche e iconografiche adottate e si concentra poi sulle tracce storiografiche e documentarie lasciate dai personaggi che, a diverso titolo, ruotarono attorno al territorio cerite e alla diocesi di Porto negli anni a cavallo tra la fine dell'XI secolo e il quarto decennio del secolo successivo, periodo che trova la propria data-cardine nel 1120, anno in cui la diocesi portuense venne unita a quella di Silva Candida, creando una nuova compagine amministrativa a Nord-Ovest dell'Urbe.
Si cerca così di ricostruire il contesto storico-ecclesiale da cui ebbe origine la committenza degli affreschi, con particolare riferimento al travagliato pontificato di Gelasio II.

Bollettino d'Arte, 2019
The moralistic pamphlet Lo Scudo di Rinaldo, overo lo specchio del disinganno was published in Ve... more The moralistic pamphlet Lo Scudo di Rinaldo, overo lo specchio del disinganno was published in Venice in 1646 by Angelico Aprosio, known as “Il Ventimiglia”. Its fine frontispiece was engraved by Giovanni Georgi, following a design by Simone Cantarini. Until now it’s gone unnoticed. The frontispiece depicts an episode from the sixteenth century narrative Gerusalemme Liberata by T. Tasso. Interestingly, the artist allegorises the episode. It can be associated with a series of drawings by Cantarini, two in particular. One is in Stockholm, the other Rio de Janeiro. They display a process of elaboration and progressive refinement. Cantarini’s reconstruction of inventio raises the question as to his relationship with Aprosio and fellow men of letters of the time. It must have been through them that he won the commission. Most of all it calls for a revaluation of his drawings, amongst which it’s not hard to find others inspired by Tasso’s poem.
Heliodorus Redivivus. Vernetzung und interkultureller Kontext in der europäischen Aithiopika-Rezeption der Frühen Neuzeit. Christian Rivoletti/Stefan Seeber (Hg), Franz Steiner Verlag, Stuttgart , 2018
Critica del Testo, 2017
La trasposizione in altri generi letterari e nelle arti gurative lascia trasparire la poliedrica... more La trasposizione in altri generi letterari e nelle arti gurative lascia trasparire la poliedrica identità del personaggio-Chisciotte e al tempo stesso la sua disponi- bilità ad assumere caratteri sempre nuovi e inediti. Elementi tassiani e antichissimi topoi pittorici si aggiungono così a più attesi riferimenti ariosteschi, nel passaggio dalle ribalte settecentesche a quelle di Broadway, ad esempio, o dalle xilogra e di Tony Johannot alle incisioni di Pinelli, che suggeriscono anche un possibile dialo- go per immagini con il capolavoro manzoniano.
Il saggio si sofferma sul dipinto di Giovanni Bilivert "Tancredi contempla il corpo di Clorinda" ... more Il saggio si sofferma sul dipinto di Giovanni Bilivert "Tancredi contempla il corpo di Clorinda" (circa 1624) realizzato per la decorazione del Casino mediceo di San Marco e raffigurante un episodio della Gerusalemme Liberata non più illustrato dagli artisti fino al XIX secolo inoltrato. Si analizzano le ragioni culturali di tale rarità, da ricercare nei topoi stessi rielaborati dal Tasso, in particolare il mito di Achille e Pentesilea, e si sottolinea la raffinata messa in immagine operata dal Bilivert, alla luce del confronto con l'unico altro caso di illustrazione, una anonima vignetta a corredo della riscrittura francese dell'episodio stesa da Antoine de Nervèze nel suo "La Hierusalem Assiégée" (ante 1599), che non esita invece a far emergere il cupo sostrato erotico e necrofilo della vicenda.
Appropriation et réapropriation des récits - Appropriation and reappropriation of narratives, 2017
- Questo saggio ricostruisce la fortuna letteraria e figurativa della "Gerusalemme Liberata" di T... more - Questo saggio ricostruisce la fortuna letteraria e figurativa della "Gerusalemme Liberata" di Torquato Tasso nella Francia del primo Seicento, con particolare riferimento agli anni di Maria de' Medici, sottolineando come arti figurative e riprese letterarie abbiano contribuito concordemente ad un sintomatico e del tutto peculiare scivolamento verso forme schiettamente "romanzesche" dell'originario testo epico italiano.
