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Rivista internazionale di studi su letteratura e visualità

distinzione che gli editori continuano a fare: esistono gli editori di fotografia ed esistono gli... more distinzione che gli editori continuano a fare: esistono gli editori di fotografia ed esistono gli editori di letteratura, saggistica, eccetera. Gli editori 'classici' non sanno dove mettere i libri di fotografia, o hanno una apposita sezioncina. Tra l'altro, una delle caratteristiche dei libri pubblicati dagli editori di letteratura è che sono stampati male: «ah, ma poi costa caro», «ma sai, con questa carta non può che venire così». C'è un'assunzione a priori del fatto che se si tratta di immagini puoi pubblicare un libro pieno di refusi, come se fosse una cattiva traduzione da un classico e questo non ha importanza perché, in definitiva, sono fotografie. Non è un fatto tecnico, è un fatto culturale, conseguenza di una certa maniera di concepire le cose. D'altra parte, se proprio la vogliamo pigliare da lontano, per esempio, la graphic novel-io non ne sono un fanatico-non è stata scoperta, promossa e rivelata dagli editori di letteratura. Gli autori si sono dovuti fare, loro, le case editrici per pubblicare queste cose. Dopodiché anche gli editori di tradizione, fino ad un certo punto, l'hanno assunta nel loro panorama. Questo per dire che, in un certo senso, se tu fai il fotografo ti trovi in una situazione ambigua, dal punto di vista del rapporto con la letteratura. D: Prendendo spunto dalla prospettiva da cui partono gli Incontri con la fotografia da lei ideati e coordinati che si terranno nell'auditorium di Roma dall'11 marzo in poi, quali rapporti intrattiene (e ha intrattenuto in passato) la fotografia con le altre forme di rappresentazione artistica e con gli altri saperi? Il suo essere «arte media» (come sosteneva Pierre Bourdieu) dà alla fotografia una posizione privilegiata di dialogo (anche solo potenziale) con le altre forme di rappresentazione del mondo? n. 4, luglio-dicembre 2014 Arcidiacono-Casero-Rizzarelli, Videointervista e giornalisti: ci sono alcuni che hanno un rapporto di testimonianza molto forte, legata al momento, ci sono, invece, dei reporter che possono anche essere 'utilizzati' e, come uno scrittore, li mandi in Siria e descrivono quello che sta succedendo ad Aleppo. È una cosa diversa da quella che può scrivere un giornalista che te ne fa la cronaca, perché magari sfondano il muro di quello che si vede e di quello che è successo per dartene il senso, e soprattutto te ne danno il tono, te ne danno anche la musica. Quindi, io sostengo che si capisce meglio il tipo di funzione, di approccio fotografico al mondo, dei vari fotografi considerando la destinazione finale dei loro scatti, che può essere il giornale, che può essere il libro, la mostra, eccetera. Anche le mostre. A me è capitato, di ritorno dall'Etiopia, di voler fare una mostra per ragioni umanitarie, per fare in modo che potesse servire a raccattare dei soldi. Se tu fai una cosa di quel genere e la confezioni in un modo diverso, anche formalmente, visivamente-le grandi foto, le luci-vuol dire che quella roba lì la estrai dalla sua funzione e cerchi di promuoverla ad un livello diverso, che sarebbe quello dell'arte. Significa che la fai diventare inconsistente dal punto di vista del suo uso. Mentre, invece, è differente se va a finire in un libro, o anche in una mostra, ma costruita in un certo modo, attraverso il carisma formale del fotografo, che esiste. A me non piace parlare di belle fotografie, mi pare un'espressione cretina. Giustamente Cartier-Bresson diceva: «c'è cosa più inutile di una bella fotografia?». Tu che fin da quando avevi vent'anni frequentavi un certo tipo di persone questa cosa la intuisci, la capisci. In fondo, io ho fatto tante cose. Ho cominciato facendo un libro, che siccome sta in piedi ancora a distanza di cinquant'anni anni, allora lo si può guardare come lo sguardo di uno che fa un lavoro di tipo antropologico, ma la cui scrittura può portarlo ad un livello un pochino più alto. Quindi quando io penso al libro, penso ad un contesto di racconto. Io ho sempre detto di aver fatto libri con fotografie piuttosto che libri di fotografie. Perché i libri di fotografie si fanno. Ad un certo punto uno fa il reporter, poi diventa abbastanza famoso o apprezzato per cui gli fanno una antologica. Una antologica implica che metti insieme the best one hundred pictures of your life, che è una cosa di una stupidità bestiale: non serve assolutamente a niente. Io ho sem
