
Quando abbiamo immaginato il Tempo delle donne - all’inizio, nel 2014 - il nostro desiderio era creare uno spazio dove raccogliere idee, storie, azioni per accelerare i cambiamenti. Uno spazio fisico e presto anche digitale. «Accelerare i cambiamenti» era la frase che allora ci ripetevamo e scrivevamo un po’ dappertutto con Luisa Pronzato, la persona che per prima ha saputo colorare l’anima di questa festa festival del Corriere della Sera con il suo set di matite e pennini da appassionata di linguaggi. E poi ci chiedevamo: cambiare - anzi: contribuire al cambiamento - ma per chi? Per chi vogliamo spingere e lottare sognandoci allieve di Tai-chi, capaci di raccogliere le forze dalle radici per risalire lungo i rami e puntare in alto, puntare fuori, oltre tetti di cristallo e pareti di mattoni? Per le donne, certo, altrimenti che Tempo sarebbe. Ma lo sguardo di Luisa, e di tutte le persone che hanno lavorato a inchieste e palinsesti, non si sarebbe mai lasciato rinchiudere nel perimetro di una conversazione esclusiva tra donne, sulle donne, per le donne. «Tutte le libertà sono solidali tra di loro» - scrisse nel 1925 Luigi Albertini quando si vide costretto a dire addio a un giornale che era suo - camminano insieme o torneranno indietro una a una. Le libertà – individuali, plurali, mai corporative - sono la trama della giustizia sociale. Questo noi pensiamo, ancora, nove edizioni dopo. Più spazio e più diritti per le donne significa scuotere la società, riformare lo Stato, non temere di rompere le righe. Significa allearsi con altri movimenti e mondi in attesa agli incroci di diseguaglianze persistenti e ora anche crescenti. Significa tracciare le diagonali che attraversano gli schieramenti frontali, in stallo da troppo tempo sotto le mura della città assediata e lacerata al suo interno.
La parola del Tempo delle donne 2022 è ‘impatto’, declinata cinque volte su cinque isole che insieme disegnano un arcipelago da esplorare al largo dei porti più battuti. Lavoro. Identità. Politica. Clima. Equità. Cinque volte perché questa stagione di pandemia, di bombe, di crisi politico-economica ci chiama a interrogarci con radicalità su quale sia l’eredità che vogliamo affidare - adesso - alle generazioni più giovani alle quali si ispira il Piano di ripartenza europea. Dagli equilibri ambientali alla violenza che ci sorprende sui campi di battaglia e dentro le case. Dalla condivisione del potere pubblico alla riflessione su chi siamo e vogliamo essere come persone. Fino al lavoro, che ci definiva lungo rettilinei già tracciati mentre ora ci confonde e invoca nuove regole. Negli ultimi mesi le nostre democrazie liberali sono state spesso descritte in declino, invase e ricattate, stremate dall’impatto duro con sistemi autoritari che non conoscono mediazioni e Costituzioni, che impongono il silenzio alla Storia e al dissenso, fingendo di distribuire i dividendi dell’ordine. É un abbaglio, non fanno che spargere caos e cenere, fuori e dentro i loro confini. Il nostro Impatto, moltiplicato per tutti i tentativi che vorremo fare insieme, è invece una start up fondata sulla partecipazione e sulla condivisione dei rischi, delle responsabilità, degli interessi futuri. Mettere in comune le nostre idee, storie, azioni significa bucare la bolla della paura con l’energia della ricerca e con lo stupore dell’innovazione. Significa esercitare, insieme, curiosità e coraggio.