- Cet article retrace la fortune littéraire et artistique de la Jerusalem Délivrée du Tasse en France au temps de Marie de Médicis. Merci de trouver le texte complet ici:
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Tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta del Seicento, Henri de Fourcy, Sovrintendente alle fabbri... more Tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta del Seicento, Henri de Fourcy, Sovrintendente alle fabbriche reali, raduna attorno a sé un piccolo gruppo di intellettuali - di cui fanno parte anche i suoi figli - che partecipa attivamente al vivace dibattito parigino, nel periodo che vede l'affermarsi di Richelieu e la nascita dell'Académie, coltivando un'autonoma visione tanto culturale quanto politica, di cui sono testimonianza anche i dipinti con la Storia di Rinaldo e Armida realizzati da Simon Vouet per la galleria del castello di Chessy, dimora di campagna del ministro. Tra i personaggi che prendono parte al "circolo De Fourcy" troviamo il "misterioso" Charles de Titreville, più tardi citato da Boileau, e l'assai più noto filosofo e latinista Emeric Crucé, che proprio i De Fourcy difenderanno a spada tratta nel suo scontro con Gronovius e con l'entourage dei fratelli Dupuy.
Atti della Terza Giornata di Studi in onore di Irene Lombardo, Ciampino 2015, pp. 17-30
A fronte di testimonianze materiali ormai scarsissime, un lavoro preliminare di esplorazione sul ... more A fronte di testimonianze materiali ormai scarsissime, un lavoro preliminare di esplorazione sul terreno e indagine documentaria sul fenomeno dei culti extraurbani della città di Zagarolo (provincia di Roma), condotto in particolare sui fondi dell'Archivio Storico Diocesano di Palestrina, rivela un contesto ricco di testimonianze ed estremamente vitale, soprattutto nel corso dei secoli XVII e XVIII.
Istanze comunitarie, interventi signorili e committenza privata si alternano e si sovrappongono nel corso della evoluzione costante del centro abitato, della viabilità e della cultura religiosa locale.
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Papers by Gabriele Quaranta
Il saggio ricostruisce innanzitutto l’inedita vicenda storica del sacello: attraverso la documentazione grafica e archivistica, ne rintraccia le origini da una “cona” stradale mariana, ne rileva la struttura architettonica, indaga la decorazione scultorea e pittorica, testimonianza di pratiche devozionali altalenanti, che ebbero un momento di particolare effervescenza in occasione della peste del 1656.
Si delinea così un un caso di studio esemplare dei culti anti-pestilenziali nella Campagna Romana tra XVI e XIX secolo, riscontrandone la mutevolezza, gli arricchimenti, il progressivo abbandono. In particolare, si sottolinea il rapporto fra tradizione popolare (Sebastiano, Rocco, etc,) e intervento signorile, con l’apporto dato dai duchi Ludovisi al culto di Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e Francesco Saverio (protagonista di un caso di “grazia ricevuta” familiare); ci si sofferma poi sugli inizi della devozione a santa Rosalia, raffigurata secondo una variante iconografica tipicamente “romana”, riscontrabile anche in altri borghi del circondario.
Il saggio vuole essere un tentativo di lettura in profondità di un fenomeno normalmente schiacciato sul dato di una diffusione tanto capillare quanto poco esplorata nel dettaglio.
Il Giudizio finale della controfacciata della cattedrale di Vescovio, viceversa, offrendo quella che può essere considerata come la più antica raffigurazione del Limbo, pone il problema dell'origine e dello sviluppo di quell''iconografia, che alcuni codici danteschi sovrapposero incongruamente all'originale interpretazione data dal poeta ad un luogo che anche la teologia stentava a definire con coerenza.
It is proposed the hypothesis that it has been commissioned by the Martin-Franklin family and in particular by Erminia Miniscalchi Erizzo, wife of Alberto Martin-Franklin.
The author of the little etching is identified in Claudio Bonacini, mysterious figure of scholar, collector and graphic artist from Verona, died in 1968.