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Poemi a fumetti. La poesia narrativa da Dante a Tasso nelle trasposizioni fumettistiche

The paper moves from the exhibition Literature as document. Visual culture of the Thirties, organ... more The paper moves from the exhibition Literature as document. Visual culture of the Thirties, organized by
the three authors and by the Mdrn group – KU Leuven University – in December 2012. The purpose of the exhibition
was to select materials focused on the complex relations between literature and document during the
Thirties in Europe. The paper proposes some metodological – theoretical reflexions on the role played by exhibitions,
visual installations and shows in presenting the research activity in the academic field. Doing research
in the humanities means to eleborate theoretical concepts and to apply different metodologies to the analysis
ofsingle case studies. The exhibition can be the most effective instrument to expose and organize a theoretical
and analytical path that comes first, even from a narrative point of view, and to make it accessible to a broader
public (even a non-academic one). The balance between scientific exigencies and the need to democratize
the research activity, is difficult to mantain, but important to reach. What is then an exhibition? What does it
mean to think, to project, to prepare and exhibition in the academic field? Which characteristics make visual
installations an effective instrument to spread and communicate the results of the research activity?
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La messinscena di Fidelio, spettacolo inaugurale della stagione operistica 2014-15 del Teatro all... more La messinscena di Fidelio, spettacolo inaugurale della stagione operistica 2014-15 del Teatro alla Scala di Milano, ha generato, come accade immancabilmente, polemiche e valutazioni discordi. In vero, se il giudizio sulla direzione di Daniel Barenboim (all’ultima prova da direttore artistico) è stato quasi unanimemente positivo, maggiori perplessità hanno suscitato le anacronistiche deviazioni della regista Deborah Warner. Va detto che complessivamente i dissensi sono stati piuttosto contenuti, forse per la limitata familiarità di pubblico e critica con un testo che non appartiene al grande repertorio operistico italiano né ha alle spalle una solidissima tradizione sui nostri palcoscenici. Nondimeno, alcuni allestimenti recenti di Fidelio (quasi tutti piazzati in apertura di stagione, forse proprio per la nobiltà eroica, ispiratrice e – perché no? – benaugurale dell’opera beethoveniana) consentono di riflettere sulle peculiari componenti scenografiche insite nell’opera e sulle loro possibili varianti, se è vero che, come segnalava a suo tempo Sergio Sablich, «Fidelio non è un’opera di regia, ma semmai di scenografia: di una scenografia nella quale sia già contenuta un’idea registica».
La dimensione visiva si impone come elemento dominante nell’economia di un romanzo come Qui pro q... more La dimensione visiva si impone come elemento dominante nell’economia di un romanzo come Qui pro quo, giallo divertissement dato alle stampe da Bufalino nel 1991 con un corredo di immagini concordato dall’autore insieme ad Elisabetta Sgarbi. Tali inserti iconografici, puntualmente riferiti a precisi luoghi del testo, non si rivelano affatto meri ornamenti illustrativi, ma risultano costantemente messi in relazione con la specifica attenzione alla sfera visuale che condiziona vistosamente le dinamiche narrative e semantiche dell’intero libro.