La decorazione pittorica della chiesa, purtroppo solo in parte conservata, si pone all'origine di una tradizione sostanzialmente ispirata agli esempi delle grandi basilica papali (San Pietro in Vaticano, ma non solo) che si sarebbe poi affermata con peculiare valore ideologico soprattutto a partire dalla fine del XII secolo e poi lungo il XIII, con riprese assai tarde ancora nel XV, e che viene oggi indicata con la definizione di "decorazione umbro-romana".
Partendo dai dati fin qui acquisiti dalla letteratura critica, lo studio procede con un esame comparativo delle scelte tematiche e iconografiche adottate e si concentra poi sulle tracce storiografiche e documentarie lasciate dai personaggi che, a diverso titolo, ruotarono attorno al territorio cerite e alla diocesi di Porto negli anni a cavallo tra la fine dell'XI secolo e il quarto decennio del secolo successivo, periodo che trova la propria data-cardine nel 1120, anno in cui la diocesi portuense venne unita a quella di Silva Candida, creando una nuova compagine amministrativa a Nord-Ovest dell'Urbe.
Si cerca così di ricostruire il contesto storico-ecclesiale da cui ebbe origine la committenza degli affreschi, con particolare riferimento al travagliato pontificato di Gelasio II.
- Cet article retrace la fortune littéraire et artistique de la Jerusalem Délivrée du Tasse en France au temps de Marie de Médicis. Merci de trouver le texte complet ici:
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Istanze comunitarie, interventi signorili e committenza privata si alternano e si sovrappongono nel corso della evoluzione costante del centro abitato, della viabilità e della cultura religiosa locale.
Il saggio ricostruisce innanzitutto l’inedita vicenda storica del sacello: attraverso la documentazione grafica e archivistica, ne rintraccia le origini da una “cona” stradale mariana, ne rileva la struttura architettonica, indaga la decorazione scultorea e pittorica, testimonianza di pratiche devozionali altalenanti, che ebbero un momento di particolare effervescenza in occasione della peste del 1656.
Si delinea così un un caso di studio esemplare dei culti anti-pestilenziali nella Campagna Romana tra XVI e XIX secolo, riscontrandone la mutevolezza, gli arricchimenti, il progressivo abbandono. In particolare, si sottolinea il rapporto fra tradizione popolare (Sebastiano, Rocco, etc,) e intervento signorile, con l’apporto dato dai duchi Ludovisi al culto di Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e Francesco Saverio (protagonista di un caso di “grazia ricevuta” familiare); ci si sofferma poi sugli inizi della devozione a santa Rosalia, raffigurata secondo una variante iconografica tipicamente “romana”, riscontrabile anche in altri borghi del circondario.
Il saggio vuole essere un tentativo di lettura in profondità di un fenomeno normalmente schiacciato sul dato di una diffusione tanto capillare quanto poco esplorata nel dettaglio.
Il Giudizio finale della controfacciata della cattedrale di Vescovio, viceversa, offrendo quella che può essere considerata come la più antica raffigurazione del Limbo, pone il problema dell'origine e dello sviluppo di quell''iconografia, che alcuni codici danteschi sovrapposero incongruamente all'originale interpretazione data dal poeta ad un luogo che anche la teologia stentava a definire con coerenza.
It is proposed the hypothesis that it has been commissioned by the Martin-Franklin family and in particular by Erminia Miniscalchi Erizzo, wife of Alberto Martin-Franklin.
The author of the little etching is identified in Claudio Bonacini, mysterious figure of scholar, collector and graphic artist from Verona, died in 1968.
La decorazione pittorica della chiesa, purtroppo solo in parte conservata, si pone all'origine di una tradizione sostanzialmente ispirata agli esempi delle grandi basilica papali (San Pietro in Vaticano, ma non solo) che si sarebbe poi affermata con peculiare valore ideologico soprattutto a partire dalla fine del XII secolo e poi lungo il XIII, con riprese assai tarde ancora nel XV, e che viene oggi indicata con la definizione di "decorazione umbro-romana".
Partendo dai dati fin qui acquisiti dalla letteratura critica, lo studio procede con un esame comparativo delle scelte tematiche e iconografiche adottate e si concentra poi sulle tracce storiografiche e documentarie lasciate dai personaggi che, a diverso titolo, ruotarono attorno al territorio cerite e alla diocesi di Porto negli anni a cavallo tra la fine dell'XI secolo e il quarto decennio del secolo successivo, periodo che trova la propria data-cardine nel 1120, anno in cui la diocesi portuense venne unita a quella di Silva Candida, creando una nuova compagine amministrativa a Nord-Ovest dell'Urbe.
Si cerca così di ricostruire il contesto storico-ecclesiale da cui ebbe origine la committenza degli affreschi, con particolare riferimento al travagliato pontificato di Gelasio II.
- Cet article retrace la fortune littéraire et artistique de la Jerusalem Délivrée du Tasse en France au temps de Marie de Médicis. Merci de trouver le texte complet ici:
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Istanze comunitarie, interventi signorili e committenza privata si alternano e si sovrappongono nel corso della evoluzione costante del centro abitato, della viabilità e della cultura religiosa locale.
Alcuni tratti caratteristici possono essere tuttavia individuati, fin dalle più antiche testimonianze: la tendenza a raffigurare il Paradiso nelle forme della Gerusalemme Celeste, da un lato, e quella a strutturare l'Inferno non secondo una topografia precostituita ma secondo le esigenze specifiche della committenza, utilizzando in particolare l'espediente delle didascalie e individuando di volta in volta i peccati più esemplari da stigmatizzare.
Ne deriva una tradizione apparentemente inconciliabile con la struttura poi proposta da Dante nella Divina Commedia: ciò non toglie che, in alcuni casi di XV secolo, alcuni elementi schiettamente danteschi non abbiano potuto filtrare e materializzarsi all'interno di più o meno vaste raffigurazioni dell'Aldilà integrate al tema più ampio del Giudizio Universale.
La visite faisant partie de son apprentissage et la relation du voyage étant destinée à être soumise à la lecture de son père, Denis II Godefroy n’hésite pas dans sa description du Cabinet à donner une interprétation personnelle de ces emblèmes: s’il ne prends guère en considération l’ensemble du décor pictural - il n’imagine pas, par exemple, une relation possible entre les tableaux narratifs et les panneaux emblématiques - néanmoins il exploite toute sa culture historique, littéraire et bien sûr emblématique dans la tentative d’explication, même en recourant à des citations directes des textes qu’il connait, Alciat en première démarche.
Ces pages de Denis II Godefroy sont donc intéressantes au moins de deux différents points de vue. D’un côté, elles témoignent la culture emblématique d’un jeune membre de la Noblesse de Robe du XVIIe siècle, et la pratique quotidienne qu’on en faisait. De l’autre côté, elles nous permettent de retracer avec quelque exactitude un décor à sujet emblématique à la datation incertaine mais très intéressant, car il était probablement le résultat d’une invention originelle et il est aujourd’hui totalement disparu: le Château de Liancourt fut en effet entièrement transformé par les ducs de La Rocheguyon quelques années seulement après la visite de Denis Godefroy.
Ayant déjà abordé en autre occasion la question de la “éducation emblématique” de Denis II Godefroy, la communication va se pencher plutôt sur la valeur de son témoignage en tant que source pour l’étude d’un décor disparu, en cherchant à récupérer la structure du cycle, en prenant en compte les différents emblèmes, leurs origines, leur possible signification et leur rôle éventuel dans le contexte d’un discours silencieux tissé par la mise en relation d’images et de mots sur les paroi du cabinet.
English Abstract:
Visiting the Château of Liancourt in 1638, Denis II Godefroy provided a detailed description of its “cabinet des emblèmes” (Paris, Bibliothèque de l’Institut, Ms. Godefroy 221). The small room housed two painted cycles, each consisting of thirteen pictures: Stories of Moses and a series of emblems. These notes by Denis Godefroy are valuable at least from two different points of view. On the one hand, they testify the emblematic culture of a young member of the Noblesse de Robe. On the other hand, they help us to reconstruct a very interesting seventeenth-century emblematic decoration now totally lost.