L’articolo analizza i rapporti tra il mondo cattolico e la censura del cinema osceno nei primi du... more L’articolo analizza i rapporti tra il mondo cattolico e la censura del cinema osceno nei primi due decenni dell’Italia repubblicana. Dopo aver sottolineato l’importanza che il tema ha rivestito per il mondo cattolico, ricostruisce attraverso documentazione d’archivio inedita l’azione censoria messa in atto dai cattolici nel contesto della censura amministrativa statale e nell’ambito della revisione dei film da essi operata per le sale parrocchiali.
Sulla base di una ricerca d’archivio in corso, il saggio avanza alcune riflessioni preliminari su... more Sulla base di una ricerca d’archivio in corso, il saggio avanza alcune riflessioni preliminari sul trattamento che la censura cinematografica dell’Italia repubblicana ha riservato alla rappresentazione dell’omosessualità, dall’iniziale vagheggiamento di un divieto assoluto al subentrare di più complesse negoziazioni a partire dalla fine degli anni Cinquanta, fino al profilarsi di una possibile riabilitazione del soggetto.
Nel film La rabbia (1962), Pasolini taglia e rimonta pellicole di un vecchio cinegiornale, commen... more Nel film La rabbia (1962), Pasolini taglia e rimonta pellicole di un vecchio cinegiornale, commentandole con due voci fuori campo, in prosa e in versi. Non è un documentario storico, come a volte viene erroneamente considerato, ma un esperimento cinematografico di grande interesse ancora oggi. Per la tecnica usata, e per i contenuti politici di analisi della società, esso è simile a quello che un decennio più tardi realizzerà Guy Debord con il film La société du spectacle, ma per la forma poetica e per la visione della Storia, Pasolini ci porta in tutt’altra dimensione, raramente praticata al suo tempo e anche nel nostro. Una dimensione tragica che sussume anche il politico dentro al suo più ampio orizzonte. La mia ipotesi di lettura è che questo singolare esperimento di montaggio ricrei, con i mezzi specifici del cinema, la potenza lirica ed etica dell’antico coro tragico.
Nel dicembre del 1953 esce in Italia la settima edizione di Conversazione in Sicilia pubblicata d... more Nel dicembre del 1953 esce in Italia la settima edizione di Conversazione in Sicilia pubblicata da Elio Vittorini per Bompiani: frutto di un vero e proprio viaggio di reportage nella Sicilia dei primi anni Cinquanta, essa presenta un corredo fotografico di 188 scatti, la maggior parte dei quali a firma del fotografo marchigiano Luigi Crocenzi. Nel processo di riscoperta che ha interessato il fototesto vittoriniano negli ultimi anni, un aspetto su cui non ci si è ancora soffermati a sufficienza riguarda il ‘prequel’, la preistoria testuale da cui Conversazione illustrata scaturisce. Quest’articolo si propone di ricostruire brevemente quali testi possano aver influenzato Vittorini durante la composizione di Conversazione illustrata e come tra questi testi possano aver giocato un ruolo fondamentale quelli appartenenti al genere fototestuale americano del documentary book.
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the three authors and by the Mdrn group – KU Leuven University – in December 2012. The purpose of the exhibition
was to select materials focused on the complex relations between literature and document during the
Thirties in Europe. The paper proposes some metodological – theoretical reflexions on the role played by exhibitions,
visual installations and shows in presenting the research activity in the academic field. Doing research
in the humanities means to eleborate theoretical concepts and to apply different metodologies to the analysis
ofsingle case studies. The exhibition can be the most effective instrument to expose and organize a theoretical
and analytical path that comes first, even from a narrative point of view, and to make it accessible to a broader
public (even a non-academic one). The balance between scientific exigencies and the need to democratize
the research activity, is difficult to mantain, but important to reach. What is then an exhibition? What does it
mean to think, to project, to prepare and exhibition in the academic field? Which characteristics make visual
installations an effective instrument to spread and communicate the results of the research activity?