When, in 1638, he visits the châteaux of Liancourt and Bois-le-Vicomte, Denis Godefroy shows to be very interested in their painted emblem cycles, of which he drew up a detailed description. In these pages, the young man does not hesitate to propose his own interpretation of the emblems: he does not consider the decorative context, but exploits his own historical and emblematic knowledge, also quoting some sources, Alciati first of all. A short section is also devoted to a «Briesve Annotation sur l’Etymologie et Explication de ce mot Emblème», where he shows his theoretic knowledge of the subject.
Therefore, these notes by Denis Godefroy are interesting at least from two different points of view. On the one hand, they help us to reconstruct with a good preciseness two emblematic decorations, now totally lost. On the other hand, they testify to the “emblematic education” of a young member of the seventeenth-century French Noblesse de Robe and its daily practice. This allows us to shed some light on the cultural background of the aristocracy, which was at the origin of the numerous emblematic decorations carried out in the aristocratic residences of that time.
Mais pourquoi une reine qui faisait décorer un endroit crucial de son appartement décidait de préférer un petit roman à l’épopée originelle ? Elle, qui était italienne et florentine, qui évoluait dans une cour où l’italien était normalement connu et où la Jérusalem Délivrée avait déjà vu pas moins que deux traductions intégrales en français, celle de Jean de Vignau et celle de Blaise de Vigenère, les deux sorties en 1595 ?
Un examen des tableaux et leur mise en relation avec le texte de Nervèze ainsi que le contexte littéraire et politique des débuts du XVIIe siècle, montrent les raisons idéologiques et culturelles d’un tel choix, l’identification de cette nouvelle Clorinde comme un personnage français et francophone.
En sortant du simple domaine littéraire, le Cabinet de Clorinde marque aussi dans les arts figuratifs les débuts du «Tasse françois», c'est-à-dire d’une tradition de manipulation et réinterprétation de ce texte venu d’ailleurs par les écrivains ainsi que par les artistes et leurs commanditaires : l’épopée italienne originelle en sortait transformée, virée en forme romanesque, c'est-à-dire adapté au goût d’un nouveau public mais aussi changée en code pour la transmission de nouveaux messages idéologiques.
En partant de Dubois, on peut parcourir certaines étapes de cette évolution entre texte et image, entre Antoine de Nervèze et Laurent de la Hire, entre Marie de Médicis et Louis XIII, jusqu’aux peintures de Simon Vouet pour Henri de Fourcy, tout en retraçant un véritable phénomène d’inculturation d’un sujet littéraire étranger à la veille du Grand Siècle.
Il confronto tra le carte d’archivio e le fonti storiografiche ha permesso di ricostruire la lunga vita della residenza, di attribuirne la paternità architettonica, e di rinvenire testimonianze grafiche e materiali delle opere in essa conservate, risalenti anche alla committenza Vigevano. Tra queste il ciclo tassiano, in particolare, offre l’occasione di ragionare sulle scelte tematiche attuate dalle famiglie della nobiltà capitolina nella decorazione delle proprie dimore: i temi tratti dalla Liberata tornano infatti in numerosi edifici dell’epoca, tutti appartenenti a quella specifica classe sociale in bilico fra tradizionali attività finanziarie e amministrative, redditizie funzioni curiali, nuove tentazioni feudali. Quasi che i cavalieri del Tasso potessero funzionare quale specchio di rivendicazioni comuni e condivise aspirazioni.
In tale panorama, le Etiopiche di Eliodoro, godono di una fortuna importante, che conduce i protagonisti del romanzo a popolare in primis le pareti della residenza reale di Fontainebleau e in seguito quelle di diverse dimore aristocratiche, ma li sospinge poi fin nelle trame degli arazzi e tra gli scintillanti smalti di cofanetti e scatole da orologi, attraverso scene generalmente riprese dalla contemporanea illustrazione libraria, in un gioco di citazioni atto a tramandare le medesime e immediatamente riconoscibili iconografie.