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the three authors and by the Mdrn group – KU Leuven University – in December 2012. The purpose of the exhibition
was to select materials focused on the complex relations between literature and document during the
Thirties in Europe. The paper proposes some metodological – theoretical reflexions on the role played by exhibitions,
visual installations and shows in presenting the research activity in the academic field. Doing research
in the humanities means to eleborate theoretical concepts and to apply different metodologies to the analysis
ofsingle case studies. The exhibition can be the most effective instrument to expose and organize a theoretical
and analytical path that comes first, even from a narrative point of view, and to make it accessible to a broader
public (even a non-academic one). The balance between scientific exigencies and the need to democratize
the research activity, is difficult to mantain, but important to reach. What is then an exhibition? What does it
mean to think, to project, to prepare and exhibition in the academic field? Which characteristics make visual
installations an effective instrument to spread and communicate the results of the research activity?
references, allusions and quotations that create a mirror image of the cobweb-like structure of the Comédie
Humaine. These traces emerge particularly in three works overtly inspired by Balzac: Out 1, Noli me tangere
(1970-71), an experimental film centred on a transposition of the quest of Balzac’s Treize to contemporary
times; La Belle Noiseuse (1991) which transposes and partly modifies the narrative of Le Chef-d’Oeuvre inconnu
to the present of the filming process; and Ne touchez pas la hache (2007), a costume (and thus ‘literally
faithful’) reprise of La Duchesse de Langeais. Out 1 mixes surrealist flânerie to Balzac’s enigmatic narration
in order to question the myth of the select group and the psychedelic oneirism typical of the 1960’s. As dramatisations
of a novelistic ellipsis, the model’s sittings in La Belle Noiseuse offer Rivette the opportunity to
stage the process of artistic creation and, at the same time, to reflect on his work as a filmmaker and on the
enormous project of the Comédie Humaine. The «César-style» compression to which he submits La Duchesse
de Langeais turns the narrative into an atemporal, metaphysical treatise on a lover’s impasse, as well as into
the occasion for a meditation on Balzac’s philosophy and the theatricality typical of the Comédie Humaine.
Caught up between reprise and transformation, Jacques Rivette’s films constitute as many re-elaborations
that are, to different degrees, impregnated with Balzac’s powerful oeuvre, and thus delineate an original set
of forms of assimilation, hybridisation and reinvention of literary texts on screen.
designed to be - lost due to radical historical or political shifts? This question guides the present research, based
on a comparative analysis focused on a specific artistic form, installation. Ilya and Emilia Kabakov’s most
famous ‘total’ installation, Monument to a Lost Civilization, is the first text examined in order to demonstrate
its function as a modern ‘Russian ark’, saving the relics of Soviet material culture. In a similar vein, Sergei
Volkov’s artistic reflection on Russian and Soviet societies, poignantly expressed in his 1990 installation Art
Warehouse, is taken into account. The comparative approach is integrated with a privileged line of research
that, availing itself of the instruments provided by the field of visual studies, explores the relationship between
the visual component of a work of art, nostalgia, memory and material culture.
and the goal of all his movies. This method is the outcome of a very peculiar film education, which is quite
clearly detectable in every phase of Benvenuti’s career. By focusing on his method, or at least trying to shape
up a convincing depiction of it, this paper aims to show the coherence of Benvenuti’s poetics and philosophy of
film with respect both to his models and his personal beliefs about cinema. At the same time the paper shows
his ability to make this method suitable for the different kinds of inquiry he has been dealing with in more
than forty years. Benvenuti’s work is still tightly tied to the same matter: what is the nature of film and how
to narrate and show it.
visto e rivisto Il bacio di Giuda, film che esercitava su di me uno strano fascino, ma che
si presentava come un enigma del quale non riuscivo a trovare la soluzione. Lui a Pisa, io
a Roma, ci incontravamo di tanto in tanto in quel periodo, sempre per riprendere il solito,
interminabile battibecco. Io pensavo, e mi sbagliavo, che la soluzione dell’enigma avrebbe
dovuto fornirmela lui. Ma le nostre discussioni, che culminavano inevitabilmente con l’affermazione
cocciuta, da entrambe le parti, di verità apodittiche, reciprocamente inconciliabili,
non mi consentivano di pervenire a una conclusione accettabile.