L’impressione di trovarsi di fronte ad un vero e proprio fenomeno di “moda”, peraltro comune ad altre aree geografiche e circoscrivibile ad un preciso arco cronologico, si arricchisce però di più complesse sfumature nel momento in cui si guarda al ruolo che alcuni cicli pittorici ricoprivano nell’economia decorativa di certe dimore nobiliari, e dunque al significato ideologico che le avventure di Teagene e Cariclea potevano assumere agli occhi di un aristocratico francese dell’epoca. Un significato che sembra trovare origine proprio in relazione a quella prima epifania bellifontana, voluta da Enrico IV e Maria de’ Medici a celebrazione del Delfino, Luigi XIII, nella sala stessa in cui questi aveva visto la luce. La fortuna figurativa delle Etiopiche in Francia nascerebbe allora, in alcuni casi, dal riverbero di quell’esplicito legame che il traduttore Jacques Amyot aveva voluto stabilire tra il romanzo di Eliodoro e il suo Projet d’une éloquence royale: una forma di muta eloquentia attraverso la quale pittura e committenza evocano e celebrano, in forma indiretta ma ben leggibile, il proprio monarca.
La mort du héros chevaleresque par excellence lors d’une bataille emblématique de la nouvelle guerre moderne signe un passage d’époque, entre Moyen Âge et Renaissance. Si l’iconographie de la bataille de Ravenne est riche, celle de Gaston de Foix ne l’est pas moins – ce qui est pour le moins paradoxal puisque nous n’avons aucun portrait attesté du héros. Par la mobilisation de spécialistes, cet ouvrage trace les grandes lignes de la construction et de la réception de ce mythe politique en littérature et en histoire ainsi que dans les nombreuses images gravées, peintes ou sculptées. À la fois chef des vainqueurs, en tant que neveu de Louis XII, et proche des vaincus, car frère de Germaine de Foix, reine d’Espagne, Gaston de Foix occupait une position frontalière propice à la malléabilité mémorielle. Le corps et la vie de Gaston de Foix apparaissent entièrement dédiés à la vie publique. Aucun détail biographique ne permet une individualisation quelconque. Loin de cristalliser un ensemble de valeurs fixes à disposition d’un discours univoque, Gaston symbolise au contraire toutes les ambivalences d’une époque de transition, et potentiellement toutes les contradictions des époques successives.
Gaston de Foix occupe ainsi une place nodale dans l’imaginaire national jusqu’au xxe siècle. L’ouvrage retrace les rares sources connues (dont deux inédites) mentionnant Gaston de Foix, aussi bien françaises qu’italiennes ou suisses avant de s’interroger sur les interprétations historiques successives et contradictoire d’un héros dont on ne sait plus trop s’il était valeureux ou téméraire, chevaleresque ou stratège, soldat ou galant homme. Jules Michelet en fera l’ancêtre du sans-culotte révolutionnaire, annonçant même Napolénon Bonaparte. Mais la mémoire de Gaston de Foix n’est pas seulement française. En s’adaptant à des contextes nationaux et à des discours historiques divers (la France de François Ier et celle de Louis XIV, la Hollande de Rembrandt, l’Angleterre victorienne), c’est bien la plasticité d’une mémoire européenne que ce livre tente de cerner.
Filo conduttore dell’iniziativa, portata avanti per fasi successive e con intenti differenti avvalendosi tra l’altro dopo il 1426 pure di maestri fiorentini vincolati ai modi di Lorenzo Monaco, resta indubbiamente la committenza cardinalizia iberica, proveniente dai ranghi delle sconfitto partito avignonese. In principio il fondatore dell’oratorio corese, il cardinale castigliano Pedro Fernandez de Frías, quindi al tempo di Martino V l’operatività dei porporati Alfonso Carrillo de Albornoz e Juan Cervantes de Lora, cui si affiancherà anche il contributo della cittadinanza locale tornata essere vassalla del Comune di Roma, hanno lasciato testimonianza sia nell’unitarietà del percorso iconologico dei murali sia in particolare nella composita e talvolta elevata qualità esecutiva delle pitture, una sorta di incunabolo diacronico della stagione culturale vissuta da Roma tra il 1410 e il 1430, qui riflessa nelle cospicue sopravvivenze di un oratorio campestre ubicato a breve distanza dall’Urbe e nella periferia meridionale dello Stato della Chiesa, non lontano dal confine con il Regno durazzesco-aragonese di Sicilia.